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 Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro

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MessaggioTitolo: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeMar Dic 22, 2009 6:36 pm

Bounty Hunter

La pioggia martellava incessante sui vetri incrinati. Fuori era buio e nessuno passava di fronte alla finestra del seminterrato, che dava sulla strada al livello del marciapiede. L’interno dello stanzino era invaso di cianfrusaglie: per lo più rottami e sfortunati prototipi mal funzionanti, ma c’erano anche alcune armi dall’aria minacciosa.
Non erano quelle, tuttavia, a interessare all’uomo, quanto un paio di grossi proiettili poggiati sulla malandata scrivania di metallo. Erano proiettili di grosso calibro, probabilmente provenienti da un fucile Requiem, ma modificati perché potessero essere sparati da un comune fucile di precisione.
Tuttavia anche il fucile doveva essere stato modificato, ma non era nello stanzino. Ne era certo, aveva controllato più volte in ogni anfratto.
Si diede un’ultima occhiata in giro, per essere sicuro, poi si decise a cominciare.
Una lampada impolverata penzolava dal soffitto e il fascio di luce giallastra cadeva su un altro uomo proprio là sotto, legato ad una sedia.
Il primo gli si avvicinò in silenzio, e cominciò l’interrogatorio colpendolo al viso con il dorso della mano.
Gli somministrò un altro paio di colpi, prima di porgli la prima domanda:
“A che fucile appartengono quelle cartucce?”
L’uomo legato lo fissò per un attimo, prima di abbassare lo sguardo e sputare un dente.
Aveva una certa età, testimoniata dalle rughe che si snodavano attorno ai suoi occhi. Era pallido, come se non avesse mai visto la luce del sole, i suoi capelli erano corti e grigi.
“Hai fatto il passo più lungo della gamba…” sussurrò, fremente di odio e frustrazione.
Aveva vestiti scialbi e trascurati come il suo aspetto: una persona del tutto inutile, se non fosse stato per il suo talento quasi magico nel modificare e improvvisare armi di ogni sorta partendo da rottami. Talento che lo aveva reso una celebrità nei bassifondi di Egressus Primus, nei quali era conosciuto semplicemente come “Il Nonno”. Le varie bande rivali facevano di tutto per contendersi i suoi pezzi migliori e il suo nome era rinomato tra la feccia che infestava i quartieri più poveri. Era un personaggio neutrale e intoccabile.
Ma lui era stato pagato per portare a termine un lavoro e non era solito fermarsi davanti a un vecchio pazzo che minacciava in nome di mocciosi con armi giocattolo.
Sguainò un coltello ricurvo e con un gesto fulmineo glielo piantò nella coscia. Quindi soffocò l’urlo di dolore del vecchio con un pugno che ribaltò la sedia sul pavimento.
L’uomo si piegò sul Nonno, appoggiandogli un piede sul petto.
“Non era quella la risposta alla mia domanda.” disse, gelido.
Lo tirò su di nuovo, per evitare che soffocasse nel sangue. Incrociò lo sguardo del vecchio: aveva paura. Iniziava a rendersi conto di non avere nessuna carta da giocare.
“Abbiamo tutta la notte, Nonno. Voglio sapere per quale fucile sono stati modificati quei proiettili, dov’è adesso questo fucile, chi ce l’ha e cosa intende farci.”
Lo fissò implorante:
“Mi uccideranno, ti prego…”
“Lo farò anche io.”
La calma con cui lo disse spinse finalmente il Nonno a parlare. L’avrebbe ucciso, se non avesse parlato. Nessun dubbio.
“Il fucile mi è stato commissionato da un tizio che si fa chiamare Jackal, è il capo della gang dei “Figli degli Ultramarines”. Non so cosa voglia farci, penso sia solo un tramite. Mi sono stato forniti dei disegni dettagliati e precisi: quelle teste piene di spezia non sono capaci di fornirmi indicazioni così precise, in genere lasciano fare a me. Però penso che sia qualcosa di grosso: forse riguarda la visita di Marneus Calgar, qui su Iax.”
“Quanti proiettili devi costruire?”
“Tre, due li ho appena finiti, il terzo gliel’ho consegnato insieme al fucile.”
L’uomo soppesò le informazioni ricevute. Erano coerenti con quelle del suo contatto. Erano plausibili. E tremendamente preoccupanti, per il prospero sistema di Ultramar.
Afferrò il coltello e lo sfilò dalla gamba del Nonno, stappandogli un guaito.
“Dove Trovo questo Jackal?”



I folti capelli neri gli si erano incollati al viso e gli abiti erano fradici. La pioggia continuava a spazzare la strada, creando veri e propri torrenti nei canali di scolo ai lati della carreggiata.
Svoltò in un vicolo a sinistra e raggiunse una porticina di metallo ammaccata, ma dall’aria robusta.
Bussò.
Si aprì uno spioncino da cui lampeggiarono un paio di occhi iniettati di sangue.
Fece in tempo a notare la pupilla dilatata, tipico segno dell’assunzione forsennata di spezia.
La porta si aprì con un cigolio lamentoso e il vano venne subito occupato dalla sagoma enorme del buttafuori. Portava un enorme manganello alla cintura e lo sovrastava di tutta la testa.
“Chi accidenti sei tu?” sbraitò.
“Qualcuno mi chiama Nowak…” rispose l’uomo con sufficienza.
“Chi se ne importa. Che vuoi?”
“Sto cercando un certo Jackal.”
“E che cosa ti fa pensare che Jackal voglia vederti?”
“Non lo vuole, infatti. Ma è irrilevante. Dimmi dov’è o levati dai piedi e lo trovo da solo.”
“Ma davvero? E perché….”
Un calcio tra le gambe a velocità fulminea troncò la frase. Il gigante si piegò in due e venne prontamente raddrizzato da un destro in pieno volto che lo mandò lungo disteso. Nowak gli passò a fianco e gli sbattè la testa sul pavimento, stordendolo.
Quindi entrò nel locale.

