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| Racconti del Contest | |
| | Autore | Messaggio |
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ilcappellaio Utente
Età : 35 Messaggi : 1512
| Titolo: Racconti del Contest Dom Lug 31, 2011 1:33 pm | |
| Non so se siano già stati pubblicati o meno, quindi li agevolo qui per il resto della community. - Spoiler:
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Freddo. Era l’ unica cosa che Raethiek sentiva. Freddo. Non avrebbe mai creduto fosse possibile provare un gelo simile. Eppure, il dolore che provava in ogni muscolo lo aiutava a tenersi sveglio, a non soccombere alla spossatezza che lo stava invadendo. Avanzava, piegato in due per contrastare il vento, perso nella tormenta. Avanzava, poiché non aveva altra scelta: andare avanti o morire assiderato. Imprecò per l’ ennesima volta, maledicendo la malasorte che gli aveva scatenato addosso quella bufera proprio quando si trovava, isolato dai compagni, in cerca di qualche animale da cui ricavare un pasto più sostanzioso di quello che offrivano le scarse scorte di carne secca del suo reggimento. Il vento gli tagliava la faccia, e dove l’ elmo gelido era in contatto con la pelle del viso si erano prodotte fastidiose escoriazioni. Non vedeva a più di cinque metri davanti a sé, e aveva completamente perso l’ orientamento. Dopo migliaia di anni di vita guerriera, di battaglie, morte, sangue, vittorie, sconfitte, stava soccombendo sotto la furia degli elementi. Un altro passo, nella neve alta fino alla cintola. Un altro. Un altro ancora. Avanzò lentamente, per un tempo indefinibile, sospeso in un limbo nevoso e gelato di spazio infinito. Lentamente, le forze cominciarono ad abbandonarlo. Controllare i suoi muscoli intorpiditi era sempre più difficile, e richiedeva ormai tutta la sua forza di volontà. Poi, quando Raethiek era ormai sull’ orlo dell’ oblio, gli parve di sentire una voce nel vento. Allora alzò gli occhi e vide, davanti a sé, una parete rocciosa e, nella parete, una fenditura. Incredulo, non osando sperare nella salvezza, l’ Elfo Oscuro si sforzò di continuare a lottare, e riprese ad avanzare verso la spaccatura. A fatica, arrivò all’ entrata di quella che si rivelò essere una grotta abbastanza spaziosa, e barcollando riuscì ad entrare. Dentro era buio, ma presto i suoi occhi si abituarono all’ oscurità. La grotta era poco profonda, alta circa due metri, e la stretta via d’ accesso prometteva una certa protezione dalla furia degli elementi. Inoltre, era già occupata. Un Alto Elfo, ritto in piedi sopra una spessa pelliccia su cui evidentemente stava sdraiato prima del suo ingresso, lo fissava impugnando un affilato coltello da caccia. Raethiek notò l’ arco che poggiava su una parete della grotta, di fianco alla carcassa di una lepre, e capì che quell’ elfo era uno dei tanti cacciatori di Chrace, sorpreso dalla tempesta esattamente come lui. Raethiek ebbe un singulto, una risata che uscì sotto forma di tosse secca. Prima di crollare svenuto al suolo, ebbe il tempo di notare che dallo sguardo del giovane Alto Elfo non traspariva il solito odio, ma un’ altra emozione…paura, forse, eppure la sua espressione aveva un che di incuriosito. Cadde pesantemente, faccia a terra, e capì che non aveva la forza per fare alcunché. Sarebbe morto nel sonno, con la gola tagliata. Il nero sipario dell’ oblio scese su di lui.
