Campioni di Brazan - I - L'Occhio del Serpente

Una sorta di nebbiolina di calore mista a odore di cibo dozzinale lo avvolse quando aprì la porta della taverna.
Il locale era più piccolo di quel che sembrasse dall'esterno, tanto che tra tavoli e sedie intorno ad essi a malapena si riusciva a vedere qua e là il pavimento di pietra a quadroni. Nella parte sinistra del locale c'era un lungo bancone fiancheggiato da una fila di sgabelli.
Oltre che di mobilio, l'ambiente era ingombro anche di persone, in quanto tutti i tavoli meno due, i più lontani dall'ingresso, e due terzi degli sgabelli erano occupati. Nessuno parve prestare molta attenzione al metàlupo, ma in fondo che era solo dei tanti vestiti in modo simile a lui all'interno della taverna.

Continuando a mantenersi nell'anonimato scivolo tra gli avventori per sedersi ad uno dei tavoli più distanti dall'ingresso, da lì avrebbe goduto di una buona visuale e di un pò di riservatezza.

RORSCHACH: così fece. Nessuno parve prestargli eccessiva attenzione mentre attraversava la sala. Si sedette e attese tanto l'uomo-ratto quanto che qualcuno venisse per servirlo.

MONI: raggiunse in fretta il Re Ratto. Era in una zona in cui la gente si faceva i fatti suoi e per lo più si trattava di stranieri o mercanti di passaggio e dove gioco d'azzardo e contrattazioni erano di casa. Il luogo ideale per discutere di qualcosa senza che qualcuno prestasse eccessiva attenzione. Lo strano uomo-lupo non lo stava aspettando fuori. Forse era entrato, o, meno probabile vista la sua stazza, si era nascosto da qualche parte nei pressi.

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Moni: do per scontato che tu vada all'appuntamento o pesantemente bardato o meglio ancora in forma umana per non attirare troppo l'attenzione e palesare cosa sei. Decidi tu quale delle due preferisci (forma umana o pesantemente bardato), ma fammelo sapere.

Si ritirò il più possibile nell'ombra, aprì leggermente il mantello e sotto il tavolo stiracchiò la mano bestiale, sentiva ancora le dita del vecchio tastargli il palmo e le sue parole ancora gli ronzavano nella mente. Nonostate si fosse leggermente rilassato restava ancora sul chi vive e teneva d'occhio la porta nell'attesa di vedere il ratto albino attraversarla.

"Sempre che questa non sia una trappola per metterti in catene" insinuò la voce.

Moni aveva preso la forma di uno dei tanti bifolchi che circondavano la città.
Teneva quella forma sempre in mente, era utile. Si trattava di un pezzente morto qualche tempo addietro e sepolto nella fosse comune. Nessuno avrebbe saputo collegare quel volto ad un cadavere.

Quindi si diresse per sedersi difianco all'uomo-lupo.

RORSCHACH: vide un uomo dall'aria trasandata dirigersi verso l'altro tavolo libero, ma quando questo passò vicino al suo tavolo lo vide accomodarsi sulla sedia affianco alla sua, con l'aria di chi sa ciò che sta facendo.

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Potete postare liberamente entrambi

Quando l'uomo si avvicino al suo tavolo tornò sul chi vive e inconsciamente mise mano all'ascia che aveva poggiato al suo fianco.

"Chi sei?" Ringhiò a denti stretti.

< Sono Moni, il Mu'us bianco, bestione. > disse Moni, sottovoce < Se fossi venuto con la mia solita forma sarebbe scoppiata la fine del mondo, qui dentro. >
Intanto mostrò, per confermare, il proprio medaglione, nascosto agli altri sguardi dalla veste.

< Di cosa volevi parlarmi? >

Rorschach rimase interdetto alle parole dell'uomo, come faceva a traformarsi in umano?

"TU puoi decidere la tua forma? E puoi insegnarmi come fare? È magia, runa o altro?"

"Ti piacerebbe eh??" Ghignò la voce.

Una carmeriera troppo corpulenta per essere degnata di più di uno sguardo si avvicinò al tavolo e chiese: "La nostra birra è ottima e non è allungata con nulla. Se però preferite abbiamo anche del Bianco di Rhun, birra di funghi e sidro rosso... Se invece volete mangiare allora è un altro discorso..."

"Sidro." Grugnì il barbaro che non apprezzava quelle interruzioni.