La porta insonorizzata si aprì cigolando e tutti gli sguardi nella stanza si sollevarono su di essa.
Un ragazzo ancora imberbe venne spintonato dentro, seguito da un uomo alto e sottile, vestito da semplici vesti nere e fradice, strette intorno alla sua sagoma agile. Fu l’armamento a catturare l’attenzione dei presenti: un coltello ricurvo al fianco sinistro e una pistola laser al destro. Sulle spalle aveva un fodero per una lunga spada ricurva, con cui pungolava il ragazzo.
Nowak squadrò le persone nella stanza incrociando lo sguardo di ciascuno di loro.
Si rivolse a quello con i vestiti più vistosi, che portava al collo un ciondolo a forma di stemma degli Ultramarines.
“Sei Jackal?”
“E tu chi sei? Chi ti ha fatto entrare qui?”
“Devo farti alcune domande.”
“Non ho nessuna intenzione di risponderti!”
“Non hai scelta.”
“Non ho scelta? Con chi credi di parlare? Toglietemi da davanti questo pezzo di imbecille!”
Gli altri sfoderarono pugnali, manganelli e qualche pistola laser.
Nowak sospirò, poi piegò le gambe e sollevò la spada sopra la testa, con la punta rivolta verso i suoi avversari.
Lo attaccarono insieme, decisi a uccidere.
Nowak era un cacciatore di taglie da più di quindici anni, da quando era solo un ragazzino che faceva da assistente e portafortuna per un mercenario. Da lui aveva ereditato esperienza, eleganza e abilità in combattimento e, alla sua morte, l’arma potenziata che brandiva.
Con una piroetta si spostò di lato, scampando all’accerchiamento, quindi evitò un colpo di randello e sfruttò la guardia aperta dell’avversario per trapassarlo con la lama. Lasciò la spada e bloccò un secondo attacco, trascinando verso di sé l’aggressore e scagliandolo verso un altro che stava per colpirlo alle spalle.
Recuperò la spada e deviò un affondo di pugnale, rispose con un fendente e afferrò al volo il corpo per usarlo come scudo da un colpo di pistola laser, a cui rispose lanciando il coltello verso il petto del tiratore.
Si girò appena in tempo per evitare un colpo alle spalle, che sventò con uno sgambetto, superò l’uomo che cadde a peso morto e saltò addosso ad un altro, spingendolo contro la porta e inchiodandocelo con la spada. Con un salto fu di nuovo addosso all’altro, che si stava rialzando: lo rigirò con un calcio e gli spezzò il collo con un colpo netto.
Il tutto era durato al massimo venti secondi.
Nowak recuperò con calma le armi quindi prese una sedia e si sedette di fronte a Jackal, ad un tavolo ingombro di denaro e carte da gioco.
Gli mostrò gli schemi che aveva preso al Nonno.
“Questi li hai portati al Nonno qualche settimana fa, e lui li ha usati per costruire un fucile, che è stato ritirato sempre da te. Voglio sapere a chi lo hai consegnato”
“Chi ti ha detto che non è per me?”
Il ragazzo aveva bisogno di un incentivo. Nowak estrasse la pistola laser e sparò appena sopra la sua testa, strinandogli i capelli.
“Maledizione! Va bene, va bene! Non lo so per chi era, d’accordo? Sono stato contattato via comlink da un tipo che non conoscevo. Lui mi ha mandato i soldi e gli schemi e io gli ho mandato il fucile. Non ci siamo mai visti!”
Plausibile. Un attentato a Marneus Calgar richiedeva tutte le precauzioni possibili e immaginabili, anche nei confronti di un incapace come Jackal.
“Nessun dettaglio? Nulla di nulla?”
“Amico, te lo direi, te lo giuro!”
Senza dire altro, Nowak uscì dal locale.

“Sono io.”
“Era ora che dessi tue notizie. Hai scoperto qualcosa sull’armaiolo?”
“Si, ha modificato un fucile di precisione in modo da fargli sparare i proiettili di un fucile Requiem. Anche i proiettili sono stati modificati: la forma è diversa. Penso che siano stati ridisegnati per riuscire a sfondare un’armatura potenziata.”
“Tutto questo sembra confermare la tesi dell’attentato al Maestro Calgar. Sei riuscito a trovare il fucile?”
“No, le trattative tra il Nonno e il suo acquirente avvenivano tramite un certo Jackal, un pesce piccolo a capo da una gang locale. Ma Jackal non ha mai visto il suo contatto, trattavano per via indiretta.”
“Cosa pensi di fare ora?”
“Siete voi il cervellone, Inquisitore, accetto suggerimenti..”
“Non fare lo spiritoso, cacciatore di taglie. Sei stato pagato per indagare su questo possibile attentato, pertanto fai il tuo lavoro.”
L’inquisitore chiuse la comunicazione.
Nowak alzò lo sguardo, lasciando che la pioggia gli battesse sul viso segnato dalle cicatrici.
Aveva bisogno di pensare. E per pensare, aveva bisogno di camminare.
Scelse una direzione qualsiasi, iniziando a rimuginare tra sé e sé.
La situazione era improbabile, quanto meno. Una delle personalità più importanti della galassia stava per essere assassinata e gli agenti dell’Imperium, rappresentati dall’Inquisitore Malleus, si erano rivolti a lui. Proprio a lui. Un anonimo cacciatorucolo di taglie con un talento per le acrobazie e la scherma, quando lo stesso Marneus Calgar poteva contare sui mille guerrieri più micidiali dell’Imperium.
L’Inquisitore gli aveva fornito alcune informazioni che era riuscito a ottenere tramite le proprie fonti, le quali erano però ostacolate dal muro di omertà e disonestà proprio dei bassifondi di Egressus Primus. Ecco perché si erano rivolti a lui, perché indagasse nella sua rete di contatti e trovasse indizi sull’identità dell’attentatore. Per prima cosa Nowak aveva cercato di scoprire quale arma potesse perforare un’armatura potenziata, e i suoi contatti gli avevano consigliato di rivolgersi a quella particolare casta di artigiani che si occupa delle modifiche illegali delle armi. Dopo un paio di chiacchierate, era arrivato al Nonno e da lui a Jackal. La pista si era rivelata proficua, ma adesso era interrotta.
Non aveva modo di rintracciare né il fucile né il contatto di Jackal. C’era un’altra possibilità, ispezionare il percorso previsto per il passaggio di Calgar e del suo seguito, e là individuare un punto adatto per il tiratore. Era un piano abbastanza debole, perché potevano essercene centinaia, per quanto ne sapeva Nowak e non avrebbe avuto modo di sapere da dove avrebbe sparato l’assassino.
Ma meglio di nulla, per cui decise di tornare a casa e procedere all’ispezione il giorno dopo.

Nowak camminava nella splendida via maestra della città, circondato dalla crema della società di Iax.
Era sempre a disagio a frequentare i quartieri alti, soprattutto in compagnia del corpulento guerriero che lo seguiva in silenzio.
Aveva esposto il suo piano all’Inquisitore, chiedendo che gli fosse assegnato un cecchino abile perché lo assistesse nella ricerca della probabile postazione del tiratore.
Il suo compagno era Toras Telion: una leggenda vivente tra gli Space Marine di tutta la galassia, il sergente di squadra più famoso della storia.
Le credenziali del suo compagno cominciavano a fornire a Nowak un’idea del guaio in cui si stava cacciando. La morte di Calgar avrebbe significato una catastrofe di dimensioni incalcolabili, poiché il più grande guerriero e il migliore paladino dell’umanità sarebbe caduto, lasciando senza guida il suo capitolo. Sarebbero stati tempi molto duri, per il genere umano.
“Che ne pensi di quella torre?”
“Forse. In effetti, il campo di tiro è sgombro e la visuale deve essere eccellente. Il vento deve essere forte lassù, ma per un tiratore abile non sarà un problema.”
“Andiamo a dare un occhiata.”
“Vi seguo, sergente.”

La strada era a cinquanta metri sotto di loro, invasa dal movimento pulsante ed eterogeneo della folla. Da quella torre si godeva una vista eccellente dei quartieri alti: una serie di strade che si dipanavano a raggiera dal centro, dove sorgeva il palazzo del governatore planetario.
“Non so cosa ne pensate voi, sergente, ma a me sembra una postazione da sogno.”
“Hai ragione, ragazzo. Se io fossi il nostro amico, mi metterei qui.”
“Io però presidierei lo stesso le altre quattro posizioni che abbiamo trovato: meglio andare sul sicuro.”
“Ci metterò alcuni miei uomini. E qui?”
“Qui mi ci metto io.”

