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 Obsolescenza programmata

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MessaggioTitolo: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 10:02 am

Il tema non è certo nuovo ma proprio l'altro giorno ho visto un documentario sull'obsolescenza programmata e mi chiedevo cosa ne pensaste. Per chi non sapesse di cosa si tratta la faccio semplice: tutti gli apparecchi elettrici che comperiamo sono fatti per rompersi ad una determinata scadenza e quindi per durare molto meno di quanto potrebbero (a riprova c'è la famosa lampadina californiana accesa da 100 anni).

Qui di seguito vi posto due articoli che parlano appunto dell'obsolescenza programmata









Obsolescenza pianificata

L'obsolescenza pianificata o obsolescenza programmata nel design industriale è una politica volta a definire il ciclo vitale (la durata) di un prodotto. In tal modo in fase di progettazione viene deliberatamente definita una vita utile limitata di un prodotto, che quindi diventerà obsoleto o non funzionante dopo un certo periodo[1]. Ciò si può ottenere costruendo i beni in oggetto con materiali di qualità inferiore, o mediante l'inserimento di meccanismi anche di tipo elettronico o seguendo comunque canoni costruttivi tali da rendere impossibile o troppo costosa la loro riparazione una volta che dovessero guastarsi.

Abrasioni della colorazione argentea sul cinturino di plastica metallizzata al terzo anno di normale utilizzo dell'orologio
Un modo molto più sottile per rendere prematuramente obsoleto un prodotto che ancora funziona è quello di immetterne sul mercato dopo poco tempo una nuova versione dotata di maggiori optional, preferibilmente dopo una adeguata campagna pubblicitaria che induca nel consumatore finale l’idea che la sua “vecchia versione” del prodotto sia ormai sorpassata ed inadeguata.
L'obsolescenza pianificata ha dei benefici esclusivamente per il produttore, perché per ottenere un uso continuativo del prodotto il consumatore è obbligato ad acquistarne uno nuovo.
L'obsolescenza pianificata è stata criticata sia per l'incentivazione di un surplus di rifiuti, per l'enorme e non sostenibile spreco delle risorse derivante dalla diffusa applicazione di queste politiche e per il fatto di creare artificialmente dei bisogni da parte del consumatore; Apple venne per esempio citata in giudizio nel 2003, con una class action a causa della durata delle batterie dell'iPod, volutamente programmata a breve vita in modo che il consumatore comprasse dei nuovi modelli dopo limitato periodo di uso, anche perché l'azienda in origine non volle offrire sul mercato delle batterie di ricambio.

Il termine "obsolescenza pianificata" è nato negli Stati Uniti. Brooks Stevens è stato il coniatore del termine e della sua definizione. Stevens definì questo concetto come l’instillare nell'acquirente il desiderio di comprare qualcosa di un po' più nuovo, un po' migliore e un po' prima di quanto non fosse necessario.
Piuttosto che creare manufatti poveri che sarebbero stati sostituiti in breve tempo l'idea di Stevens era di progettare prodotti sempre nuovi che utilizzassero le moderne tecnologie, e generassero nuovi gusti e necessità. Nella sua ottica l'obsolescenza pianificata serviva a far girare la ruota della produzione e del consumo a pieno regime, per il beneficio di tutta la società.
Stevens era vissuto in un'epoca in cui la società non era conscia dei possibili danni ambientali dei rifiuti come lo siamo oggi. Comunque ha sempre dichiarato che non considerava l'obsolescenza pianificata come una sistematica produzione di rifiuti, ma supponeva che i prodotti sarebbero finiti nel mercato di seconda mano, dove avrebbero potuto essere acquistati da persone con un potere di acquisto inferiore.


