Campioni di Brazan - I - L'Occhio del Serpente

MONI: Seppur turbato da quell'incontro unusuale e inaspettato il mu'us si addentrò nel quartiere patrizio della città superando la cinta muraria interna. Il quartier generale dove si trovavano i suoi diretti superiori era poco oltre le mura, nella parte posteriore e per molti livelli al disotto della strada di una caserma dell'elitaria Guardia Scarlatta, a cui era affidata la sicurezza e la difesa della cinta muraria interna e degli edifici che essa proteggeva.
Dopo aver superato un paio di nerboruti mu'us grigi di guardia discretamente nella prima stanza dell'edificio si aggirò con consapevolezza per vari corridoi, scendendo poi sotto terra per recarsi a fare rapporto. La stanza del suo superiore era aperta e appena Moni si avvicinò alla porta questi lo notò e gli fece cenno di entrare. Era un mu'us dalla pelliccia rossiccia con numerose chiazze color petrolio. La giovane spia era convinta che fosse piuttosto anziano, ma questo tra i mu'us aveva poca importanza.
"Rapporto." Ordinò il suo superiore. Era un tono autoritario in cui il mu'us percepì una certa nota di disappunto. Le notizie volavano veloci a Brazan e non era impossibile che il suo superiore sapesse già qualcosa di quanto era successo alla Porta del Mercato.

RORSCHACH: Si aggirò per le strade seguendo le mura alla ricerca della porta indicatagli dall'uomo ratto. Era già un po' che camminava quando per via di una casa costruita troppo a ridosso delle mura notò che due umani vestiti di abiti logori dall'aria comune e con dei cappucci tirati sul capo lo stavano probabilmente seguendo.

< Mio signore. > Moni piegò leggermente il capo

< Stavo eseguendo le mie mansioni, in cattura di quel delinquente, come mi era stato ordinato. Avevo già predisposto una trappola, purtroppo quando scattò, un misterioso sicario uccise il nostro obbiettivo per poi sparire nella folla. La gente in preda ad uno stupido panico si è data alla fuga, e per evitare ulteriori feriti fui costretto a ordinare che si facesse defluire la popolazione. Con permesso ho dato ordine che si istituissero banchi di convocazione nei punti strategici della città. >

Tacette del suo incontro con l'Uomo-lupo, voleva vederci chiaro prima di complicare ulteriormente la facenda.

"Dannazione perchè mi seguono?" Pensò Rorschach quando notò quei due uomini seguirlo.
"bhè chiediglielo che ci vuole? Dai che magari ci divertiamo!" Suggerì malignamente la voce.
"Non davanti a tutti, qui non siamo nella tundra qui non vigono le leggi dei clan" Quanto aveva ragione, normalmente avrebbe affrontato quei ficcanaso senza pensarci o nel caso avesse voluto seminarli avrebbe fatto perdere le traccie nei boschi ghiacciati che conosceva fin dall'infanzia, ma qui doveva agire con cautela.

Aumentò leggermente il passo senza però rivelare fretta per non avvertire chi lo pedinava che li aveva scoperti. Appena arrivò ad un vicolo laterale abbastanza oscuro e stretto da permettere il passaggio di una sola persona alla volta ci entrò per provare a nascondersi nelle ombre.

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Cercò di nascondermi coprendomi anche con il mantello ma tenendo sempre d'occhio l'uscita del vicolo per vedere le mosse dei due uomini.

MONI: Il suo superiore liquidò la faccenda con un gesto a cui accompagnò un "Hai agito correttamente. E' inutile sprecare il tempo di un phe'ru'us dove anche un normale mu'us può proseguire. Ho un nuovo incarico per te, una cosa importante, affidata a noi dall'Incantatore proprio stamani. Se l'accetterai non dovrai occuparti d'altro fintanto che non l'avrai portato a termine. Ti senti sufficientemente pronto per portare avanti qualcosa del genere?"