In ciascuno dei migliaia di mondi dell’Imperium la condizione del popolo era difficile. Leva obbligatoria, tasse pesantissime, condizioni di vita a dir poco approssimative… le rivolte ed i tumulti erano frequenti e spesso gravi. Ma nel sistema di Ultramar, il popolo era sinceramente e profondamente fedele a Marneus Calgar. Era una caratteristica più unica che rara, causata principalmente dall’amministrazione efficiente ed equilibrata del Maestro degli Ultramarines, dalla sua vicinanza al popolo e ovviamente dalla sua fama di condottiero invincibile.
Nowak era all’interno della torre ispezionata due giorni prima. La stanza in cui si trovava era una specie di solaio. La torre stessa era parte di un’antica ed elegante dimora nobiliare, come ce n’erano ancora, sparse per i quartieri alti.
Il solaio consisteva in uno stanzino minuscolo a cui si accedeva tramite una botola sul pavimento. Lungo le pareti erano accatastate alcune casse metalliche piene di cianfrusaglie e cimeli senza valore. Al centro c’era un modesto tavolo con una sedia. La luce entrava da un’ampia finestra a bifora che dava sulla strada e sul davanzale della quale stava seduto Nowak, con una gamba poggiata al pavimento e un’altra penzoloni fuori, la schiena contro la colonnina che divideva la bifora.
La processione era trionfale: il Maestro Calgar avanzava nella folla scortato da otto guardie d’onore che lo circondavano a quadrato, sulle quali lui svettava imponente nella sua armatura gigantesca. La guardia alla sua sinistra portava il vessillo capitolare, mentre il guerriero alla sua destra indossava la barocca armatura del campione del capitolo. Il gruppetto era seguito da un corteo di Ultramarines di varie compagnie, recanti i vari stendardi. Erano gruppetti di rappresentanza, mancavano infatti quasi tutti i capitani, impegnati nelle varie campagne in giro per la galassia. Lo stesso Calgar non aveva molto tempo per tali occasioni, ma quando la guerra gli concedeva un attimo di respiro, si dedicava a far sentire la sua vicinanza al popolo, bardato nella sua tenuta da guerra: l’immagine ideale del difensore che tutti rispettavano e acclamavano.
Il corteo era ormai davanti alla torre e Nowak cominciava a dubitare che l’assassino si sarebbe presentato.
Quando sentì un rumore, un lieve tonfo. L’istinto lo fece voltare di scatto, in tempo per schivare un affondo.
Si gettò a terra, rialzandosi con una capriola, e sguainò la spada. Fronteggiava un’avversaria temibile, fasciata in una tuta da combattimento leggera e stretta, che ne lasciava vedere le curve. Portava in spalla il fucile di precisione e brandiva una vibro spada C’tan. Un’arma costosa. Era un’assassina esperta: i cardini della botola grondavano olio fresco ed era entrata in perfetto silenzio.
Si gettarono l’uno contro l’altra, in una danza letale di fendenti e parate. Si eguagliavano in bravura, velocità ed esperienza. Il comlink squillò, ma Nowak non ci fece caso, impegnato a reagire ai fulminei attacchi della sua avversaria. Il combattimento durò per cinque eterni minuti e si concluse come tutti i combattimenti ad armi pari: con un colpo di sfortuna.
Inavvertitamente Nowak calpestò uno dei cardini oliati di fresco, scivolando mentre tentava di parare un affondo. Evitò l’attacco, ma non riuscì a recuperare l’equilibrio e lei gli fu addosso, colpendolo alla tempia con l’impugnatura della spada.

Si svegliò poco dopo, sbalordito per essere ancora vivo. Si guardò intorno: la stanza era vuota, come prima.
O meglio, non come prima: sul tavolo c’era il fucile appoggiato al cavalletto, puntato verso la finestra. Fumava ancora. Si affacciò alla finestra: riconoscendo la differenza nelle urla della folla: orrore, sgomento, paura. Non riuscì a vedere la sagoma di Calgar, l’avevano già portato via, forse.
Si allontanò dalla finestra, con la testa che gli rimbombava, poi distinse un altro rumore. Passi. Tanti.
La botola si aprì di slancio e ne uscì un enorme Space Marine, che indossava l’armatura del campione capitolare. Un secondo: guardò il fucile, poi Nowak. In un attimo gli saltò addosso. Il suo avversario aveva secoli di esperienza militare più di lui, era molto più forte e molto meglio addestrato ed equipaggiato. Ma era rallentato dall’armatura, cosa che dava a Nowak un vantaggio impercettibile, che lui sfruttò nel modo più intelligente: saltando fuori dalla finestra.
Il rumore del vento gli riempì le orecchie, la strada sotto di lui era ingombra di Space Marine che lo fissavano, presumibilmente sbalorditi dietro il cipiglio degli elmetti.
Nowak aveva notato, salendo sulla torre, un lunghissimo stendardo che pendeva lungo il fianco, appeso ad un’asta che svettava a metà dell’altezza dell’edificio: la strada si avvicinava sempre più velocemente quando Nowak afferrò la bandiera, stringendola tra braccia e gambe più forte che poteva.
La caduta rallentò abbastanza da permettergli di sopravvivere all’impatto col suolo. Appena lasciò la bandiera, Nowak si girò in aria per atterrare con una capriola, ma valutò male la velocità e atterrò di fianco, sul braccio sinistro. Sentì distintamente il rumore orrendo dell’osso che si frantumava, il campo visivo gli si riempì di lucine lampeggianti e non si riusciva ad alzare. Tremava. E cosa peggiore, non aveva capito niente di quello che gli era successo.
Passi pesanti, urla e poi lo scatto secco di una dozzina di otturatori che venivano tirati.
Nowak si alzò con un balzo, saltando in un vicolo tra due case mentre un fiume di proiettili disintegrava il muro dietro di lui. Continuò a correre, senza riuscire a pensare a nulla, la paura gli stringeva la mente, minacciando di farlo cedere, e il braccio non smetteva di riempirlo di fitte, ogni volta che un piede toccava terra e scuoteva la spalla fratturata.
Girò in un vicolo e poi in un altro, completamente a caso, mentre i Marine lo tallonavano, ostacolati dall’ingombrante armatura nel passaggio angusto.
Nowak sbucò in un’altra delle strade che si diramavano dal centro, dove la folla impazzita correva verso direzioni discordanti: chi aveva assistito alla scena correva urlando verso casa, chi no, correva urlando verso il luogo dell’incidente. Notò una delle possibili postazioni ispezionate due giorni prima. Il sergente Telion le aveva fatte presidiare…si chinò e un mattone accanto a lui esplose, mentre l’enorme proiettile distorto dall’impatto rimbalzava tintinnando sulla strada. L’eco dello sparo si stava ancora spegnendo quando Nowak riprese a correre. Si mescolò alla folla mentre i Marine sbucavano dal vicolo, sparando in aria per far disperdere la ressa. Rimase in mezzo alla gente, raccogliendo in fretta un mantello caduto a qualcuno e gettandoselo addosso. La massa di gente lo guidò lontano dal centro città, nascondendolo allo sguardo dei Marine, fino a dissolversi presso le mura che circondavano la città alta, separandola dal ricettacolo di criminalità e miseria che era la Egressus Primus bassa. Nowak attraversò il cancello e tornò nel suo elemento. Nei vicoli dove era nato, avrebbe potuto nascondersi per l’eternità.