Fonte: wikipedia









FATTI PER NON DURARE - appunti sull'Obsolescenza Programmata



Vi siete mai chiesti perché certi giocattoli si rompono subito? Perché è così faticoso trovare pezzi di ricambio per un elettrodomestico? Perché il computer che avete in casa dopo pochi mesi è già diventato un pezzo da museo? La risposta è più semplice di quanto, forse, immaginate e si racchiude in appena due parole: obsolescenza programmata. Significa che vi sono prodotti che vengono progettati e costruiti per durare poco, rompersi in fretta ed essere così continuamente sostituiti. Il ragionamento è impietoso ma chiaro: sembra che il sistemo economico-monetario che regola la nostra società stia in piedi solo se si continua a “consumare” senza sosta e per avere la certezza che ciò avvenga occorre creare il “bisogno”, la “necessità”. Quindi, cosa c’è di più efficace del mettere a disposizione dei consumatori oggetti pensati e realizzati per durare poco, in modo che vengano costantemente ricomprati?

La lampadina di Livermore
Nel giugno di quest'anno la cittadina di Livermore in California ha festeggiato i 110 dieci anni della sua storica lampadina, installata nel 1901 nella caserma dei vigili del fuoco e rimasta accesa praticamente senza sosta. Fu un vero e proprio evento quando nel 1976 venne spenta per ben 23 minuti, per trasferirla con tutti gli onori nella nuova sede dei pompieri. La sua potenza di 4 Watt è piuttosto ridotta, ma considerando la sua veneranda età viene da chiedersi: per quale motivo le lampadine a incandescenza che tutti noi abbiamo usato fino all'avvento di quelle a risparmio energetico, duravano tutt'al più qualche mese?
Ginevra, 23 dicembre 1924 - i maggiori produttori di lampadine elettriche di tutto il mondo si riuniscono in segreto allo scopo di regolamentarne la produzione, i prezzi e in seguito di elaborare strategie per ridurne la durata. Quel giorno si costituisce di fatto il primo “cartello” mondiale, denominato Phoebus, dedicato a spartirsi il mercato delle lampadine elettriche. Gli ingegneri cominciarono a sperimentare tecnologie in grado di realizzare filamenti più fragili, e in pochissimo tempo la durata media delle lampadine in commercio scese da 2500 a 1500 ore.
Negli anni Quaranta i membri di Phoebus avevano raggiunto il proprio obiettivo: praticamente tutte le lampadine erano garantite per durare solo 1000 ore. Chi voleva avere la luce elettrica doveva frequentemente comprare nuove lampadine, e loro ne decidevano il prezzo.
L’obsolescenza pianificata era quindi già una realtà, benché sia stata sviluppata come modello industriale solo qualche anno più tardi. Infatti ci troviamo di fronte ad una lucida strategia codificata, che ha l’obiettivo di mantenere costante la crescita economica a scapito di qualunque altro valore o priorità. Se ne discuteva già apertamente negli anni ‘30 come “metodo d’elezione” per uscire dalla cosiddetta Grande Depressione e il termine stesso “obsolescenza programmata” viene utilizzato per la prima volta in un libretto scritto nel 1932 da un certo Bernard London, nel quale l’autore scarica la colpa della depressione economica su quei consumatori che disobbediscono “alla legge dell’obsolescenza” continuando ad utilizzare la loro vecchia auto, le vecchie radio, i vecchi vestiti per un tempo più lungo di quello stimato dagli esperti, scaduto il quale propone di dichiararli “legalmente morti” e di tassarne l'uso. Nel 1940 il colosso chimico Dupont lanciò sul mercato una fibra sintetica dalla straordinaria robustezza, alla quale avevano alacremente lavorato i propri ingegneri: il nylon. Dopo un primo boom le vendite di calze da donna calarono in maniera vistosa (essendo così resistenti ovviamente duravano molto a lungo e non vi era bisogno di sostituirle). Spronati a cercare di indebolire la fibra, gli ingegneri della Dupont modificarono le quantità di certi additivi che proteggevano il polimero dai raggi UV, rendendo le calze più fragili e quindi soggette a rottura.
A partire da quel periodo la logica del profitto infinito basato sul consumo infinito è entrata nelle nostre case senza chiedere permesso e ci ha plasmati negli anni. Lavoriamo per comprare ciò che è costruito per rompersi, così dovremo lavorare di più per comprare più oggetti che si romperanno. E non si tratta solo di una necessità oggettiva; questa strategia, abbassando la qualità e quindi il costo degli oggetti, ha instillato nei consumatori il desiderio di possedere qualcosa di sempre un po’ più nuovo, un po’ migliore e un po’ prima di quanto sia necessario, come aveva ben compreso il designer americano Brooks Stevens che su questo concetto basò una conferenza nel 1954. A titolo di esempio diametralmente opposto, è interessante sapere che nella Germania dell'Est, prima della caduta del muro, per legge i frigoriferi e le lavatrici dovevano durare per almeno 25 anni.