Inaspettatamente, si risvegliò. Aprì cautamente le palpebre, e la prima cosa che sentì fu un gradevole calore, che gli investì il volto. Lentamente, ricordò cosa gli era successo e mise a fuoco l’ ambiente circostante. Era nella grotta, ora riscaldata da un piccolo falò che la illuminava in modo incostante e tremolante. La tempesta, fuori, infuriava più violentemente che mai, e il vento produceva un continuo, lugubre ululato di sottofondo. Il giovane alto elfo, infagottato in un angolo, dormiva. Grande fu lo stupore che Raethiek provò, quando capì che gli effetti dell’ assideramento se ne erano andati. Nella gambe avvertiva ancora il tipico calore che si prova quando il sangue riprende il circolo in un arto gelato. Si mise a sedere, stringendosi addosso il pesante mantello, e si chiese cosa diavolo stesse succedendo. Svenendo, era rimasto alla mercé del giovane, che sicuramente aveva capito al volo che lui era un Elfo Oscuro e che era a Ulthuan per fare razzie, e quello invece di ucciderlo gli aveva salvato la vita. Di più, si era messo a dormire. Raethiek pensò per un attimo che avrebbe potuto sgozzarlo e assicurarsi la sopravvivenza grazie alla sua carne e alle sue coperte, ma, stranamente, quel pensiero gli apparve immediatamente inaccettabile. Che diavolo gli stava succedendo? Per millenni aveva combattuto in gran parte del mondo conosciuto e sconosciuto, razziando, uccidendo, torturando, senza curarsi delle vite che spegneva, come del resto era giusto che fosse per un elfo oscuro. Eppure, ora provava riluttanza a uccidere quel singolo giovane sprovveduto che gli aveva incautamente salvato la vita. Non si trattava certo di riconoscenza, o compassione, o di qualsiasi altra sensazione riconoscibile. Semplicemente, sentiva – e quel sentire si stava rapidamente trasformando in certezza – che uccidere quel giovane alto elfo sarebbe stato sbagliato, e non riusciva a spiegarsi il motivo di quell’ improvvisa percezione. Decise di seguire, almeno per il momento, quella nuova e sconosciuta sensazione, dicendosi che se l’ alto elfo l’ aveva risparmiato, difficilmente lo avrebbe ucciso mentre dormiva. Cedette quindi allo sfinimento, addormentandosi quasi istantaneamente, e dormì fino alla mattina seguente, quando fu svegliato dalla luce che invadeva la caverna. Alzantosi faticosamente, Raethiek si accorse di essere rimasto solo. Affacciandosi dall’ entrata della caverna, vide una lunga scia nella neve, lasciata dal giovane cacciatore. Fuori, non c’ era più alcun segno della tormenta del giorno prima. Non fosse stato per la scia rivelatrice nella neve, l’ elfo oscuro avrebbe pensato di aver incontrato uno spirito, il giorno prima. Inoltre, la strana sensazione che aveva provato il giorno precedente se n’ era andata, lasciandolo turbato e perplesso. Si chiese, di nuovo, perché avesse risparmiato la vita all’ alto elfo, e, di nuovo, non seppe rispondere. Si vestì con la sua armatura leggera, imbracciò la balestra a ripetizione (che il giorno precedente aveva tenuto al riparo dalla neve) e cominciò a seguire cautamente le orme dell’ alto elfo, con l’ intento di scoprire il suo villaggio e ricongiungersi ai suoi compagni per razziarlo. Seguì le tracce nella neve per tutta la giornata, prendendo ogni possibile precauzione contro eventuali imboscate. La pista lo condusse lungo una stretta valle di montagna,su cui incombevano alte montagne. Non era un’ Ombra, ma seppe mascherare bene la sua presenza, e salì spesso su alberi irrigiditi e contorti per osservare i dintorni. Era ormai pomeriggio inoltrato quando arrivò nei pressi del villaggio del giovane, e fu allora che udì il corno da guerra degli elfi oscuri risuonare e riverberare lungo tutta la vallata, simile ad un mostruoso, lugubre muggito. Raethiek affrettò il passo, giungendo rapidamente in cima ad una bassa collina. Sotto il suo sguardo si rivelò un’ ampia vallata, al cui centro sorgeva il villaggio degli alti elfi. Alle spalle del villaggio si innalzava una ripida parete di roccia, e un boschetto di alberi scuri e smorti ne cingeva i lati. Dall’ unico lato spoglio di ostacoli avanzavano rapidi i predoni elfi oscuri, pregustando una facile razzia. Corsari, balestrieri e cavalieri oscuri, in tutto una cinquantina, calavano sul villaggio, che ai loro occhi era solo un ammasso di casupole indifese. Raethiek, invece, capì subito che il villaggio non era affatto sguarnito. Dalla sua posizione, poté vedere che tutto intorno al centro abitato sorgevano tende, del tipo che usavano gli eserciti nei loro spostamenti. Considerando la provenienza dei predoni Druchii, Raethiek capì al volo che la maggior concentrazione di tende era nascosta ai loro occhi, e capì anche che Thanart, il loro comandante tronfio e orgoglioso, non si era curato di mandare le Ombre in avanscoperta. Imprecando, Raethiek cominciò a correre verso le