“Che ti è successo stavolta?”
“Lascia stare Doc, puoi rimettermi a posto in fretta?”
“Qualcosa mi dice che c’entri qualcosa con quello che è successo stamattina, vero?”
Nowak non rispose e Doc la considerò una conferma, quindi aprì l'armadietto dove teneva i suoi strumenti infernali.
Rimettere a posto l’articolazione devastata di Nowak fu un processo lungo e doloroso, che lo lasciò con un dolore sordo e pulsante e la spalla fasciata da un tutore metallico.
Nowak se lo sistemò imbronciato.
“Meno male che uso la mano destra.”
Doc gli si sedette davanti e lo fissò negli occhi, serio.
“Che hai combinato, Nowak?”
Il cacciatore di taglie sostenne lo sguardo del fratello. Si chiamava Altan, ma tutti lo chiamavano Doc. Probabilmente era l’unica persona istruita della città bassa e fin da piccolo aveva manifestato grande interesse per le scienze, in particolare medicina e anatomia. Aveva servito come medico da campo durante la leva, ma era stato "congedato" dopo aver perso una gamba. Se non fosse stato per Nowak, avrebbe perso la vita.
“Mi hanno incastrato, Altan.”
Il fratello si accigliò quando sentì il suo vero nome.
“Mi avevano ingaggiato per sventare l’attentato, ma alla fine sulla scena c’eravamo solo io ed un fucile usato. Mi hanno messo fuori combattimento, e quando mi sono svegliato ha fatto irruzione il maledetto campione degli Ultramarine, e mi sono lanciato dalla finestra.”
Doc congiunse le punte delle dita e lo fissò serio.
“Sei in una brutta posizione, fratellino.”
“Davvero? Ma che dici, sono solo tallonato da un migliaio di Ultramarines. Che sarà mai avere ammazzato il loro maestro?”
“Calgar sta benissimo.”
Lì per lì Nowak non si rese conto di quanto avesse detto il fratello, ma quando afferrò il significato delle sue parole, lo guardò sbalordito.
Altan continuò:
“Il proiettile ha colpito il vessillario capitolare.”
Nowak ebbe il sospetto più che fondato di stare per impazzire. Che accidenti voleva dire?
Qualcuno lo aveva incastrato per far fuori una guardia d’onore? Poteva essere considerata una mossa astuta: nella galassia c’erano migliaia di entità che avrebbero pagato oro per la testa di Calgar, da divinità blasfeme a Kapiguerra Orki, e dunque l’uccisione del vessillario si sarebbe potuta interpretare come un fortunato errore dell’attentatore.
“Era il vessillario il bersaglio autentico.”
“Ne sono convinto anche io: niente vento, distanza ridotta, un bersaglio gigantesco, visuale perfetta…o il tiratore era un incapace o il vero bersaglio non era Calgar.”
“Il tiratore, anzi, la tiratrice, sapeva quello che stava facendo. Ci ho combattuto per qualche minuto prima che mi mettesse al tappeto. Ottimo equipaggiamento, ottimo addestramento sia alla lotta che all’infiltrazione. Dubito fortemente che fosse una tiratrice così mediocre da sbagliare un colpo così facile.”
“Aspetta, ti sei fatto mettere al tappeto da una donna?”
Nowak si accigliò e arrossì:
“Sono scivolato.”
Doc ridacchiò.
“Qual è la prossima mossa, fratellino?”
“Troviamo la killer, gli assassini del suo calibro sono rari, soprattutto le signore. Se è nel giro da più di tre ore, troverò qualcuno che la conosce.”

“Ancora tu?!”
“Esatto Jackal, vogliamo parlare civilmente oppure devo sventrare un’altra mezza dozzina di scagnozzi?”
“Che vuoi adesso?”
“Devo trovare una persona: un’assassina mercenaria, oppure una cacciatrice di taglie. E’ ricca, oppure lavora per qualcuno di importante.”
Si sforzò di ricordarne qualche altro dettaglio:
“Capelli rossi e una carrozzeria niente male.”
Jackal si mordicchiò il labbro, riflettendo:
“Non saprei, non ci sono molte femmine in questo settore. Ma esiste una setta di assassini mercenari che ha il suo quartier generale sulla Terra. Forse è una di loro.”
“Niente di più vicino?”
“C’è un avamposto su ogni pianeta, nelle capitali: il nostro è in un viale vicino al palazzo del governatore.
Spero che tu sia ben provvisto di grano, perché i servigi di quei bastardi costano quanto una nave spaziale.”

La sede della setta su Iax consisteva in un’elegante dimora signorile poco lontano dal palazzo, sulla strada che puntava a nord-est.
Jackal gli aveva riferito la parola d’ordine (lui stesso si era servito della setta, in un’occasione, e ancora stava finendo di pagare le cambiali) che consentiva di entrare nella casa, ma Nowak si sentì nervoso già appena entrato nel cortile. Bussò alla ricca porta intarsiata d’oro.
La porta si aprì quasi subito, e il vano venne riempito da un uomo elegante, alto e magro, che indossava un lungo e semplice mantello nero.
“Di cosa avete bisogno?”
“Cerco la lama che fende la luce.”
“Di qua.”
Lo guidò attraverso dei corridoi arredati con eleganza, fino ad una sala da pranzo occupata da un tavolo enorme, al quale sedeva un solo uomo. Piuttosto avanti negli anni, Aveva lunghi capelli argentei e lineamenti affilati. Anche lui vestiva di nero.
“Maestro, quest’uomo chiede di voi.”
Il Maestro alzò lo sguardo, squadrando Nowak. Questi ebbe l’impressione che lo avesse messo a nudo e si sentì tremendamente fuori posto. Non riuscì a sostenere lo sguardo del Maestro, e osservò la stanza, notando dodici uomini allineati lungo le pareti. Tutti vestivano aderenti uniformi nere e portavano due spade. Ecco perché era così facile entrare nel Quartier Generale della setta: chiunque avesse fatto una mossa falsa, sarebbe morto.
“Cosa desiderate?”
“Informazioni, Maestro. Sto cercando quella che penso sia un membro della vostra…famiglia.”
Il maestro lo interruppe:
“Non siamo soliti fornire informazioni riguardo ai nostri fratelli. Se non siete venuto per comprare i nostri servigi, andatevene.”
“Posso pagarvi.”
Il Maestro saltò in piedi, con gli occhi che lampeggiavano:
“L’onore e la lealtà non sono merce di scambio. Il denaro non ha il potere di convincerci a tradire un fratello. Qui non troverai acquirenti, vattene: stai sprecando il tuo tempo.”
Nowak capì di essere stato congedato in meno di venti secondi e se ne andò senza dire una parola, scortato da una delle guardie della sala da pranzo.
“Stai per caso cercando Sahara?”
Nowak sussultò quando la guardia gli rivolse la parola. Aveva un tono ansioso e dietro la maschera si vedevano i suoi occhi spaventati. Stava infrangendo le regole.
“La tua Sahara è quella che si è occupata di Marneus Calgar?”
“Cosa vuoi da lei?”
“Devo parlarle, è importante, puoi condurmi da lei?”
“Non è qui, ma stasera sarà allo spazioporto della città bassa per ritirare il pagamento della missione. In realtà il Maestro è già stato pagato: Sahara verrà uccisa per cancellare ogni traccia.”
“Perché mi stai dicendo questo? Cosa vuoi in cambio?”
“Io…voglio che la salvi. Io non posso, dopo non mi lascerebbero scampo, ma tu puoi aiutarla.”
“Come fai a sapere che io stesso non la voglio morta?”
“Perché tu sei il tipo che scappava il giorno dell’attentato. Ti serve Sahara per dimostrare la tua innocenza, e ti serve viva. Stai attento però, il maestro non ha interessi a ucciderti, ma il mandante dell’attentato probabilmente sa che sei ancora vivo e ti cercherà.”
“Chi è il mandante?”
“Pensi che lo vengano a dire a me?”
“Chi si occuperò di Sahara?”
“Gli Space Marine. Gli verrà consegnata come capro espiatorio.”
“Perché al tuo maestro non importa nulla di lei, mentre a te si?”
La guardia esitò, avvampando.
“E’… un’amica”.