Le facce dell’obsolescenza
Ci sono diversi modi per rendere vecchio e superato un oggetto, per indurre chi lo possiede a buttarlo e a sostituirlo con un altro. Per esempio, può essere progettato per funzionare per un periodo limitato di tempo, con componenti impossibili da sostituire perché non vengono più prodotti o perché sostituirli costa di più o quasi quanto acquistare un oggetto analogo nuovo. Un altro modo per far invecchiare precocemente un prodotto è quello di renderlo non più compatibile con il sistema all’interno del quale funziona, com’è il caso dei software un po' datati che, purtroppo, non girano sui nuovi sistemi operativi o viceversa dei vecchi sistemi operativi incompatibili con i programmi di ultima generazione. Poi ci sono l’estetica e il design: sia che si tratti di auto che di vestiti o cellulari, chi utilizza un modello vecchio è lui stesso fuori moda o almeno così si deve sentire. Oggi l'obsolescenza programmata si insegna nelle scuole di design e di ingegneria e si chiama “ciclo di vita del prodotto”. Si insegna ai designer a progettare beni con l'obbiettivo di indurre il compratore ad acquisti frequenti e ripetuti, secondo le strategie di business delle compagnie per cui lavorano. Ma l’obsolescenza può anche essere una conseguenza indiretta del sistema produttivo, benché ci sia comunque alla base l’intenzionalità. Basta infatti che il profitto di un gruppo industriale, anziché della deliberata negazione di efficienza di un prodotto sia conseguenza dei tagli ai costi, ottenibili scegliendo materiali più scadenti e quindi meno costosi oppure trascurandone la progettazione. Anche questa modalità si traduce in un prodotto di qualità inferiore e quindi di durata inferiore.

Il vero prezzo da pagare
Il prezzo da pagare? Non è solo quello riportato sull’etichetta dell’oggetto, che magari appare basso perché basse sono le aspettative già a partire dall’inizio della “filiera”. Questo sistema ci costa carissimo in termini ambientali e di salute, anche se al negozio nessuno ve lo spiegherà mai. La necessità dell’industria di mantenere un consumo ciclico e infinito presuppone, a monte, un impatto insostenibile sull’ambiente, poiché per produrre in continuo occorre utilizzare in continuo risorse (spesso non rinnovabili). Inoltre genera un sottoprodotto devastante, che non si può nascondere né ignorare: i rifiuti.
Nel monte globale dei rifiuti rientrano i cosiddetti e-waste, i rifiuti elettronici, il cui accumulo è diventato un fenomeno talmente preoccupante da indurre l’Unep (1) a realizzare un’indagine per stimarne con precisione la quantità. La ricerca ha analizzato la situazione in undici Paesi diversi: quello più a rischio è l’India, dove si stima che i rifiuti elettronici cresceranno con un ritmo pari al 500%; in Cina l’aumento si calcola sarà del 400%, mentre la quantità dei cellulari scartati crescerà di sette volte, in India di 18 volte. Per lo più questi apparecchi dismessi finiscono in gigantesche discariche a cielo aperto, dove i ragazzini delle famiglie più povere si intossicano di diossine e altri veleni bruciandoli per ricavarne tutto il metallo possibile, da vendere per qualche soldo. Anche in Occidente i rifiuti vanno a riempire le discariche (in Italia ormai vicine alla completa saturazione) o vengono bruciati negli inceneritori con emissione in atmosfera di tonnellate di fumi tossici e la produzione di ceneri ancora più tossiche, e solo in piccola parte vengono effettivamente avviati al riciclo e al riuso.

