Gli Elmi Muti: Bg x elfi stupidi che diventano elfi orgiasti

Allooora, la mitica quanto fantomatica questione di "ma insieme agli sakven dovevano proprio metterci gli elfi trascendenti-ascendenti-asceti" mi ha portato a pensare una soluzione backgroundistica per eventuali arrivi non desiderati dall'Isola ematica. Che sarebbero poi diventati arrivi desiderati ins eguito ad un faticoso quanto improbabile lavoro manuale.

La storia è quella dei guerrieri chiamati "Elmi Muti", poichè hanno fatto voto di non proferire più parola, se non fra di loro, e simbologicamente lo applicano indossando elmi che coprono il volto integralmente, a aprte gli occhi (per ovvi motivi).
Ora illustrerò il come, il perchè, il dove (ma non il quando) dell'accadimento che li creò.

Anno sconosciuto, perchè il suddetto scrivano Albert Von Hodrer non ha idea di come il tempo scorra, ora che la mia unica luce sono candele che mia figlia mi invia, pagando la guardia. La cella è umida e fredda, e ratti grossi da rendere inquieti coabitano con me. Come ho già abbondantemente scritto, il mio reato fu, secondo due guardie bigotte, per aver offeso le leggi del Divino Sigmar affermando che il nostro popolo avrebbe più possibilità di vittoria senza assurde censure ed esecuzioni. Ma in questo mio frammento non voglio né continuare a speculare sull'accaduto, né avviare un argomento su giustizia e teologia. Quanto invece, nell'itnenzione dir accogliere tutte le memorie mie prima della mia esecuzione e di passarle tramite danaro e sotterfugio alla mia famiglia.

Qui scriverò di racconti giunti a me tramite marinai durante i proficui viaggi a Tilea, terra benedetta ed illuminata, durante notti insonni di favole e leggende.

Tutti conosciamo, chi più chi meno, i leggendari elfi bianchi dell'ulthuan, persone secolari quanto illuminate e sagge. Così, mischiandom con immaginazione fervida, conosciamo i loro parenti più prossimi quanto spietati, gli elfi di Naggarot, feroci predoni dei mari e delle coste.

Non è dato sapersi con rpecisione come accadde questa divisione; secondo taluni in seguito a guerre e dissidi, secondo altri è sempre stata.
Qualunque sia la realtà dei fatti, a nessuno verrebbe da dire che a creature così eterne sia concesso dai propri animi cambiare idea, come invece accade agli uomini durante le nostre brevi vite fugaci.
Ma secondo quei racconti sorpa citati, non così netta è la differenza; infatti essi narravano di un arcipelago lontano dalle rotte comuni, più vicino, per modo di dire, alla leggendaria Nippon che all'Arabia. Ebbene, lì sorgeva un ricco quanto nobile porto, con una cittadina vitale e cosmopolita. La lontananza da ogni patria sovrana aveva portato che solo liberi esseri giungessero lì, e la rettitudine degli elfi faceva sì che gli abominii dei poteri perniciosi non vi trovassero rifugio.
Si sviluppò così una cultura diversa, più aperta, libera e lieta, dove tutte le genti non corotte erano cittadine a pari diritto, a patto di contribuire al progresso di quell'isola fuori da ogni luogo.

Hainoi, un giorno feroci fanatici giunseo su navi sventurate, portando odio, intolleranza e conflitto. Ogni volta che la popolazione li biasimava per le loro violenze, semrpe si alzava un grido ipocrita chiedendo rispetto e uguaglianza. Fu attravero queste genti spietate e cieche che la sciagura più terribile si abbatté sul paradiso int erra. Non si sa come, demoni assassini, rossi come tizzoni e assetati di sangue d'uomo, si riversarono compiendo gran massacro, e prima che fosse possibile reagire orde indecenti e assassine si dilettavano a cancellare tutto con la fiamma, l'acciaio e la magia.

Non vi fu battaglia, ma mattanza, e solo la flotta che navigava per protezione delle rotte mercantili scampò, almeno in corpo, poché i loro animi morivano ogni istante che vedevano le fiamme ardere all'orizzonte.
Questa piccola flottiglia, composta quasi integralmente da elfi, a lungo girovagò in cerca di alleati per riconqusitare l'amata aptria, ma tutti li respingevano, ritenendoli sconci. Solo gli elfi bianchi risposero.

Una grande armata tornò, e mondò l'isola dalle belve demoniache. Pareva che le cose si fossero ristabilite, ma un arrogante principe disattese i patti, e rese quei sorpavvissuti poco più che sottomessi coem protettorato.
Il primo editto fu l'esilio dei marinai non elfi.
E loro cedettero.
Poi la rinuncia al proprio stendardo e la lealtà al nuovo signore.
E loro cedettero.
E poi la trasformazione in una vera e propria colonia.
E loro non cedettero.
Scoppiò la rivolta, e gli un tempo liberi elfi fuggirono, braccati come cani da un nobile idnegno di portare sangue elfico nel petto.
Scapparono, fermandosi lontano dai porti per pochi rifonimenti, e ovunque vedevano miseria, sopraffazione e dolore. Il mondo intero, ai loro occhi, era nero come la pece e freddo come il ghiaccio.

Il terrifico Re Stregone Malekhit, che semrpe sia maledetto il suo nome, signore degli elfi neri di Naggarot, spiava divertito queid erelitti. Quando giunsero allo stremo, senza più spirito né pane, con lusinghe e falsità li irretì.
Non che avessero peso le sue parole: oramai solo spettri circondati da carne erano.
Entrarono nelle file dei corsari delle arche nere, inquietanti, ma rimanevano sempre in disparte, sempre in silenzio, parlando solo fra di loro.
Le loro armi, le loro corazze, le loro cavalcature, tutto possedeva una foggia che spiccava, tipica degli elfi liberi, così semplice ma simile a quella dei bianchi. Ma ora tutto veniva sciolto e riforgiato di nero, come il mondo che li circondava. Combattono come mangiano o respirano, perchè nulla a senso se non sopravvivere, assieme, piangendo il ricordo di una terra perfetta.
Si narra che ogniqualvolta un elfo provi cotanta disperazione da non poter più combattere per il bene, e così tanta repulsione per l'attendere pacifico come bestie al macello, possa provare a fuggire, e tentare di raggiungere animi spenti come il suo, e tacere su tutto, comes tatue di sangue."