Lo spazioporto della società vecchia era il cuore pulsante della criminalità a Egressus Primus. Spaccio di spezia, prostituzione, scontri tra gang rivali… tutto avveniva tra i container arrugginiti e le navi malandate, tra i cantieri e i magazzini che componevano lo spazioporto.
Nowak era in piedi sul tetto di un magazzino e aveva appena trovato quello che cercava.
Sahara portava la vibrospada C’tan in spalla. Era appoggiata ad un lampione mal funzionante che riempiva l’aria gelida della notte del suo crepitio, gettando sulla pista in disuso un cono di luce malinconica ed intermittente. I Marines erano sicuramente già là. L’imboscata era tesa, si aspettava solo il segnale.
Anche Nowak aspettava. Non sapeva quanti e quali fossero i suoi avversari e non voleva gettarsi incontro al suicidio inutilmente. Oltretutto, voleva evitare di compromettere ulteriormente la sua posizione ammazzando qualche Prescelto dell’Imperatore.
Una figura solitaria si avvicinò a Sahara. Nowak si chinò, pronto a saltare, e sguainò la spada. La spalla sinistra aveva smesso di fargli male, ma portava ancora la placca metallica protettiva. Il braccio era ancora debole e doleva quando messo sotto sforzo. Avrebbe dovuto pianificare bene la sua mossa: non era al cento percento, e affrontava nemici che lo avrebbero umiliato anche a mani nude.
La figura era ormai davanti alla ragazza e le porse la mano. Lei non la strinse. Parlarono per qualche minuto, durante il quale Nowak sentì alcuni rumori che non gli piacquero: otturatori, reattori dorsali che si scaldavano, ordini sussurrati a mezza bocca. I rumori di una sparatoria tra gang e la solita rissa tra ubriachi e strafatti coprivano i Marine, che si preparavano a far scattare la trappola.
Doveva muoversi prima di loro e poi scappare più velocemente possibile: se fosse stato costretto a combattere, lo avrebbero massacrato.
Agì in fretta: prese la pistola laser e sparò al lampione, facendo sprofondare la scena nel buio.
Quindi saltò giù e corse verso la coppia, senza rallentare afferrò la ragazza e se la caricò in spalla, mentre i reattori dorsali ruggivano e un riflettore si accendeva, stagliandolo contro la pista.
Sahara vide tutto questo senza avere il tempo di protestare, fece due più due e si divincolò da Nowak, mettendosi a correre con lui. Gli assaltatori atterrarono pesantemente attorno a loro, ma i due li superarono agilmente e scapparono tra i container, inseguiti da una grandinata di proiettili.
“Di qua!”
Destra, sinistra, destra, sinistra e poi dritto: sotto il relitto schiantato di una nave da carico, poi dentro un container squarciato da un’esplosione, mentre le scintille dei colpi andati a vuoti li circondavano di luci lampeggianti e stridii infernali.
La guidò attraverso il labirinto di container e relitti, cercando freneticamente di mantenere l’orientamento, fin quando non uscirono dallo spazioporto e corsero nella città bassa.
Gli assaltatori sfrecciavano sopra di loro, ma erano lontani e ormai li avevano persi.
Nowak la guidò in un tragitto tortuoso tra i vicoli, e solo quando fu sicuro di aver seminato gli inseguitori si fermò. Si appoggiò ad un muro, ansante.
Sahara lo raggiunse e lui la guardò. Era pallida e tremava. Ad un tratto, cadde supina e Nowak vide la chiazza rosso sangue sul fianco destro. L’avevano colpita, presumibilmente al fegato. La perdita di sangue e la corsa l’avrebbero uccisa.
Senza perdere un istante la prese in braccio e la portò da suo fratello.

Doc si sedette al tavolino, visibilmente esausto.
“Versami un drink.”
Nowak obbedì senza dire una parola. Aspettava da quasi cinque ore.
“La tua amica se la caverà, è stabile ora, ma ha perso molto sangue. Praticamente, l’ho afferrata per i capelli.”
Nowak non disse nulla, si limitò ad annuire stancamente, mentre il fratello trangugiava il suo intruglio. Stava morendo di sonno, non dormiva da più di tre giorni, era sopravvissuto a una caduta da cinquanta metri, un duello contro un’assassina professionista che aveva poi salvato da un agguato, due sparatorie e altrettanti inseguimenti.
Era braccato dai migliori guerrieri della galassia e non aveva nessunissima idea di cosa farsene di una mercenaria con un piede nella fossa. Aveva in definitiva un bisogno estremo di dormire. E così fece, appena seppe che Sahara non sarebbe morta, stendendosi sul divano e crollando come un sasso.

Venne dolcemente svegliato da uno scrollone, e la prima cosa che vide fu il naso aquilino del fratello ad un centimetro dal proprio.
“Da quanto tempo non dormi?”
Nowak lo allontanò con uno spintone e si mise a sedere, strofinandosi gli occhi.
“Settantadue ore, più o meno…”
Sbadigliò e si rimise in piedi, scacciando il torpore dalle membra.
“La nostra amica?”
“Considerato quello che ha passato, sta benissimo: è ancora viva. Grave, ma stabile. Si rimetterà: penso che se riesce a sopravvivere a oggi, allora è fuori pericolo. Non so che impianti o modifiche genetiche le abbiano rifilato quelli della sua setta, ma sono formidabili. Senza nessun tipo di corazza, un proiettile di quel calibro avrebbe dovuto tagliarla in due, invece ha continuato a correre come nulla fosse. E dovresti vedere la velocità con cui guarisce! Straordinario!” Era sinceramente impressionato, cosa decisamente insolita.
“Mi avrebbe fatto comodo” aggiunse, battendosi una mano sulla protesi sferragliante.
Abitudinario pantofolaio, non rinunciava alla sua razione di caffeina nemmeno dopo tutto il trambusto della notte precedente. In effetti, ne trangugiava quantità tali che dormiva poco e nulla e aveva sempre un’aria allucinata. Si diresse nella minuscola cucina, dove iniziò a sminuzzare le compresse di caffeina da far bollire.
“Che farai, adesso?” gli chiese, mentre infilava la polvere nel bollitore.
“Voglio interrogarla, per vedere se riesce a darmi qualche indicazione sul mandante dell’attentato.”
Doc tornò con una tazza fumante di liquido scuro e denso, dall’odore penetrante.
“Ma lo sai che questa bevanda ha origini vecchie di quasi quarantamila anni? Mi chiedo se allora fosse buona come adesso.” Mandò giù un sorso dell’intruglio. Nowak aveva provato, una volta, e non aveva ripetuto l’errore.
“Comunque, dubito che la ragazza possa aiutarti: se volevano farla fuori, non avranno perso tempo a confidarle i dettagli. E’ possibile che nemmeno il Maestro sappia per chi ha lavorato.”
“E allora che devo fare?”
Doc si umettò le labbra e mandò giù un altro sorso.
“Aspetta. Lascia a Sahara il tempo di rimettersi, e dai anche tu un po’ di tregua a quella spalla, prima che ti si stacchi. Sei sopravvissuto alla caccia dei Marines, sai cose che non dovresti sapere e hai salvato qualcuno che ne dovrebbe sapere anche meno di te. Stai diventando un problema consistente: ti cercheranno loro.
Attento però: fin’ora ti hanno sottovalutato, ma potrebbero non ripetere l’errore ancora una volta. Stai pronto, sia a guardarti le spalle che a sfruttare l’occasione.”