RORSCHACH: il giovane del Popolo del Lupo deviò appena fu possibile farlo in un vicolo sulla sinistra all'apparenza davvero strettissimo, una specie di budello e ivi si appiattì ad una delle pareti, celando la sua massiccia figura col ancor più voluminoso mantello.
I due uomini che però lo stavano apparentemente seguendo continuarono dritto, senza rallentare, fermarsi o degnare lui o il vicolo di uno sguardo.

"Stò diventando paranoico" Si disse il barbaro "Probabilmente non seguivano veramente me, sto impazzendo"

"Non dirlo a me"

Scuotendosi di dosso le inquietudini Rorschach uscì dal lurido vicolo guardandosi intorno per cercare di individuale i due uomini e capire la direzione per arrivare alla locanda indicatagli dal ratto.

Moni rimase esterrefatto. Aveva fallito una missione ma non solo non veniva punito, me gliene veniva affidata un'altra più importante.

< Certo signore! > disse gli venne solo in mente una cosa: l'uomo lupo: chissà cosa aveva da dire.....bha...al massimo lo avrebbe liquidato come un deficiente.

RORSCHACH: mentre si avviava ad uscire dal vicolo, poco più avanti vide qualcosa muoversi, e poi una voce: "Perfavore straniero... Avvicinati al vecchio Tebald..."
Scrutando meglio la semioscurità del vicolo vide che addossato alla parete di destra c'era un vecchio dall barba lunga e gli abiti rovinati resi incolore dal tempo e dallo sporco. Aveva gli occhi chiusi e sedeva su una stuoia di qualità non migliore dei suoi vestiti.

MONI: Il suo superiore annuì con un mezzo sorriso. "Servire La Stirpe è il motivo per cui siamo stati concepiti, quindi mi pare inutile ricordarti quanto sia vitale che i desideri dell'Incantatore siano assecondati e soddisfatti al meglio possibile. Per ravvivare la monotonia degli scontri nell'arena dei duelli Egli vuole qualcosa di nuovo, che lasci gli spettatori senza parole, non un solito troll, gherbel, uomo-gatto delle foreste o donna guerriera dalla pelle bruciata. Il tuo compito è partire in cerca di questa creatura e sarebbe meglio che fosse una creatura senziente, magari in grado anche di parlare. Hai 4 settimane di tempo. Devo metterti in guardia però: se dovessi fallire o tornare con qualcosa di inadeguato potresti essere tu a finire a combattere nell'arena degli schiavi. Hai domande?"

Rorschach rimase interdetto da quella voce, diamine non lo aveva neanche notato.
Non aveva motivo di temere quel vecchio eppure per qualche strano motivo il pelo si era rizzato come se qualcosa fosse fuori posto in quel vicolo ma non capiva cosa, si avvicinò al vecchio sempre tenedo d'occhio il vicolo e la sua uscita.

"Cosa vuoi vecchio?"

Moni rimase di sasso.
La schiavitù.....non aveva mai avuto in mente di catturare creature intelligenti, per il divertimento dei riccastri e del popolino.
< Io....io...ecco...ma..ma....si signore. >

RORSCHACH: la voce del vecchio si fece vagamente supplichevole: "Una moneta, o un po' di cibo. In cambio il vecchio Tebald ti leggerà la mano. I suoi occhi non vedono ma le sue mani sanno predire il destino..."

MONI: Il vecchio mu'us annuì alla balbettante risposta del giovane e mosse la mano su e giù, come un oratore che chiede silenzio al suo pubblico. "E' un grande onore e una grande responsabilità poter portare a termine un incarico assegnato direttamente dal membro più autorevole della Stirpe, quindi capisco che tu sia sopraffatto e magari un po' confuso da ciò che ti viene affidato. Quindi ascolterò tutte le tue domande, cercando di aiutarti..."

Il giovane barbaro guardò il vecchio con uno sguardo misto di disprezzo ed interesse, un volgare indovino, nella sua tribù gente simile veniva inviata dal grande spirito per non portare la sventura del futuro su di loro. Ma ora gli ultimi accadimenti gli avevano fatto mancare le sue solide basi e da quando la donna uccello gli si era rivelta in sogno non sapeva più a cosa credere.