Poi riportò tutta la sua attenzione sull'uomo che diceva di essere l'uomo-ratto e ricominciò a parlare appena la dona si fù allontanata.
"Io sono giunto in questa città seguendo una...." Non sapeva come spiegarlo ma alla fine decise di dire la verità. "Ehm...una..... una visione della donna-uccello, lei dice che io devo trovare la comprensione di quello che sono." "Di quello che siamo vorrai dire." "Ma questo avverrà solo sotto l'occhio del serpente e questa città, Brazan possiede tale occhio, è una reliquia custodita in uno dei vostri templi, un enorme rubino rosso. Arrivato qui dovevo trovare il ratto bianco che mi avrebbe consigliato e appena oltre le porte ho trovato te. Questo non può essere il caso! Ora devo scoprire il prossimo passo della profezia, travare la tana del leone e tu devi aiutarmi!" Cadde un silenzio teso Rorschach guardò con insistenza l'uomo, o creatura che fosse, che aveva davanti. Sapeva che sarebbe stato difficile convincerlo delle sue parole ma se avesse continuato a girarci intorno non sarebbe mai giunto a nessun risultato.

Moni, o meglio la sua controparte umana, fissò con un cipiglio dubbioso l'altro avventore.

< Ora...prova a seguirimi: sto dando la caccia ad un delinquentello, questi finisce ammazzato da dei sicari esperti sotto i miei occhi, non riesco a prendere gli assassini, un enorme bestione peloso mi avvicina, mi parla di una nostra reliquia e di una donna-uccello che appare nei sogni e vola via. Secondo te come dovrei comportarmi?! Fra l'altro, non ho ida di cosa tu stia parlando..."tana dei leoni"? >

si sfregò la mano sul volto, con aria stanca. Ad un certo puntò si bloccò, e sogghignò con mezza faccia.

< Sai...ho ricevuto un incarico...qualcosa di grosso. Devo catturare combattenti per l'arena cittadina. Non so perchè, ma qualcosa di istintivo mi impedisce di farlo con te. Però mi porta in testa molte idee...facciamo una cosa...tu aiutami a catturare bestie strane per l'arena e io ti porterò a vedere l'Occhio del Serpente. >

"Tu non sai niente di una possibile tana dei leoni? Pensa, potrebbe essere una metafora o altro, o un vero leone! Non ci sono leoni in una così grossa città?" Chiese diretto il mezzolupo ignorando la proposta dell'interlocutore, poi anche questa si fece largo nella sua mente. Destando curiosità.
"Catturare bestie strane per arena?" Rorschach conosceva le arene come luoghi di scontro dove i diverbi, le faide e le offese venivano risolte dai campioni o i guerrieri coinvolti in una brutale lotta che, seppur spesso sfociava nel sangue, non era mai mortale. "Perchè far combattere altri al posto vostro? Non avete i vostri campioni per risolvere simili problemi? Se però prometti di portarmi all'occhio allora io potrei essere il tuo campione."

Moni si grattò il mento con aria interrogativa: stava valutando le possibilità.

< Abbiamo un accordo. Fatti trovare domani mattina alla piazza del mercato. >

così dicendo il Mu'us si alzò, dirigendosi verso la porta. Aveva intenzione di raggiungere il proprio superiore.

Il mezzolupo assenti con un cenno della testa quindi guardo l'uomo o quello che era allontanarsi, non sapeva neanche il suo nome.

"Non serve sapere il nome delle proprie vittime"

"Lui non è un nemico ma un alleato che mi aiuterà a raggiunere il mio scopo."

"Solo il tempo dirà che di noi ha ragione."

Quindi Rorschach si guardò intorno osservando se durante la conversazione qualcuno non avesse prestato loro troppa attenzione, un pizzicorio sulla nuca l'aveva improvvisamente messo in allerta.

RORSCHACH: nessuno pareva star prestando granché attenzione né a lui né al colloquio appena terminato. La maggior parte degli avventori erano concentrati su un tavolo dall'altro lato del locale dove si stava giocando d'azzardo. La cameriera tornò con un bicchiere di peltro un po' ammaccato, ma colmo fino all'orlo di sidro rosso. "Il tuo amico è andato via - constatò senza darsene grande pena - Questo viene due monete di rame."

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Moni: ti stai dirigendo verso il vostro quartier generale. Per ora non rispondere.

Rorschach tirò alcune magre monete di rame dalle tasche, le ultime che gli rimanevano del bottino preso dall spoglie di quei briganti che aveva massacrato lungo la strada. No non era stato lui ma l'altro e si era mposta che una cosa simile non sarebbe più accaduta.
"Mi ero divertito parecchio, o meglio ci siamo divertiti."

Mentre porgeva i soldi alla cameriera chiese in un sussurro. "A quale gioco di azzardo stanno giocando?" Chiese indicando con la testa i numerosi avventori radunati intorno al tavolo dall'altra parte del locale.