Davie contro Golia
Nel 2003 i fratelli Van e Casey Neistat, videoartisti di New York, fecero uscire un filmato dal titolo “The iPod's Dirty Secret”, una campagna mediatica di denuncia verso la politica della Apple di non offrire batterie di ricambio per gli Ipod e di invitare i clienti a comprarli nuovi. In sei settimane il video fu visto per oltre un milione di volte, e lo stesso anno alcuni clienti fecero causa alla Apple tramite una class action. Agli atti del processo un'ingente documentazione tecnica sulle batterie al litio degli Ipod rese evidente che erano state progettate per avere una durata davvero breve. La vertenza si è risolta con un indennizzo agli utenti, l'apertura di un servizio di sostituzione delle batterie e l'elevazione della garanzia a due anni.
«La sensazione è che ci siamo ormai assuefatti, inconsapevolmente o no, a questo sistema» osserva Davide Lamanna, responsabile della Cooperativa Binario Etico, consulente informatico, ricercatore universitario e da anni impegnato su questi temi. «Fino a trenta o quaranta anni fa tutti quanti davamo per scontato, o almeno l’aspettativa era, che gli oggetti durassero almeno venti o trent’anni. Oggi ci siamo abituati a pensare che la vita media di un oggetto sia dieci volte inferiore. E la filosofia dell’usa e getta, se la si guarda da un punto di vista antropologico, rischia di essere applicata anche alle relazioni sociali, al modo con cui si affronta il rapporto con gli altri. Ma ormai non ci possiamo più permettere di continuare così. Un frigorifero o un’automobile per essere prodotti hanno bisogno di petrolio e materiali per due volte il loro peso e per i computer la proporzione diventa uno a dieci solo per la fase produttiva, senza contare il consumo successivo di energia». «Magari un computer che potrebbe durare quindici anni, lo usiamo solo per tre anni» continua Lamanna. «Poi finisce in discarica con tutto quel mercurio, quel piombo, quel cromo esavalente che contamina l’ambiente. Tutti ormai si rendono conto che chi produce scoraggia il riuso e il recupero effettivo. E’ qui che ciascuno di noi può fare la sua parte. Dobbiamo proporre un’alternativa dal basso cominciando a mettere in campo meticolosamente il riuso, il riciclo, un approccio critico al consumo».
«Occorre anche mobilitarsi, è il momento di entrare a far parte di organizzazioni che siano di stimolo ai politici e agli amministratori. La cosa importante è che la consapevolezza sia vasta, il più possibile». Lamanna incoraggia poi l’arte della riparazione: «Dobbiamo riappropriarcene, dobbiamo cercare, informarci, attivarci, mettiamo a disposizione le conoscenze, condividiamole e re-impariamo l’arte del fare».
E’ la logica del bene-avere fondata sull’accumulo di beni materiali che ci ha portati fin qui. A richiamare il concetto è Francesco Gesualdi, uno dei fondatori del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, convinto sostenitore della sobrietà e della solidarietà. «Tutti ci rendiamo conto che le risorse scarseggiano e i rifiuti ci sommergono e che quindi la politica dell’usa e getta è assurda» dice Gesualdi. «Eppure governi e politici non hanno il coraggio di mettere in discussione questo sistema mercantilistico che si basa sulla crescita continua, evidentemente insostenibile. Bisogna rompere questo paradigma, non basta più mettere qualche toppa. Bisogna che al bene-avere di pochi si sostituisca il bene-essere e il bene-vivere di tutti, umanità e ambiente. Ognuno di noi può cominciare, magari facendo la spesa con oculatezza, pensando che spendere poco oggi per avere qualcosa che vale poco non fa che alimentare il sistema. L’utilizzo del denaro va visto come investimento non fine a se stesso, ma nella durata di ciò che si acquista, per preservare le risorse che sarebbero necessarie ad alimentare la macchina dell’usa e getta. L’antidoto esiste ed è l’unione delle menti e degli individui, che non si sentiranno più soli in questa battaglia. Possiamo fondare un nuovo modello di società fondata sulla solidarietà, sulla condivisione, sui gruppi d’acquisto rivolti a beni durevoli e primari».