Facendosi più vicino al vecchio tirò fuori dai risvolti del mantello un pezzo di carne essiccata l'unica cosa con cui si sfamava da parecchio tempo.
"Ho solo questo vecchio" disse porgendogliela.

"Sei un credulone! Come puoi fidarti di un indovino? Se poi lo è veramente.... mi deludi principe, mi deludi profondamente"

Moni piegò la bocca, mordicchiandosi il labbro inferiore.

< Una sola domanda signore: dove dovrei andare a cercare queste nuove "attrattive"? >

MONI: "Dovunque dovesse essere necessario." Il tono era perentorio, ma poi si addolcì: "Comincia dalla città e dai dintorni: Brazan è davvero la città cosmopolita che si vanta di essere e a volte vi giungono creature che la maggior parte degli abitanti comuni non ha mai nemmeno sognato possano esistere."

RORSCHACH: Il vecchio tese la mano e non appena il metàlupo glielo permise la prese e mise via nel vestito. "Ti ringrazio - disse flebilmente - ora porgimi la mano cosicché io possa leggerla. Nella maggior parte dei casi una vale l'altra, perché il destino è scritto similmente in entrambe, ma nel tuo caso ho come il presentimento che non sia così, quindi scegli con attenzione quale desideri porgermi..."

Moni ricominciò a mordichiarsi il labbro.
C'era qualcosa nell'idea di catturare visitatori qui giunti che non gli ispirava fiducia.

< Certo, signore. Mi scusi signore, ma non si rischia così di creare incidenti diplomatici con altri stati? >

Il barbaro ebbe un fremito alle parole del vecchio, sembrava sapesse qualcosa, poteva essere così? La profezia lo costringeva a riflettere, quel vecchio poteva essere chiunque, un semplice ciarlatano, un aiuto mandato dalla donna-uccello o anche uno di quei corruttori da cui lo spirito l'aveva messo in guardia.
Per capirlo aveva solo un modo. Con un misto di curiosità e riluttanza tirò fuori la mano sinistra da sotto il mantello. Era lunga più del normale, coperta da una pelliccia nera e dotata di lunghi artigli.

RORSCHACH: Il vecchio non proferì parola, ma il metàlupo lo sentì tremare quando le loro mani si toccarono. Lo sentì accarezzare il palmo in più punti, poi solcare lentamente le dita. Infine disse: "Il tuo destino è a una svolta: tu sei Speranza per coloro come te. Presto dovrai scegliere se servire il Sangue o mordere il Ferro. C'è altro ma è troppo sfocato, è come se io cercassi il di leggere il futuro a due persone diverse contemporaneamente e il fato di una si confonde con quello dell'altra..."

MONI: "Non credo di seguirti, spiegati meglio..." chiese il suo superiore aggrottando un sopracciglio.

"Io sono due persone diverse" Sussurrò Rorschach, quindi colto da un brivido ritrasse la mano e fece un passo indietro, come faceva a sapere quelle cose? E cosa significavano quelle parole?

"Qua andiamo avanti per enigmi, mai nessuno che voglia dire le cose in modo chiaro..... comunque sia la parte del servire il sangue mi piace" Latrò la voce

"Cosa significa quello che mi avete detto? Parlate!"

RORSCHACH: Il vecchio si dimenò udendo le parole del metàlupo. "Non lo so! Non lo so... cosa ho detto?" chiese come se si fosse appena risvegliato da una sorta di trance.