“Chi è il maestro della tua setta?”
Sahara ci pensò su, incerta.
“Avanti, hanno cercato di ammazzarti, sei ancora fedele alle loro regole?”
“No, è che…Bhe, il maestro è noto solo come il Demiurgo, e ha fondato l’accademia sulla Terra, da cui hanno poi avuto origine le altre nel resto della galassia.”
Nowak era un po’ deluso della risposta, ma probabilmente era una di quelle associazioni così dedite al segreto che non dicevano granchè nemmeno agli allievi.
Sahara lo guardò.
“Mi dici che cosa dovremmo fare, adesso?”
“Aspettiamo, ci cercheranno loro.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Vogliono il mio autografo. Sto eludendo tutte le loro trappole e sto rovinando tutti i loro piani.”
“Ma chi sono questi “loro”?”
“L’inquisitore Malleus, direi, l’uomo che mi ha ingaggiato. Ma non so se sta agendo per iniziativa personale o per ordine di qualcuno.”
“Ma che interessi aveva a far assassinare una guardia d’onore? Poteva farla uccidere in battaglia, avrebbe destato meno sospetti.”
“Forse voleva trasmettere un messaggio a qualcuno…un messaggio parecchio forte…”
“Ma a chi? Ad un altro Space Marine? Non credo siano tipi da farsi impressionare da cose del genere.”
“Forse no, allora. Che ne pensi di qualcuno vicino al vessillario? Un familiare, magari?”
“Un regolamento di conti? Mi pare decisamente inverosimile.”
“Hai ragione, in effetti.”
“Forse il vessillario aveva scoperto qualcosa e stava per rivelarlo, magari a Calgar. La guardia d’Onore attende su Mcragge mentre il Maestro combatte in giro per la galassia: forse il vessillario attendeva un’occasione per comunicare con Calgar e non si è servito di trasmissioni per evitare le intercettazioni.”
“Ma cosa doveva dirgli di tanto importante?”
“Penso che il punto sia questo. Ammettiamo che l’Inquisitore abbia un segreto: che cosa potrebbe essere di così grave? E come avrebbe fatto il vessillario a scoprirlo?”
“Qualsiasi cosa sia, dovremo scoprirla anche noi.”
“E come pensi di fare?”
“Facciamo qualche ricerca nella biblioteca del governatore, magari troviamo qualche punto oscuro riguardo all’Inquisitore.”