linee degli elfi oscuri, ma sapeva che ormai il disastro era inevitabile. Gli elfi oscuri, durante una razzia, perdevano ogni disciplina e ogni capacità di ragionare a mente fredda, affogando entrambe nel sangue delle loro prede. Difatti, presto i Cavalieri Oscuri spinsero i cavalli al galoppo, smaniosi di cominciare la carneficina, e i guerrieri appiedati dietro di loro affrettarono il passo, perdendo coesione. Gli elfi oscuri cominciarono a ululare e a gridare e sciamarono nel villaggio, abbattendo porte e facendo irruzione nelle case, cercando abitanti che non trovarono. Fu allora che gli alti elfi (avvertiti della presenza di elfi oscuri nei dintorni dal giovane cacciatore che aveva salvato Raethiek) lanciarono la loro controffensiva. Inizialmente, i Druchii vennero presi di sorpresa, in piccoli gruppi, dai nemici più numerosi, e non poterono fare altro che soccombere. Poi, gli elfi oscuri si resero conto della presenza dei guerrieri nemici, e gli ufficiali richiamarono i soldati all’ ordine, tentando faticosamente di riorganizzarli in uno spiazzo al centro del villaggio, ma gli alti elfi, ormai altrettanto eccitati dei loro nemici, piombarono loro addosso. Il combattimento degenerò rapidamente in una violenta e disordinata rissa, senza reggimenti allineati o piani di battaglia. Gli alti elfi accorrevano da tutte le parti e si sparpagliavano tra le casupole, per poi unirsi al combattimento nello spiazzo centrale. Ugualmente, i Druchii scampati ai primi assalti si dirigevano verso il rumore dello scontro. Fu questo il caos in cui piombò Raethiek. Lanciò alcuni dardi con la balestra, poi estrasse la spada e si gettò nella mischia. Schivò l’ affondo di un lanciere, che venne sventrato da un corsaro urlante. Parò un fendente di un altro lanciere, rispose con un rapido affondo vanificato dallo scudo, parò ancora, fintò e colse l’ alto elfo al fianco, trafiggendolo. Raccolse da terra uno scudo, con cui parò alcuni colpi di spada sferrati da un arciere che infilzò facilmente allo stomaco. Ruotò il polso per estrarre la lama della spada dalla carne del nemico, poi si riparò con lo scudo dal colpo devastante dell’ ascia di un Leone Bianco di Chrace. Lasciando andare la spada, estrasse rapidamente il pugnale e si gettò addosso all’ alto elfo, che venne però colpito alle spalle da un balestriere, che a sua volta venne decapitato da un altro Leone Bianco. Quest’ ultimo si scagliò contro Raethiek, urlando e roteando l’ ascia in un selvaggio fendente. L’ arma penetrò tanto in profondità nello scudo che ferì il braccio dell’ esperto balestriere, il quale ebbe buon gioco nel colpire il Leone Bianco mentre la sua arma era incastrata. Lasciando andare lo scudo ormai inutilizzabile Raethiek fece qualche passo indietro, raccolse una picca e la usò per tenere a bada due avversari, poi passò al contrattacco infilzandone uno e parando l’ affondo dell’ altro con il lungo manico. Pochi attimi di duello serrato e anche il secondo assalitore cadde al suolo senza vita. Ansimando, Raethiek si rese conto che gli alti elfi si stavano ritirando rapidamente. Nonostante la loro imprevista resistenza, la ferocia dei Druchii aveva avuto la meglio, così almeno credette in un primo tempo. Poi sentì il corno alla sua sinistra e si voltò, vedendo con terrore i cavalieri, gli Elmi d’ Argento, che piombavano addosso alla disordinata massa dei superstiti elfi oscuri, travolgendoli e infilzandoli sulle punte delle loro lance. Raethiek affondò disperatamente la picca nel ventre di un cavallo, ma l’ impeto di questo fu tale da sbalzarlo violentemente indietro. Rialzandosi, le sue dita trovarono istintivamente l’ impugnatura di una spada, con cui tagliò i tendini di un altro cavallo e uccise il suo cavaliere. I picchieri, gli arcieri e i Leoni Bianchi degli alti elfi, dopo la loro finta ritirata, caricarono violentemente gli ultimi elfi oscuri, che sbandarono e fuggirono in una rotta disastrosa, inseguiti, raggiunti e uccisi dai più veloci Elmi d’ Argento. Raethiek riuscì a uccidere un cavaliere e a salire in sella, ma non fece tempo a voltare il cavallo e a scappare. Una freccia dall’ impennaggio bianco affondò nel ventre dell’ animale, che si impennò violentemente. Raethiek rovinò pesantemente al suolo, si rialzò rapidamente e venne subito assalito da due avversari. Trapassò il primo con la spada, e urlando furiosamente buttò il suo cadavere addosso all’ altro, facendolo cadere a terra e squarciandogli la gola con il pugnale. Raethiek si trovò allora a fronteggiare un solo avversario: il giovane alto elfo che lo aveva salvato dalla tormenta. I due si squadrarono per un lungo, intenso istante. Raethiek era armato solo di pugnale, il giovane aveva lancia e scudo, probabilmente tolti a qualche cadavere, ma l’ elfo oscuro era molto più esperto, e fidando in questo partì all’ attacco, invocando Khaine.