Fonte: http://www.zoes.it/appunto/appunti/fatti-non-durare-appunti-sullobsolescenza-programmata
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 11:38 am

Ho letto qualcosa in maniera sparsa Maresciallo...comunque gli appunti che mi vengono sono due.
1) Non sono del tutto sicuro che l'obsolescenza programmata funzioni nel verso che questo articolo espone. Mi spiego meglio. Qui si mostra questo tipo di sequenza:

a: desidero vendere un oggetto, ma voglio venderne il più possibile dopo un tempo x.
b: mi affido ad un design che deliberatamente renda inservibile l'oggetto (i.e. si rompe) dopo un certo numero di anni.
c: L'oggetto lo faccio al risparmio e quindi costa poco.
d: immetto sul mercato.

Io credo invece che il percorso non sia quello di cui sopra ma quello che vi espongo:

a: desidero vendere un oggetto. Voglio venderne più possibile adesso.
b: so che tra un tempo x ci sarà probabilmente un nuovo modello che renderà obsoleto il mio.
c: risparmio sul design e sui materiali per avere un prodotto da costo di produzione basso. Quello che risparmio lo spendo in pubblicità (che aumenta le vendite immediate). (Tenete conto che per un auto si spende circa il 50% in reclamizzazione).
d: metto sul mercato.

In parole povere, l'obsolescenza mi sembra più un frutto della rapidità con cui i prodotti si aggiornano che una scelta a priori della ditta che produce.

2) Il discorso "obsolescenza=inquinamento" è verissimo ma è solo un aspetto del problema, e secondo me il più superficiale. In fondo è la macchina del capitalismo e dell'industria che funziona così. Nessuno creerebbe mai il prodotto "definitivo", anche se potesse, perché poi non si venderebbe più. Se creassimo elettrodomestici che durano decine di anni, dovrebbero costare uno sproposito (sia per l'effettiva difficoltà di realizzarli, sia perché al produttore convenga produrli!). Però al momento il capitalismo e il consumismo sono l'unico "motore" che abbiamo...

Inoltre una cosa che vorrei dire è questa: io ho visto di frequente persone cambiare cellulare, tv, pc, ecc. perfettamente funzionanti per comprare l'ultimo modello. Se questa è la tendenza, l'obsolescenza sembra più "richiesta" che programmata...
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 11:51 am

A me sembra solo il piano a medio termine di una qualsiasi multinazionale di tecnologia (Apple? Samsung? Sony? Microsfott?). A fare la parte più grossa è la pubblicità, in ogni caso. Come dice Yakumo, non avrebbe senso l'obsolescenza programmata senza un'adeguata pubblicità.
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 12:20 pm

Volevo discuterne con voi proprio perché non so bene come valutare sto fenomeno.
Capisco la vostra posizione e la condivido, sopratutto per quel che riguarda cellulari, pc eccetera dove c é un continuo sviluppo tecnologico. Ma per quel che rigurardq cose molto piu banali.come le lampadine o i ferrida stiro? La tecnologia che sta dietro ad un ferrp da stiro moderno presumo sia piu o meno la stessa di un ferro di 10 anni fa, con la differenza che quelli moderni durano meno e/o non sono riparabili (perché ad esempio sono saldati assieme invece che essere chiusi con 2 normalissime viti).
Intendiamoci, é la logica del mercato e in quanto tale legittima, ma quando apri un apparecchio e vedi che gli elementi sensibili al calore sono messi vicini agli elementi che il calore lo producono (ho letto che succede molto spesso negli ultimi anni e quasi mai 10 anni fa) qualche dubbio sul fatto che ti stiano fregando ti viene...
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 12:28 pm

Citazione :
Ma per quel che rigurardq cose molto piu banali.come le lampadine o i ferrida stiro?
Ti dico solo questo: il signore delle lamette tale King Camp Gillette fece i soldi non con la parte rigida della lametta (il manico) ma con le lamette vere e proprie. Fai tu... §
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 12:41 pm