“Inquisitore Malleus dell’Ordo Hereticus, trovato.”
La biblioteca era buia e fredda, silenziosa come una tomba. Era stato facile infiltrarvisi. Anche troppo.
Nowak non riusciva a scrollarsi di dosso una brutta sensazione, come un presagio. Era una sorta di pizzicorio: aveva sentito i peli sulla nuca drizzarsi. Si sentiva a disagio nella biblioteca illuminata appena dalle immani finestre gotiche, attraversate dalla luce delle stelle. Antichi tomi e scaffali di legno, legno vero, non sintetico, riempivano l’aria di un odore particolare, delicato e difficile da identificare: un odore che riassumeva in sé l’antica e venerabile conoscenza racchiusa in quelle migliaia di volumi. I passi dei due erano risuonati tra le complesse volte a crociera e le pareti imponenti, nonostante entrambi avessero fatto di tutto per essere silenziosi.
Avevano cercato per quasi un’ora prima di trovare il tomo adatto, e lo avevano scorso in modo febbrile prima di trovare quello che cercavano.
Sahara si mise a leggere in fretta, scorrendo con gli occhi una pagina dopo l’altra.
“Mmmh, guarda…” disse, avvicinando il libro a Nowak.
“C’è un buco di quasi cinquant’anni, in cui sembra che l’inquisitore sia sparito...”
“M41. 887 – M41. 931” lesse Nowak ”perché mi ricordo questa data? Ah, aspetta! E’ il periodo in cui la Lux Aeterna svanì nel Warp. Era una nave dell’ Ordo Hereticus di cui si persero le tracce per quasi cinquant’anni. Io avevo più o meno quindici anni quando sbucò fuori dall’Occhio del Terrore. L’unico sopravvissuto era un adepto dell’Ordo che aveva perso la memoria…”
Sahara tornò al resoconto sulla giovinezza dell’Inquisitore, che aveva saltato.
“Infatti qui dice che Malleus era un promettente adepto che perse la memoria all’età di trent’anni, in seguito ad un incidente durante un viaggio nel Warp, e tutt’ora non l’ha recuperata.”
“Malleus quindi è l’unico superstite della Lux Aeterna?”
“Così sembra.”
Nowak si mordicchiò il labbro inferiore.
“Supponiamo che l’Inquisitore abbia subito mutazioni o corruzioni psicologiche nel tempo che ha passato in balia del Warp. Pensi che sia possibile che i poteri perniciosi abbiano ripulito la sua mente, dopo averla corrotta, per permettere a Malleus di superare i controlli e i test psichici?”
“A dire il vero ne dubito: i test del genere sono minuziosi ed estremamente complessi: anche nella mia setta c’è un test del genere, anche se meno rigoroso: serve a verificare l’incorruttibilità e la solidità psicologica dei soggetti, un’eventuale leggerezza potrebbe causare l’impazzimento o il tradimento del soggetto in futuro, per esempio.”
“Allora Malleus sta agendo in buona fede? Secondo i dettami imperiali?”
“In che modo uccidere un eroe di guerra può favorire l’Imperium?”
“Ancora non sappiamo perché lo abbia ammazzato, comunque.”
“Sono convinta che non stia agendo per l’Inquisizione, deve essere corrotto, ma non so come. Deve centrarci la perdita della memoria sulla Lux.”
“Non sei lontana dalla verità, signorina” disse una voce estranea. I due saltarono in piedi, le spade in mano.
“in effetti, l’amnesia totale mi ha permesso di superare l’indottrinamento a cui ero stato sottoposto, ho superato i test semplicemente perché la mia mente era vuota, non trovarono tracce di corruzione perché non c’era nulla da corrompere. Avevo dimenticato tutto, persino il mio nome, e su quel deserto potei costruire idee più lungimiranti e vaste della ristretta e ottusa fede nel defunto Imperatore.”
Malleus allargò le braccia, sorridendo soddisfatto:
“è divertente studiare la stupidità dei cosiddetti fedeli: la fede è uno spauracchio per i popoli, un’ossessione per gli Space Marines, uno dogma per l’Inquisizione…è tutto così ristretto e limitato, superficiale e affrettato: gli dei del Chaos sono più comprensivi, generosi, intraprendenti! Compi un sacrificio per l’Imperatore, e cosa ottieni? Un altro fardello, ancora più gravoso. Ma cosa si guadagna a lavorare per gli dei del Chaos? Potere, conoscenza, controllo su tutto e tutti! E’ meraviglioso, e voi siete così ridicoli mentre vi affrettate a compiacere il vostro amato cadavere assiso…”
Nowak e Sahara si separarono e si mossero lentamente verso l’Inquisitore, per prenderlo da due lati.
Dovevano continuare a farlo parlare, prendere tempo…
“Perché il vessillario?”
“Il vessillario? L’onorato fratello Artorius si era avvicinato un po’ troppo alla verità. Sapete, l’Ordo Hereticus non si fa molti problemi a giustiziare i suoi stessi membri, in caso di eresia, e ovviamente non ero interessato a essere bruciato in una camera ardente. Avevo intenzione di cominciare a diffondere la mia personale versione della teologia imperiale tra la popolazione civile, scatenare una rivolta: quel genere di avvenimenti per cui i miei signori nutrono una particolare simpatia. Ma sfortunatamente sono stato poco accorto: avevo progettato di iniziare a “re-indottrinare” anche i militari di presidio sul pianeta, ma alcuni ottusi e rigorosi ufficiali non sono stati in grado di vedere la lungimiranza del mio progetto, e hanno deciso di avvertire le autorità. Sono stati timorosi, però, hanno esitato: essendo io stesso un Inquisitore, hanno deciso di non rivolgersi al mio ordine, contattando direttamente gli Astartes. Così si sono rivolti al vessillario delle guardie d’onore: il Marine più vicino a Calgar che avessero a portata di mano, dato che i vari Bibliotecari e Cappellani sono sparpagliati per la galassia a farsi massacrare in nome dell’Imperatore.
Il resto lo sapete, direi: dovevo eliminare il vessillario, senza destare troppe attenzioni su quest’ultimo e evitando le indagini sul caso fornendo il colpevole su un piatto d’argento agli Astartes, e contemporaneamente inviare un messaggio a quei zelanti ufficiali che avevano quasi mandato all’aria il mio piano. Cosa c’era di più plausibile di un fallito attentato a Marneus Augustus Calgar, signore di MacRagge? Povera sfortunata guardia d’onore! Nessun movente, nessuna indagine sulla storia della vittima: isteria temporanea, onore e gloria allo sfortunato, e la storia finisce qui. Ma voi due avete continuato con ostinazione a sfuggirmi. Ma non importa, ora me ne occuperò di persona e troverò un modo di giustificare la vostra morte. Molto bene signore e signora, penso che il nostro colloquio sia finito.”
Detto questo alle sue spalle scaturirono dal marmo del pavimento due cerchi di fiamme, da cui uscirono due enormi demoni.
Si gettarono addosso a Nowak e Sahara mulinando artigli falcati e tentacoli coperti di spuntoni, ruggendo e vomitando fiamme multicolori.
Nowak si mise a volteggiare e piroettare attorno al suo avversario, in cerca di un varco nella sua guardia, ma la creatura si muoveva in continuazione sferzando l’aria con i numerosi arti, e già lo schivarne i colpi e i getti di fuoco liquido lo impegnava abbastanza. Sahara era nella stessa situazione.
Nowak tranciò un tentacolo del demone e quello rispose, adirato, vomitando un enorme muro di fuoco rosa, che lui schivò per miracolo. Le fiamme lambirono gli scaffali e i libri, che presero immediatamente fuoco. In pochi istanti, l’intero scaffale era in fiamme e pagine di libri volteggiavano ardendo nell’aria.
Nowak sferrò altri colpi alla creatura, la cui carne demoniaca sfrigolava a contatto dell’arma potenziata: dalle ferite usciva fumo grigio e denso e sangue acido dall’odore nauseabondo. Il demone era folle di dolore e avanzava senza controllo mulinando lame e aculei. Ma le ferite e gli arti persi avevano reso i suoi attacchi meno fulminei e la sua guardia meno solida. Nowak ne approfittò, saltando contro il busto informe nel demone e aggrappandosi alle sue spalle. Gli sferrò una serie di coltellate agli occhi e la bestia ruggì, irrorando altri scaffali di fiamme, cieca e folle di dolore, e si mise a correre senza vedere dove andava. Nowak sfruttò il proprio peso per far inclinare la bestia, aggiustandone la direzione.
Quando l’altro demone se ne accorse, fu troppo tardi: Sahara e Nowak saltarono via appena in tempo, e i due demoni si scontrarono in un turbinio di arti informi, abbattendo uno scaffale in fiamme che rovinò sopra di lorò. I due giovani si gettarono tra le fiamme e finirono le bestie prima che potessero rialzarsi.
Si guardarono intorno: la biblioteca bruciava in un inferno ruggente di fuoco. Non c’era traccia dell’Inquisitore. La via d’uscita era bloccata da scaffali crollati, l’aria era incandescente e satura di fumo.
Una trappola: se non li avessero uccisi le fiamme, lo avrebbe fatto il fumo o il calore, che stava rapidamente diventando insopportabile dato che le fiamme trovavano sempre nuovi scaffali di legno secco e stagionato, nuovi libri di pergamena pronta ad attecchire.
Per un folle attimo, Nowak rimpianse la quantità di conoscenza perduta per sempre.
Non c’era via d’uscita, tranne una finestra.
Prese Sahara per mano e corse verso l’unica via di fuga, sparando all’impazzata verso le solide lastre di vetro con la pistola laser. Scaricò l’arma contro il vetro senza riuscire a romperlo: lo ricoprì di crepe sottili.
Sarebbe dovuto bastare.
Mentre il calore gli bruciava la pelle e l’aria incandescente gli riempiva i polmoni, saltò verso la finestra.
Il vetro crepato dalle vampe laser e dal calore esplose quando lo colpì, e le schegge lo ricoprirono di tagli e ferite. Per la seconda volta in pochi giorni precipitò per parecchi metri, atterrando ancora sulla spalla sinistra.
La ragazza era atterata poco lontano da lui, con maggiore grazia e evitando di farsi maciullare dalle schegge di vetro. Dai suoi vestiti si sollevavano riccioli di fumo.
Boccheggiarono, mentre le fiamme continuavano la opera di distruzione. Altre finestre esplosero per il calore. Nowak inalava avidamente aria fresca, ignorando le centinaia di tagli e il dolore lancinante alla spalla sinistra.
Sahara lo scrollò per le spalle, facendogli vedere le stelle.
“Forza! Dobbiamo andare, verrà sicuramente qualcuno!”
“E troverà i vostri cadaveri”.
Nowak si rialzò a fatica. Aveva perso la spada. Sguainò il pugnale, dubitando di poter affrontare chicchessia.
Sahara si preparò a combattere nuovamente.
“Voi due vi ostinate a sopravvivere…avrei dovuto farlo prima”
Sollevò il bastone e spazzò via entrambi con una folata di vento Warp. Sahara atterrò con grazia, Nowak no, ma si rialzò a fatica e si mise a correre. Istintivamente adottarono la stessa tattica di prima: prenderlo da due lati. L’inquisitore bloccò Sahara con un muro di fiamme, ma Nowak gli saltò addosso, brandendo il pugnale. Colpì solo aria. L’Inquisitore sparì e ricomparve e qualche metro di distanza, mentre Nowak recuperava l’equilibrio, in tempo per essere steso da un’altra raffica di vento.
Malleus si preparò a colpire ancora, ma venne attaccato da Sahara e fu costretto a difendersi parando con il bastone i furiosi affondi della ragazza. Era vulnerabile e Nowak gli corse incontro, ma quello sparì di nuovo ricomparendo subito dietro la ragazza. La fece cadere a terra con un calcio su un ginocchio e tentò di finirla con il bastone, ma lei saltò agilmente via. Si voltò per affrontarla e in quel momento, Nowak gli affondò il pugnale nella schiena.
L’Inquisitore cadde in ginocchio urlando e si voltò emettendo ondate di vento ruggente e infuocato. Nowak volò a parecchi metri di distanza, ferendosi su una scheggia di vetro conficcata nel terreno. Una scheggia affilata, anche troppo. La osservò meglio alla luce dell’incendio: la sua spada.
La sfilò dal terreno e la brandì mentre caricava il suo nemico, prostrato e urlante.
“Raggiungi i tuoi dei!” sibilò, affondando la lama.
Ma quello si alzò di scatto, deviando l’attacco e torcendogli la mano. Nowak grugnì e lasciò l’arma, cadendo a terra.
“Raggiungi tu il tuo” disse l’Inquisitore, inchiodandolo al suolo con la sua stessa arma.
Il mondo di Nowak esplose in un’ondata di dolore inaudito, che durò solo un secondo, prima di perdere conoscenza. Fece appena in tempo a vedere una vibrospada C’tan spuntare dal petto dell’Inquisitore.