Luthen non era un guerriero. Ma non era neanche uno stupido. Appena l’ elfo oscuro si gettò verso di lui, capì che l’ esperienza dell’ altro avrebbe sicuramente avuto la meglio, se non si fosse inventato qualcosa. Si lanciò urlando contro il suo avversario, tenendo lo scudo aderente al corpo e la lancia puntata verso il petto del nemico. Il Druchii deviò la lancia con il pugnale, poi si scagliò sullo scudo e lo afferrò, in modo da tenersi attaccato a Luthen e rendere così inutile la lunga e ingombrante lancia. Per tutta risposta, Luthen lasciò andare la lancia, afferrò il suo coltello da caccia e tagliò le cinghie che gli tenevano il braccio legato allo scudo. L’ elfo oscuro, rimasto aggrappato ad esso, perse improvvisamente l’ equilibrio e cadde a terra. Prima che si potesse rialzare, Luthen gli si gettò addosso e lo trafisse con il suo coltello. L’ elfo oscuro urlò di rabbia e dolore, e cercò di rialzarsi. Luthen lo colpì ancora, stavolta al cuore, e quello sussultò e smise di muoversi. Rialzandosi, Luthen contemplò ansimando il cadavere dell’ elfo oscuro. Era la sua prima vittima, e solo il giorno prima gli aveva salvato la vita. Che senso aveva tutto questo? Si sedette, osservando i suoi compagni sciamare tra i caduti, finendo quelli ancora vivi, mentre più lontano i guerrieri inseguivano i predoni fuggitivi, mietendo altre vittime. Aveva sempre immaginato la guerra come un combattimento ordinato, con delle cause e degli scopi ben definiti. Andare a combattere per difendere la propria casa, per servire il proprio popolo. Invece era solo massacro. In quella battaglia aveva visto come tutti si erano abbandonati alla frenesia della lotta, gioendo delle loro uccisioni, come era successo a lui quando aveva ucciso quel Druchii. Aveva sentito di aver superato una prova, di essersi dimostrato superiore, migliore….più adatto a sopravvivere, e ne aveva gioito fin nel profondo. Aveva anche capito che la guerra tra elfi oscuri e alti elfi aveva radici profonde; la tregua intesa tra lui e il Druchii che aveva salvato era stata solo un’ illusione, un miraggio nella tempesta. Restò lì, a riflettere su quello che aveva scoperto e provato, finché non arrivò il vecchio Melthean, la figura di riferimento del villaggio, l’ anziano saggio che tutti interrogavano per risolvere i propri dubbi. Solo due giorni prima, mentre stava per partire per la caccia, gli aveva confessato che la guerra gli faceva paura, e che pensava di andare in città per diventare uno studioso, o un medico. Ora, gli occhi del vecchio sembravano porgli una domanda ben precisa. Sospirò. “Melthean” disse “pensavo di chiedere al comandante di portarmi con lui.” Per combattere.Nella mia corta vita...~di KikiJiki~Nella mia corta vita non sono mai stato una persona ponderante, anzi non mi sono mai posto problemi e raramente la mia mente si è trovata a chiedersi il perchè delle cose. Soltanto negli ultimi tempi sono stato oppresso dalle orrende spire del mostro che noi uomini chiamiamo pensiero, ma che potrebbe benissimo essere chiamato in modo diverso da chiunque creda in Dio o in Satana. Il mondo mi appariva mutato, a tratti un meraviglioso luogo onirico ed estatico ed a tratti un tetro luogo infernale, colmo di orribili visioni e di angoscianti pensieri. Ero una di quelle che persone che non amava particolarmente il rapporto con altri esseri umani, di qualunque sesso o nazionalità essi fossero. Preferivo la compagna di pochi, selezionati amici piuttosto che la confusione della moltitudine, e quando mi ritrovavo costretto ad essere in mezzo a gente sconosciuta il nervosismo e la repulsione pervadevano il mio corpo rubando il posto alla mia caratteristica indole flemmatica.. La maggiorparte delle volte preferivo addirittura la solitudine. È qui, in questo inquieto stato di surrogato dell'esistenza (o forse