Titolo: L’ombra degli Endevote
Di Myst-Swamp
Freddo, impassibile, era solo, tutto vibrava.
Nella
terra si confondevano i colori del rosso acceso delle foglie d’autunno,
in un miscuglio di fango e acqua, sudore e sangue. Ancora in piedi,
dopo essersi reso conto che quell’ azione venne conclusa proprio dalle
sue mani, incredulo, fissava il corpo inerme del suo nemico. Rivide il
momento in cui lo attaccò, nulla attorno a lui lo turbava, si sentiva
come chiuso in un limbo che annichiliva le emozioni, riducendole a
briciole nell’aria. I flebili raggi del sole filtravano attraverso la
coltre di nubi soprastanti, creando giochi di luce di color oro
evanescente. Ecco, esattamente quando una freccia avvelenata - corrosa
da quel potente intruglio velenoso di sostanza verdognola – venne
scoccata nella sua direzione, un’arma esotica sibilò tagliando l’aria
al suo fianco destro, facendolo cadere a terra. Accortosi di questo
colpo pieno di forza e collera, tanto quanto di imprecisione e
avventatezza, rotolò di scatto sul fianco destro di modo da avere una
visuale più chiara del nemico. Non riusciva a distinguere, sotto il
cappuccio del suo aggressore, i lineamenti del volto; ma quegli occhi
color verde smeraldo che brillavano ad ogni attacco, non lo
abbandonarono - una volta in piedi - mentre osservava il corpo che li
ospitava. In effetti un corpo alquanto strano, dato che al posto della
pelle, aveva scaglie di color verde rame. Le sue gambe erano tozze e
ricurve dall’attaccatura del ginocchio, sino all’articolazione del
piede che, anch’esso, presentava anomalie anatomiche. Al posto delle
dita, vi erano tre strane protuberanze affusolate dotate di artigli. A
giudicare dalle dimensioni, potevano anche essere utilizzati come arma
bianca nel caso si fosse trovato a dover combattere senz’ armi.
Una
volta finito di studiare il suo nemico, il guerriero cedette alle sue
ire, dandovi sfogo nel combatterlo. Troppo veloci, i fendenti della sua
lama raggiunsero il corpo del malcapitato lucertoloide, privo di difese
dinnanzi a una così abile maestria del combattere. Completata la
combinazione letale di colpi, non gli rimase che attendere il decesso
del corpo che lo volle morto. Mentre si chinò ad esaminare il cadavere,
il limbo in cui era assorto si dipanò. Le sue percezioni acquisirono
sempre di più affinità con l’ambiente circostante, sino a farlo rendere
conto della brutale e disperata battaglia che infuriava attorno.
Non
certo da immaginare come epocale, comunque, abbastanza importante da
essere combattuta da cavalieri appartenenti all’ordine della rosa
bianca. Imponenti e mistici guerrieri, avevano come scopo quello di
preservare ciò che venne affidato loro, tempo addietro, da chi, veniva
considerato una divinità ascendente, nel regno della luna. Non lontano
dall’ottenere i poteri per cui venne destinato dal fato, Dromu, venne
brutalmente assassinato per mano di Halyr. Il più potente, della nuova
stirpe, dei maghi stregoni. Appartenente all’oscuro ordine della pietra
policromatica, aveva come dottrina guida quella dell’ordine, adombrato
e corrotto dall’ astio e dalla paura. Potenti oltre ogni umana
comprensione, queste capacità per essere padroneggiate ne avevano
bisogno di un’altra altrettanto inarrivabile, per un semplice corpo da
mago stregone. Halyr decise di modificare questo naturale vincolo,
opponendosi al ciclo della vita, cambiando e perseverando nelle sue
ricerche, con la sua dottrina. Continuò finché non acquisì la forza di
cambiare e alterare il tempo; naturalmente ciò gli fu concesso ad un
prezzo. La sua mortale vita, per un immortale servizio al Dio Neshta,
la nefasta divinità del male più puro, esente da ogni contaminazione
del caos. Dunque, divenne così un semplice strumento di morte, nelle
mani di un potere che non fu mai suo. L’ironia del fato, volle proprio
lui come artefice della sua disgrazia, corroso dalla sete di potere ed
egoismo; nulla, se non la sua affinità con la magia, gli venne donato
dal destino.
I
lucertoloidi stavano ormai indietreggiando, sopraffatti dalla forza
della carica portata dai cavalieri adornati dalle bianche vesti.
Quand’ecco che al loro fianco si rivelarono le forze militari più
temute del regno. La cavalleria più pesantemente bardata, forte delle
sue imprese epocali e dall’aura spaventevolmente oscura e tetra,
avanzava lentamente facendo tremare il suolo sul quale stava marciando.
Tutto, nelle vicinanze, assumeva un aspetto che preannunciava la fine
imminente della vita. Anche l’albero più radicato nel suolo, al loro
passaggio, si rinsecchiva, prosciugato della sua linfa vitale, e cadeva
fragorosamente rompendo le riga della ritirata dei lucertoloidi. I
quali ora non si ritiravano più da un nemico ma dalla morte in persona.
La cavalleria demoniaca avanzava inesorabilmente lenta, quasi a
scandire il tempo degli ultimi attimi, degli ultimi flebili aliti
ansiosi di chi aveva la vita in corpo. Le cavalcature, bellezze di un
altro mondo, erano nere come la pece, il loro crine grigio e gli occhi
color dell’acqua ghiacciata; avevano il massetere teso, a causa della
pressione delle cinghie di guida. I cavalieri stavano chiaramente
forzandoli, chiudendo le ginocchia sui quartieri e risentendone, questi
lanciavano nitriti rabbiosi. L’atmosfera veniva resa più cupa a causa
anche della zona boschiva, dalla quale le nebbie salivano raffreddando
ulteriormente il campo di morte. Nuvole di vapore venivano rilasciate
di frequente dalle cavità nasali di queste creature nere, quasi a
manifestare la volontà di agire immediatamente. La marcia continuava,
ormai mancavano 300 piedi (ndr circa 100mt) di distanza tra i due
schieramenti, e il più temibile dei due avanzava schiacciando i
cadaveri e lucertoloidi morenti. Quando ciò avveniva, una luce color
del verde dell’ambra fuoriusciva brillando da essi e in un altrettanto
spettacolare modo, entrava nei cavalieri corrotti, che gioivano
lanciando urla di giubilo.
Di
un blu intenso vibrava la lama, brandita dal gran maresciallo Lorghot.
Guidò gli eserciti dei cavalieri della rosa bianca per millenni,
fronteggiando qualsiasi tipo di avversità. Era uso comune che si
illuminasse di un blu notte, quando il suo possessore, riusciva a
brandirla considerandola oltre a un pezzo di ferro anche ad un entità
spirituale con la quale scambiare i sentimenti durante la battaglia.
Più questi riusciva a scambiare emozioni, più questa rilasciava potere.
Questa sorta di scambio non giovava soltanto a chi toccava l’amuleto
millenario, ma a tutti quelli che il possessore considerava alleati.
Accecato dall’ira suscitata da quell’orrendo spettacolo, Lorghot si
lanciò, incurante ebbro di follia, contro il nemico. Ansimante,
straziato dalle ferite della battaglia precedente, vibrò un colpo così
potente da sbalzare dalla sella un Endevote… [continua]