Se questo è il caso allora si tratterebbe proprio di negligenza volta alla rottura del prodotto. Non ho le conoscenze necessarie per capire se sia o meno intenzionale ma sembrerebbe di si.
Non credo che ci sia una soluzione. Nel senso che come dicevo nessuno ti venderà un prodotto che dura di più allo stesso prezzo. E discorsi come questo:
Citazione :
«Tutti ci rendiamo conto che le risorse scarseggiano e i rifiuti ci sommergono e che quindi la politica dell’usa e getta è assurda» dice Gesualdi. «Eppure governi e politici non hanno il coraggio di mettere in discussione questo sistema mercantilistico che si basa sulla crescita continua, evidentemente insostenibile. Bisogna rompere questo paradigma, non basta più mettere qualche toppa. Bisogna che al bene-avere di pochi si sostituisca il bene-essere e il bene-vivere di tutti, umanità e ambiente. Ognuno di noi può cominciare, magari facendo la spesa con oculatezza, pensando che spendere poco oggi per avere qualcosa che vale poco non fa che alimentare il sistema. L’utilizzo del denaro va visto come investimento non fine a se stesso, ma nella durata di ciò che si acquista, per preservare le risorse che sarebbero necessarie ad alimentare la macchina dell’usa e getta. L’antidoto esiste ed è l’unione delle menti e degli individui, che non si sentiranno più soli in questa battaglia. Possiamo fondare un nuovo modello di società fondata sulla solidarietà, sulla condivisione, sui gruppi d’acquisto rivolti a beni durevoli e primari».
è sicuramente corretta ma a me pare sia un discorso più ideologico che pratico. Io non sono una persona che butta via, anzi, in famiglia cerchiamo di utilizzare quel che abbiamo per quanto può durare. Ma mi sembra che la contrapposizione fra i cattivi industriali e i poveri consumatori sia una banalizzazione del problema. Quel che si può fare come dicono queste persone è evitare gli sprechi e soprattutto evitare l'acquisto compulsivo (che ci riempie la casa di oggetti carini ma inutili che poi buttiamo per fare spazio...). Però che dall'acquisto consapevole si debba passare ad un nuovo modello di società....mi sembra il solito passo ideologico che queste persone sembrano incollare sopra un po' tutte le proposte...
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 2:18 pm

Discorso interessante. Mi torna alla memoria il problema delle vecchie xbox 360 (il famoso red ring of death ) dovuto dall'utilizzo e assemblaggio più o meno furbo (a seconda di come la si voglia vedere) della componentistica.
Non ho sufficiente padronanza dell'argomento per poter dare un giudizio consapevole sulla questione ma non mi sembra troppo fuori dal mondo pensare che certe politiche aziendali guardino con benevolenza più ai propri interessi che a quelli del consumatore.
Sta semmai al consumatore adottare comportamenti più moderati nell'acquisto.
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeDom Nov 11, 2012 6:40 pm

Yakumo-dono ha scritto:
Se questo è il caso allora si tratterebbe proprio di negligenza volta alla rottura del prodotto. Non ho le conoscenze necessarie per capire se sia o meno intenzionale ma sembrerebbe di si.
Non credo che ci sia una soluzione. Nel senso che come dicevo nessuno ti venderà un prodotto che dura di più allo stesso prezzo.
Se ti interessa qui puoi trovare una trasmissione/documentario su questo argomento: http://www.rsi.ch/pattichiari/node/3897 C'è anche un intervista a un tizio che come lavoro ripara apparecchi di vario genere (dai frullini agli iPad) e spiega come i modelli di 20 anni fa siano facilmente riparabili mentre per quelli piu moderni la riparazione è spesso impossibile.
Il documento è quello che è ma alcune parti sono interessanti (l'esempio che ti facevo prima sugli apparecchi nei quali gli elementi sensibili al calore sono montati vicino a quelli che il calore lo producono, l'ho preso da li)....