“Ti dovrebbero pagare gli straordinari, sai?”
Nowak teneva gli occhi chiusi e versava in uno stato di sofferenza permanente. La ferita all’addome e i numerosi tagli pulsavano dolorosamente, la spalla sinistra era disintegrata, gli faceva male respirare e gli occhi gli bruciavano, ma era vivo.
Sahara lo aveva portato via appena in tempo, prima che arrivassero le forze dell’ordine.
I Marine avevano diffuso la notizia dopo qualche giorno: il mandante del fallito attentato a Marneus Calgar era spirato nell’incendio. Non dissero che era un membro dell’Inquisizione. Semplicemente giustizia era fatta. Che il colpevole fosse Malleus era palese: la tracce psioniche che aveva lasciato evocando demoni e fiamme erano così forti che i bibliotecari avevano i brividi, e inoltre un uso così intenso dei poteri perniciosi aveva iniziato a trasfigurare le sembianze dell’ex-Inquisitore. Tutto è bene quel che finisce bene, o almeno così dicevano gli Astartes. Non invitarono nessuno a ritirare una ricompensa per l’uccisione del traditore, né espressero commenti a riguardo. Ne presero atto e affidarono il caso alla burocrazia labirintica dell’Imperium. Ne sarebbe uscito entro tre o quattromila anni, completamente distorto e molto poco attendibile.

“E adesso che farai, Sahara?”
La ragazza era rimasta insieme a loro, assistendo Doc nei giorni che Nowak passò sospeso tra la vita e la morte.
“Bhe, sono una rinnegata della mia setta, non ho dove andare.”
“Puoi restare con me, se vuoi: mi farebbe comodo una mano.”
Sahara fece un sorrisetto dall’aria pericolosa, ma non disse nulla.


Ultima modifica di Boldro il Ven Dic 25, 2009 11:07 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeVen Dic 25, 2009 9:03 pm

se i giudici me lo consentono, vorrei aggiungere un piccolo corollario alla storia. mi è venuto in mente solo adesso (pensate che mente XD) che i pochi accenni al passato di Nowak e Altan posso risultare contraddittori. questo perchè in realtà è molto tempo che stavo costruendo una storia del genere (non avete idea di quante "riscritture" ci siano state^^) e il passato dei due fratelli è abbastanza contorto. questo corollario dovrebbe servire per chiarire meglio il passato dei due personaggi.

nella storia, troviamo Altan e Nowak che hanno rispettivamente circa 40 e 30 di anni.
Nowak è sempre stato il tipico adolescente ribelle, condizione inasprita dalla morte del padre, coinvolto in uno scontro a fuoco tra gang rivali (la madre era morta mettendolo al mondo). rimasti da soli, i due fratelli hanno tirato a campare alla buona (avevano rispettivamente 10 e 20), finchè, 2 anni dopo, Altan non è stato chiamato al servizio di leva obbligatoria (che era stato ritardato il più possibile a causa della condizione familiare dei due). rimasto da solo, Nowak ha abbandonato la minuscola dimora e ha iniziato a girovagare per la sua città, diventandone un esperto conoscitore. passano pochi mesi, e Nowak si ritrova a passare per caso in un locale (non dissimile da quello di Jackal), dove si imbatte in due uomini che giocano d'azzardo. notando come uno stesse imbrogliando, avverte l'altro, che per ringraziarlo lo salva dal linciaggio ad opera dell'avversario ed i suoi amici, e lo prende con sè. è il mercenario a cui si accenna nel racconto, e Nowak rimarrà con lui per 10 anni e qualche mese, fino alla morte del suo mentore, che lo lascia padrone di una modesta quantità di denaro e della spada potenziata. avendo vissuto ai limiti della legge per tutto quel tempo, Nowak ha evitato tutti i censimenti imperiali, pertanto risulta morto. questo gli consente di evitare la leva militare, che lui sceglie comunque di auto-imporsi in via non ufficiale, visitando i fronti che vedono coinvolte le guardie imperiali per andare a cercare il fratello. passano tre anni, durante i quali Nowak cerca di scoprire dove sia stato inviato Altan. lo troverà con un colpo di fortuna, ricevendo per caso una voce sul reggimento di cui fa parte il fratello. Nowak scopre che Altan è diventato medico da campo, riuscendo così a realizzare parzialmente il suo sogno di aiutare le persone. L'incontro tra i due fratelli è tragico: facendosi largo tra i resti del reggimento in fuga, Nowak setaccia il campo di battaglia, ritrovando il fratello mezzo morto e senza una gamba, staccata da un colpo di artiglieria esploso poco lontano. Trascinatolo via, lo affida ad un medico civile (uno dei medici non ufficiali di cui si servivano le onnipresenti gang) che paga con tutto il proprio denaro.
i due fratelli tornano quindi a casa, senza che nessuno si faccia troppi problemi per la diserzione di Altan (il numero di guardie morte ogni giorno è incalcolabile, e molti compagni di Doc lo avevano visto in un lago di sangue), e li ritroviamo in questa situazione per qualche anno, prima della vicenda raccontata, durante i quali i due si costruiscono una vita relativamente tranquilla: Nowak si ricicla come cacciatore di taglie e Altan riesce a procurarsi degli approssimativi strumenti da medico, guadagnandosi da vivere come dottore nei bassifondi della città.

se i giudici considerassero questa appendice come un'infrazione delle regole (è un errore dare per scontate troppe cose, dopotutto...), basta avvertire e la cancellerò all'istante.


Ultima modifica di Boldro il Ven Dic 25, 2009 10:30 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeVen Dic 25, 2009 10:23 pm

Allora non trovo per niente inopportuna la tua aggiunta, in effetti chiarisce alcuni aspetti del racconto e alcni punti oscuri, per me nessun problema. Sai cosa però? Rivelando parte della loro storia si perde anche un pò del mistero intorno ai personaggi, soprattutto il dottore, avrei visto bene la rivelazione di queste cose in un sequel con magari dei flashback sul loro passato. Ovviamente mio personale parere.

Il racconto l'ho trovato niente male anche se su alcune cose si potrebbe lavorare di più. Molto avvincente in alcuni punti cosa non facile da rendere, soprattutto risulta riuscita l'empatia che si crea con il protagonista.
Magari aggiungerò un paio di personali considerazioni ma dopo la votazione. Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro 176360
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeVen Dic 25, 2009 10:27 pm

è vero, però ho pensato che dire "era un cacciatore di taglie da 15 anni" e poi dire che ha salvato il fratello in battaglia può sembrare contraddittorio per uno che non conosce la storia. magari per un eventuale sequel parlerò di più del passato, arricchendone il contenuto: era solo per fornire qualche coordinata in più.
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeGio Gen 07, 2010 2:56 pm

davvero davvero ma davvero bello!!!! ne sono rimasto entusiasta!!!


corretto ^^


Ultima modifica di djbens90 il Gio Gen 07, 2010 3:03 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeGio Gen 07, 2010 3:01 pm

entusiastA comunque XD

grazie mille^^
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MessaggioTitolo: Re: Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro   Aedo Zendriano II - "Bounty Hunter" - Boldro Icon_minitimeGio Gen 07, 2010 3:15 pm

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