Urizhel's Zorn Utente
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| Titolo: Vuoi sentire una storia? Lun Nov 08, 2010 10:00 pm | |
| Salve viandante!
Lascia che ti legga una storia, qui, vicino al fuoco, e bevi questo Sake alla salute del vecchio Kenji! Hai sentito parlare della rupe Acacia? Si? E allora saprai anche che non se ne stà lassù da sempre, ma vi c'è venuta tanto anni orsono! Ecco la sua incredibile storia: siamo nel mese di... Novembre è il mese di guardia alle porte dell’inverno; prima di schiuderle, si nutre dei colori rimasti sugli alberi e fra l’erba. Li succhia uno a uno con l’aiuto di brinate e nebbie. Una volta pasciuto, chiama il nero vento dell’est a spazzare via gli avanzi ingrigiti. Rende il mondo tanto triste da far desiderare il gelido candore dell’inverno. Nulla è casuale nel creato, neppure l’avvoltoio novembre, o l’agonia prima della morte. Tutto è preordinato affinchè il peggio che segue sembri quasi una liberazione.
Il vagito del primo uomo segnò la fine dell’era dei Sussurri, e con essa degli dei. Elessero a dimora vette e profondità, parlando al vento e per mezzo di esso. Tale s’era fatto il loro disinteresse, che il mondo se ne disinteressò a sua volta, lasciando che sopravvivessero nelle imposte squassate dal fortunale o negli angoli bui.
Kyoku, dio fanciullo, volle condividere la sorte dei suoi, ma conservando memoria dei fasti passati: infuse la propria essenza nella rupe Acacia, perché sospesa tra ricordo ed oblio mitigasse la nostalgia, pure quella d’un dio.
L’uomo crebbe, col mondo e suo malgrado; conobbe l’avidità e quel che celava l’orizzonte. All’ombra d’Acacia, le civiltà cadevano e la barbarie dilagava, ma la rupe col suo dio, sorda, le nubi solcava. L’ultime vestigia del tempo che fu si corruppero, generando incubi e caos: da vecchio, l’uomo era divenuto la bestia che s’illudeva di combattere.
Violata la terra, volse gli occhi al cielo.
Prim’ancora che l’orco fosse ricacciato a nord, le genti dell’est avevano compresi i segreti d’acqua, fuoco e metallo, l’arte della strategia ed i benefici della tecnica. Vinti gli oceani con carte, stelle e buon fasciame ed i monti col fuoco, non rimaneva che l’aria. Dei detti popoli, il Catai era certo il più fiorente e perciò più profondamente empio; allestita una flottiglia di congegni simili a palloni ed uccelli dal ventre tondeggiante, v’imbarcarono un numero d’armati pari a dieci volte mille, perché la rupe delle leggende fosse conquistata insieme alle ricchezze che celava.
Le lune si susseguirono presaghe, ora limpide ora infide; vi furono perdite. Poiché il mondo è disco di roccia alla deriva nell’infinito, lo scoramento finì col fiaccare l’armata, tanto che, per tempeste e ammutinamenti, neppure la metà giunse a vedere Acacia. L’avvistarono quando il giorno ancora è notte, con gran strepito di vedette e nocchieri; parevano di quei marinai che, sulle loro barchette, cacciano i mostri degli abissi. Asperità e turbolenze resero l’atterraggio assai periglioso, ma le coorti seppero disporsi in buon ordine; l’accolse un intrico di gallerie e scale scavate nel calcare, attraverso cui il vento ululava ora greve ora stridulo. L’esplorazione del pianoro si rivelò infruttuosa, così decisero di scalare la rupe.
Benché sopita, la forza rimaneva quella d’un dio: colpi invisibili sfondavano corazze e scudi, cogli uomini strattonati come dai fili d’un burattinaio. Per tre volte tentarono e furono respinti, finchè non ne rimasero che mille. Avviliti e stremati, gli invasori si strinsero ai propri condottieri, rinfocolando antiche rivalità; presto, cinque accampamenti vasti e ben muniti occuparono lo spiazzo, lacerandone la desolazione colle loro insegne vivaci.
Arrivò novembre e lo stallo si fece insopportabile; l’esercito riunito in assemblea decise l’invio dei tre monaci al seguito della spedizione in cima alla rupe: gente superstiziosa, quella del Catai, e mai fu più vero che superstizione è il nome dato dagli stolti alla propria ignoranza.
Tornarono, inarrestabili e travolgenti: diressero l’edificazione d’una nuova città e la distruzione dei vascelli, perchè se ne impiegassero i componenti per governare la rupe intera. Terminato il martellio delle fabbriche, ci fu solo vento. Da allora, Acacia è l’alternativa al destino del Vecchio Mondo. | |
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