Yakumo-dono ha scritto:
a me pare sia un discorso più ideologico che pratico. Io non sono una persona che butta via, anzi, in famiglia cerchiamo di utilizzare quel che abbiamo per quanto può durare. Ma mi sembra che la contrapposizione fra i cattivi industriali e i poveri consumatori sia una banalizzazione del problema.
Concordo pienamente



Paranoid ha scritto:
non mi sembra troppo fuori dal mondo pensare che certe politiche aziendali guardino con benevolenza più ai propri interessi che a quelli del consumatore.
Sta semmai al consumatore adottare comportamenti più moderati nell'acquisto.
Questo è chiaro. Il problema semmai è che spesso il consumatore non ha mezzi per tutelarsi contro queste politiche aziendali in quanto è impensabile che uno smonti un ferro da stiro per vedere se è costruito bene prima di comperarlo...
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MessaggioTitolo: Re: Obsolescenza programmata   Obsolescenza programmata Icon_minitimeLun Nov 12, 2012 10:57 am

in fase di progettazione vanno sempre analizzate determinate cose

- durata minima di utilizzo: dal piu piccolo al piu grande prodotto ha una data di scadenza che viene spesso quantificata in cicli o ore. generalmente questi parametri sfiorano numeri a 8 zeri. qualcosa che duri all'infinito? non è matematicamente possibile. o meglio non è possibile nelle normali condizioni di utilizzo. non ci sono leggi o norme che vietano al produttore di produrre prodotti scadenti o fallati almeno che non vadano ad intaccare la sicurezza dell'utilizzatore

- costo produzione: in parole povere quanto un oggetto costa all'azienda al lordo delle tasse (vanno sempre conteggiate nel momento della progettazione specie se si tratta di oggetti che usano pezzi di diversa provenienza). non è vero che si tende sempre ad abbassarlo e vi spiego poi il perchè

- costo di mantenimento magazzino: i pezzi di ricambio vengono prodotti per poi essere stockati. tutto questo ha un costo che incide sulla progettazione. ora come ora solo le case automobilistiche hanno ancora la tendenza a fare magazzino, il 90% se non di più delle aziende moderne non lo fa per ammortizzare i costi.

- rapporto ricambi/nuovo: se in un prodotto il pezzo più fragile è anche il più costoso tendenzialmente si tende ad abbattere il quantitativo di ricambi per quel ricambio favorendo la vendita del nuovo. quindi se si vuole creare un oggetto che duri in normali condizioni di utilizzo si può investire maggiormente su quel particolare facendo lievitare il prezzo del prodotto al dettaglio. si arriva cosi a incentivare il consumatore a non riparare l'oggetto ma sostituirlo per una somma esigua.

- rivenditori e laboratori tecnici: sono un costo che va ad incidere sul prodotto. generalmente per abbattere i costi si tagliano via del tutto favorendo maggiormente rivenditori conto terzi o laboratori multimarche se proprio la riparazione è necessaria e voluta. questo innesca un meccanismo complesso. se un prodotto alla compagnia A costa X e distribuirlo alle grandi catene denominate B costa Y il compratore finale paga X+Y+guadagnoA+guadagnoB e generalmente questo tende a vendere un prodotto a 6/7 volte il suo reale valore.
se la compagnia A lo distribuisce ai suoi rivenditori proprietari all'equazione qui sopra vanno aggiunti altri costi propri del negozio e del personale fino ad arrivare a 10 volte il valore reale uscendo praticamente fuori mercato. stessa identica cosa per i ricambi che oltre ad essere onerosi hanno una percentuale di vendita minore rispetto al prodotto

in definitiva in fase di progettazione non si stabilisce se il prodotto dovrà rompersi meccanicamente, si stabilisce cosa conviene maggiormente all'azienda.

e nessuno al momento può permettersi di immettere nel mercato un prodotto fallato o chiaramente prodotto per rompersi dopo poco. Internet in questo senso è un mezzo potentissimo. potete trovare recensioni e guide oltre che a opinioni degli utenti. chi produce lo sa bene...

fidatevi, solo la Apple potrebbe attuare una politica autolesionista simile ma solo perche ha una fanbase sproporzionata. e c'e gente che acquista a scatola chiusa solo perche è apple

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