"E' ammazza-il-mago - disse la cameriera - si fa con cinque carte del Trionfo di Rhun: ogni giocatore scommette su una carta e chi indovina dove si trova il mago vince"

Il metàlupo fece un cenno di ringraziamento alla cameriera e si concentrò sul suo sidro, non era pratico di simili giochi, anche al villaggio Hvrith lo beffafa sempre con simili giochi anche se i loro era più semplice immaginava che il principio fosse lo stesso. Il ricordo di Hvrith fù però un doloroso salto nel passato e per allontanare quei ricordi si immerse nel boccale.

MONI: (Mentre Rorschach passava il tempo bevendo per dimenticare ricordi nefasti) Moni aveva raggiunto di nuovo la sede del quartier generale, utilizzando uno dei numerosi passaggi sotterranei noti solo alla loro schiatta.
Il suo superiore lo guardò con aria strana quando gli diede nuovamente udienza poco dopo: "Non credevo che ti avrei rivisto per diversi giorni, se non alcune settimane. Hai bisogno della mia autorizzazione per qualcosa?"

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Rorschach: se hai nuove azioni da dichiarare posta, altrimenti puoi astenerti, fintanto che Moni finisce di parlare col suo superiore.

Moni aprì la bocca per parlare. Alla vita sentiva ancora stringere quel fastidio latente, come una cintura esageratamente stretta.
< Signore, credo di...aver trovato già un soggetto perfetto. Anche se vi sono delle situazioni particolari. >

< Si tratta di una persona venuta dalle terre gelide, ibrida come me, simile ad un lupo predatore, grande, forte, puzza di qualcosa di strano. Mai visto prima in città. Si è offerto volontariamente per l'Arena, anche se non credo abbia capito del tutto i..."termini di lavoro", per dirla tutta non ha capito che comporta lo...lo...schiavismo. In cambio però chiede di poter visionare un manufatto custodito dentro ad un nostro tempio. >

MONI: "Stupefacente - l'uomo ratto sembrava molto colpito - Un ottimo lavoro davvero. Hai trovato una strana creatura e l'hai addirittura convinta ad offrirsi volontariamente. In questo caso visto che accetta di combattere di sua volontà non ci sarà alcun bisogno di costringerlo. potra farlo come un libero combattente e qualora dovesse sopravvivere ad uno o più scontri i premi vinti saranno suoi. Fagli pure sapere che se accetta un contratto da tre scontri appena questo sarà onorato potrà visitare il tempio che lui desidera vedere. Naturalmente come libero combattente, una volta firmato il contratto avrà vitto e alloggio nell'arena a spese dello stato."
Il mu'us capo prese un foglio di pergamena e una penna d'oca, poi prima di scivere qualcosa si fermò a riflettere e quindi chiese a Moni: "Hai detto grande... Quanto è grosso?"

Moni si grattò la testa, poi si alzò sulle punte dei piedi e buttò in alto le braccia, come per arrendersi.

< Alto così, più o meno >

MONI: Il suo superiore lo osservò poi stimando rispose: "Allora gli alloggi per gli umani andranno bene." Poi si accomodò sulla sedia e preparò un documento per Moni.
"Riferisci quanto ti ho detto alla... creatura, poi conducila al padiglione amministrativo dell'arena e sovraintendi la stipula del contratto. Fa tutto questo però come umano, come se fossi tu il suo lanista*. Nessuno deve sospettare che tu sia ciò che sei. Sarà una buona occasione anche per verificare il buon comportamento dei funzionari umani. Hai domande o necessità di altro?"

QUAKE: Si risvegliò, ancora mezzo intontito. Ricordava quanto successo precedentemente solo in modo vago: si era imbattuto in un gruppo di negrieri jicasra ed era stato colpito da vari dei loro dardi, e poi avvolto nelle loro tele appiccicose. Ma non aveva idea di come fosse arrivato dove si trovava e di dove foss, dove si trovava.
Si guardò intorno. Era seduto addossato alle sbarre di una grossa gabbia, e tutto intorno c'era un ambiente rumoroso illuminato da torce dove intravedeva altre gabbie di varie dimensioni. A parte pochi stracci, residui del suo precedente abito di pelliccia non aveva alcunché. Un umano vestito con abiti di cuoio e armato con un randello gridò qualcosa mentre lui si guardava intorno. Dopo qualche momento un umano con la barba nera e lo sguardo penetrante si avvicinò alla gabbia, restando però fuori dalla portata di Quake. Indossava un vestito rosso con ampie maniche tanto lungo che sfiorava il pavimento.
Gli parlò nella lingua dei jidar, lentamente: "Se capisci la mia lingua dimmi il tuo nome e se sai combattere..."