MONI: il volto dell'anziano mu'us si allargò, scoprendo i denti in un sorriso in cui Moni lesse un certo divertimento.
"Tu sei giovane e certe cose non puoi saperle: sono molti gli stati che vedrebbero bene sotto il loro dominio Brazan o la Confederazione tutta, lo stesso Rhun di cui un tempo Brazan era colonia brama la nostra città per la sua posizione strategica. Ma loro ora sono deboli, divisi da dissidi e lotte intenstine per un potere che lo è sempre più di nome e sempre meno di fatto. Noi siamo forti perché siamo uniti e quando la Stirpe chiama eseguiamo senza stare a speculare sulla giustezza o meno dei nostri ordini: noi non siamo soldati dubbiosi che dipendono da un generale capriccioso, ma creature devote generate da un potere molto grande a cui sono dischiusi tanti dei veli che per noi sono così opachi da non poter nemmeno distinguere delle ombre dietro di essi."

Il barbaro ringhiò di frustazione e uno scatto di collera portò la sua mano all'ascia, ma non era per sua volontà, concentrandosi profondamente ricacciò indietro la bestia che aveva visto in quell'attimo di rabbia un tentativo di assumere il controllo.

Ansimando per lo sforzò il giovane oscillò fino all'uscita del vicolo tornando nell'affollata strada, non si guardò indietro non voleva, avrebbe ignorato le parole del vecchio.

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Riprendo la strada di prima per dirigermi alla locanda.

Moni deglutì e si rizzò sulla schiena.

< Sì, signore. Certo signore. Chiedo permesso per congedarmi, signore. >

Avrebbe obbedito agli ordini, come sempre, con il massimo dello zelo, come sempre. Ma....c'era qualcosa, una traccia infinitesimale, microscopica, invisibile, che lasciava un retrogusto amaro, come un grano di sale che rovinava un dolce appena sfornato.

" Niente dubbi! Niente incertezze! Niente esitazioni! "

Ma aveva un che di vagamente meno convinto.

MONI: "Va pure Moni, e ricorda, qualcosa di nuovo, inusuale, qualcosa che tu per primo non hai mai visto ne immagineresti esistere se non lo vedessi... Ora va" e con un gesto lo congedò effettivamente.

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Moni: dichiara cosa fai.
Rorschach: per ora non rispondere, appena anche Moni si mette in cammino proseguiamo anche con te

Congedatosi, Moni si diresse verso l'uscita e verso il luogo del Grandevù con l'enorme uomo-lupo.

Non gli passò neppure di mente, impegnato com'era nel reprimere ongi ombra di dubbio, della particolarità della creatura che aveva trovato.

RORSCHACH: Per fortuna le indicazioni dell'uomo-ratto erano state abbastanza precise e il metàlupo riuscì ad arrivare alla taverna senza dover chiedere indicazioni. La zona in cui si trovava era piena di edifici fatiscenti, per lo più in legno. L'area fuori dalle mura della città gli era parsa una cosa a metà tra un alveare in espansione e un cadavere in decomposizione: brulicava di persone e vi erano edifici in costruzione ed altri che venivano smantellati. L'odore poi, o meglio il miscuglio di odori era anche peggiore di quello all'interno della città e si faceva insostenibile ogni qual volta si passava vicino a qualche letamaio.
Il Re Ratto era un grosso edificio a due piani, chiaramente costruito in legno sulle rovine di una precedente costruzione in pietra. Senza la grande insegna inchiodata sopra la porta, che raffigurava rozzamente un ratto bianco con una grossa corona gialla in testa, Rorschach non lo avrebbe mai riconosciuto in mezzo a tanti altri fabbricati.

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Moni: non rispondere, ti inserirò appena arrivi in zona
Rorschach: vedi se vuoi entrare o cos'altro.

Rorschach non si sentiva al sicuro fuori all'aperto in un simile posto, evidentemente l'uomo-ratto aveva gusti molto rudi per dargli appuntamento lì, ma riflettendoci sopra forse non velava attirare troppa attenzione su di sè, in fondo sembrava che avesse potere sugli uomini della città, un potere che non capiva e che non voleva neanche indagare.
Decise di entrare dentro la taverna, magari dentro l'ambiente sarebbe stato abbastanza buio da concedergli qualche momento di rilassamento senza temere che la sua diversità suscitasse clamore.