nel suo stesso cuore pulsante; ancora non sono arrivato alla conclusione di questo quesito) che gli ingranaggi del mio pensiero si mettevano in moto e i miei più reconditi e lontani pensieri prendevano luogo al posto di fiorenti immagini reali, sussurrandomi nelle orecchie orride frasi e riempendo la mia testa di insopportabile turpiloquio, che rimaneva senza risposta scavando lentamente la mia scatola cranica. In realtà, leggendo questo confusionario sommario, al lettore potrebbe sbagliatamente pervenire l'idea che il mio stato d'animo attuale è particolarmente negativo. Sarebbe stato a me fargli capire che non è così, ma non essendoci riuscito mi trovo costretto ad inserire questa breve interiezione. Poco tempo fa, in uno di quei momenti in cui mi ritrovavo in mezzo ad altre persone (che erano abbastanza frequenti, nonostante non li gradissi particolarmente), trovai di fronte a me quella scintilla che illuminò la mia mente oscurata dal dubbio e dalle domande. Gli ingranaggi del mio pensiero cominciarono a scorrere più liberi, senza legami, o almeno io li percepii così (può darsi anche che in quel momento si siano fermati del tutto). Davanti a me apparve una visione meravigliosa, della stessa essenza di ciò che dev'essere l'anima. Emanava una luca purpurea, che penetrava in tutti i recessi del mio corpo facendomi sentire estasiato dalla sua stessa esistenza. La mia mente, affascinata da tanta magnificenza, si elevò quanto più vicino possibile a ciò che i cristiani chiamano Dio; solo così riesco a definire lo stato di estasi che ancora mi pervade quando i miei pensieri o i miei occhi ritornano su quella persistente visione angelica. Le mie giornate, da allora, mutarono totalmente. Cominciai a guardare la gente sotto un altro punto di vista; nonostante continuassi ad avere una certa repulsione per quella bolgia infernale della moltitudine iniziai ad amare la compagna di un gruppo più largo di persone, scoprendomi anche una persona migliore di quanto io stesso, dopo aver scavato a lungo dentro di me, avessi mai scoperto. Molti, adesso, mi considerano una persona fuori dal comune; non si può dire che io sia scontento di questo, considerato lo stereotipo dell'essere umano (alquanto di basse pretese, a mio parere), e non si può nemmeno dire che io abbia mai desiderato di essere una persona come tutte le altre. Mi fa piacere il fatto che, quando parlo dei miei pensieri, ci sia gente che rida e gente che ascolta attentamente, mi fa capire quanto sia vario il mondo. Ho illustrato in maniera più semplice possibile il mio ego, ed il lettore, a questo punto, si potrebbe chiedere perchè io non mi sia ancora presentato; sappia egli che non lo farò, per non distogliere i suoi pensieri da quanto ho scritto e per non distrarre la visione della mia interiorità con la spudoratezza dell'estetica. Ora che ho terminato quanto avevo da dire, posso raccontare a chiunque abbia voglia di ascoltare il motivo per cui sto scrivendo. Non che ci sia nulla di eccezionale in esso, ma mi piacerebbe condividere con qualcun altro i fatti accaduti. Magari essi potrebbero sembrare banali (o addirittura patetici), ma assicuro a chiunque stia leggendo che se li avesse visti dal mio punto di vista li avrebbe considerati in maniera ben diversa. Ero seduto su una sedia di plastica, non diversa da molte altre trovate nei locali di comune frequentazione, di fronte al Cavallino (era questo il nome del locale in cui io ed una compagna di amici avevamo appena ordinato da bere). Altre cinque persone, intorno a me, avevano di fronte bevande alcoliche di svariata provenienza, mentre altre due si approntavano a bere una bevanda senza alcun contenuto di alcun tipo di alcohol. Vicino alle mie mani, poggiato su un tavolo di alluminio quasi uguale a quello a cui era accostato e intorno al quale erano seduti quattro del nostro gruppo, giaceva un bicchiere pieno quasi fino all'orlo di rum, mischiato con foglie di menta, ghiaccio e vari spicchi di lime. Portandomelo alla bocca scostai con la lingua una foglia di menta il cui sapore mi dava particolarmente fastidio per poi bere un lungo sorso e, dopo un attimo passato ad assaporare l'amara bevanda, posare il mio sguardo sugli occhi di colei che sedeva al mio fianco. Era lei, una ragazza di nome Chiara, a provocarmi quell'estasi dello spirito di cui parlavo, per chi ancora ricorda, all'inizio del mio scritto. Non era così bella come chi legge un romanzo si potrebbe immaginare colei di cui si innamora il protagonista, ma era una ragazza, stranamente, abbastanza comune, considerata nè troppo bella nè troppo brutta dalla maggiorparte dei ragazzi della mia età. Ma per me era qualcosa di magnifico; i suoi occhi avevano catturato perfino i recessi più bui della mia mente e non me li avevano più dati indietro. I suoi capelli ricci scendevano leggiadramente sul volto fino a fermarsi alle spalle, formando una cornice quasi perfetta al suo viso già meraviglioso. Il suo seno era ben visibile sotto il vestito, ma non mi importava di quello, nè delle sue gambe, nonostante entrambe le cose sembravano scolpite alla perfezione. Ciò che più mi piaceva di lei era il suo sorriso : quando sorrideva si caricava ancor più del fascino che già possedeva, e ogni volta che lo faceva, indipendentemente da quale fosse il motivo, se una mia battuta o un intervento di qualcun altro, il mio animo si ritemprava e mi sembrava di volare oltre i confini del mondo materiale. Forse erano soltanto gli effetti dell'alcohol che cominciavano ad intaccare la mia percezione della realtà, ma ne dubito fortemente, non essendo io un gran bevitore ed avendo bevuto appena un sorso della sostanza. Appena posato nuovamente il bicchiere sul tavolo, dentro di me qualcosa cominciò a fremere. Avrei dovuto parlare, come avevo desiderato di fare decine di altre volte. Avrei voluto guardarla dritta in volto, e dirle tutto ciò che ho scritto qui. Ma, appena aperta bocca, dalle mie corde vocali non uscì alcun suono, come se esse fossero bloccate dalla paura. Non mi si prenda per un codardo; non sono mai stato capace, purtroppo, di esprimere le mie emozioni davanti a lei. Avessi potuto trasformare il mio amore in musica, il mio flauto le avrebbe suonato la musica più bella mai udita da orecchie umane. Ma d'altronde, ancora non ci è possibile trasmettere a qualcun altro le nostre emozioni, perciò le parole e la loro limitatezza sono l'unico modo per descrivere qualcosa di astratto e di infinitamente più grande della semplice parola amore.La candela dell'amicizia~di Emperor's Chosen~C'era una volta nelle lontane terre d'arabia, un giovane principe. Egli era il figlio del sultano, che assieme alla moglie e la servitu', vivevano all'interno di un magnifico palazzo dalle cupole d'orate. Un giorno, durante una ronda di ricognizione nel deserto, le guardie tornarono piu' numerose di prima, assieme a loro c'era anche un ragazzino. Era vestito di stracci, i suoi unici averi erano il suo berretto ed una pergamena consumata che riportava: " A chiunque accogliera' mio figlio, Zayl io donero' questa candela, sacro simbolo dell'amicizia tra i nostri popoli." Il messaggio non parve chiaro, dato che il ragazzino non aveva con se alcuna candela,oltretutto di quali popoli si parlava se era stato trovato nel deserto abbandonato alla sorte? I giorni passarono, vestito di nobili abiti ed accudito a dovere, Zayl inizo' ad aggirarsi per le mura del palazzo dove fece la conoscenza del giovane figlio del sultano. Diventarono subito ottimi amici, rara e' l'intesa che si sviluppo' in quei giorni dato che lo sperduto ed il principe, sembravano essere cresciuti assieme. Non smettevano mai di conversare e di ridere, tant'e' che il sultano stesso si lamentava, delle preferenze del figlio rispetto allo studio regale. Una sera Zayl si avvicino' al suo nuovo amico con un berretto vuoto tra le mani, dal quale estrasse una strana candela trasparente, dalla forma cilindrica. Chiese dunque di accettarla in dono, e nonappena il principe l'accolse, la candela s'accese di un intesa fiamma carmine ed intera inizio' a risplendere. Passarono settimane, mesi, anni... la candela non si era mai consumata, la fiamma era perpetuamente accesa ed i due erano molto felici assieme. Un giorno putroppo, si venne a sapere che il regno era sotto attacco, un regnante venuto da nord bramava le fertili terre del re arabo. Fu per una sciocchezza che i due amici iniziarono a litigare.. si decidette chi dovesse impugnare le armi per difendere la terra natia, e nessuno voleva che l'altro andasse per orgoglio e sentimento di protezione. Nessuno noto' che la candela aveva iniziato a gocciolare, assottigliandosi.. Tutto si trasformo' nel chaos, si discuteva solo della guerra non sapendo cosa decidere e le opinioni erano discordanti... le bestie chiamata discordia e noia s'insinuarono nei cuori dei due. Fu proprio all'alba del primo attacco da parte della nazione ostile, che la candela si spense, oramai divorata dalla fiamma. Zayl scomparso non si trovava ed il Principe disperato decise di partire immediatamente alla ricerca di una nuova candela... sicuramente qualche mago del deserto ne sarebbe stato a conoscenza. Cavalco' per settimane intere il suo veloce stallone, passo' attraverso monti, villaggi finche' oramai spossato decise di fermarsi in un oasi. Appoggiatosi alla prima palma trovata, noto' che specchio d'acqua dell'oasi era grande, e stranamente molto profondo. Apparve all'improvviso un Marid, creatura nota ai molti come " Djinn d'acqua", che con voce adirata, chiese al mortale come fosse arrivato in quel luogo mistico: " Ragazzo, io so chi sei, Principe del tuo regno ti sei incamminato in un lungo viaggio per cosa?" chiese l'azzurro genio pinnato al ragazzo impaurito, che con voce tremante rispose:" Grande Genio perdonami, sono stanco e affannato, cerco solo di ritrovale la candela dell'amicizia perduta.. ti prego aiutami, e' di vitale importanza!". Disse allora il Marid: " Vedi questo specchio d'acqua? La discesa e' lunga, piu' di quanto tu possa immaginare, ma se riuscirai a toccare il fondo, troverai cio' che cerchi con tanto ardore". Il Principe si riposo' fino al mattino seguente, ed una volta liberatosi degli abiti, si immerse nelle calde acque. Nuoto' a lungo, non seppe esattamente quanto tempo doveva essere passato nemmeno piu' la luce arrivava a quelle profondita'. I polmoni iniziarono a bruciargli intensamente, ma finalmente toccando il suolo sabbioso, riusci a sfiorare la candela, e velocemente la prese. La risalita sembrava impossibile, sapeva perfettamente che rischiava di morire annegato ma non importava. L'aria ed il coraggio purtroppo non gli bastarono, mancavano pochi metri alla superficie, quando perse i sensi per la fatica. Al suo risveglio, non capi' piu' nulla... si trovava tra le coperte del suo letto, e sul balcone della stanza, che si affacciava sul regno, trovo' il Marid, che con un grande schiocco di dita, fece sparire intere legioni dell'armata avversaria, dissipandola.. La minaccia per il regno del sultano, non esisteva piu'.. ed il Marid voltandosi mostro' il suo vero volto, che il Principe riconobbe subito, quello di Zayl. " Amico, non pensavo che tenessi cosi' tanto alla nostra amicizia, cosi' tanto da incamminarti per un lungo viaggio, mentre il tuo regno era sotto assedio.. rischiando adirituttura la vita per me.. Pero' ti ringrazio, avrai la mia gratitudine eterna, e sara' pace nel tuo regno, fiche' la nostra candela rimarra' accesa."
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| | | Paranoid Veggente di Zendra
Età : 31 Località : Limbo Messaggi : 2774
| Titolo: Re: Racconti del Contest Dom Lug 31, 2011 4:43 pm | |
| Grande! stavo giusto per farlo io ( ma meno curato :§rsdfewqre: ) :§nmghnb§: | |
| | | Sephiroth Guardiano di Zendra
Età : 33 Località : Torino/Pisa Messaggi : 5242
| Titolo: Re: Racconti del Contest Dom Lug 31, 2011 4:58 pm | |
| Insomma, è lo stile del cappellaio :) | |
| | | ilcappellaio Utente
Età : 35 Messaggi : 1512
| Titolo: Re: Racconti del Contest Dom Lug 31, 2011 5:06 pm | |
| dai, stavolta nulla di che :§er: ma su topic come questi, frutto della disponibilità, dell'impegno e del piacere di condividere di organizzatori e partecipanti, val la pena spendere qualche minuto in più :§dg: alla fine, si potrebbero raccogliere via via i risultati di tutti i contest. | |
| | | ilcappellaio Utente
Età : 35 Messaggi : 1512
| Titolo: Re: Racconti del Contest Mar Ago 02, 2011 1:57 pm | |
| qualche commento ai pezzi, però, non farebbe male: poi, ovvio, che i contest, anzichè rinvigorire il forum, passano in sordina. | |
| | | Paranoid Veggente di Zendra
Età : 31 Località : Limbo Messaggi : 2774
| Titolo: Re: Racconti del Contest Mer Ago 03, 2011 1:56 am | |
| va bè dai non sono proprio il più indicato ma proverà lo stesso a dare qualche commento: Skidi: Racconto intrigante e ben svolto.Ottima la parte descrittiva.Leggendolo mi sono pentito di aver dato un limite ai racconti perchè si potevano sviluppare parecchie cose. In primis il rapporto tra i due elfi.Speravo sinceramente in qualcosa di più che il semplice elficidio,magari una sorta di rivalità-odio-amicizia. Ben descritta la scena della battaglia e permettimi di dirti che quando ho letto questa frase - Citazione :
- Lasciando andare la spada, estrasse rapidamente il pugnale e si gettò addosso all’ alto elfo, che venne però colpito alle spalle da un balestriere, che a sua volta venne decapitato da un altro Leone Bianco.
mi sono messo a ridere, ma tralasciamo.... se dovessi dare un voto(da 1 a 5) direi:4 KikijikiIl racconto mi è piaciuto parecchio anche perché amo l'introspezione e devo dirti che in certe parti sono riuscito anche a rispecchiarmi.è anche il racconto che più mi ha stupito dato che non mi aspettavo un'opera di questo tipo(anche se in realtà lo speravo). Molto d'effetto il rivolgersi direttamente al lettore.Certo il racconto ha i suoi errori(già elencati dai giudici) però nel complesso mi è piaciuto voto:3,8 Emperor's ChosenInzio il racconto e subito dico:"ma tu guarda,una fiaba!io adoro le fiabe" e quindi tutto ringalluzzito mi sono messo a leggere il racconto.ti dirò la morale che si vuole trasmettere mi piace tuttavia il racconto in sè mi ha lasciato un po' deluso complice uno stile non troppo brillante e abbastanza lineare. Pollice su per averci provato con questo genere voto:3,1 | |
| | | ilcappellaio Utente
Età : 35 Messaggi : 1512
| Titolo: Re: Racconti del Contest Mer Ago 03, 2011 6:17 pm | |
| va beh, para: tu già l'hai organizzato e rincorso scrittori e giudici! più di così :§errf: | |
| | | Paranoid Veggente di Zendra
Età : 31 Località : Limbo Messaggi : 2774
| Titolo: Re: Racconti del Contest Gio Ago 04, 2011 10:02 am | |
| - ilcappellaio ha scritto:
- va beh, para: tu già l'hai organizzato e rincorso scrittori e giudici! più di così :§errf:
:§rsdfewqre: | |
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| Titolo: Re: Racconti del Contest | |
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| | | | Racconti del Contest | |
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