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Drakhor
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Drakhor


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MessaggioTitolo: Signori...   Signori... Icon_minitimeLun Ago 22, 2011 2:02 am

Notizie fresche fresche:

http://www.repubblica.it/esteri/2011/08/22/news/battaglia_tripoli-20717575/


http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=236217&rubrica=15


http://www.intopic.it/estero/gheddafi/


Insomma, speriamo non ci sia nessun colpo di coda da parte sua o comunque nessun'ulteriore (inutile) azione...
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Maresciallo_Helbrecht
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Maresciallo_Helbrecht


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MessaggioTitolo: Re: Signori...   Signori... Icon_minitimeLun Ago 22, 2011 12:56 pm

Libia: «Gli uomini del rais s'arrendono»

Ieri in tarda serata i ribelli hanno annunciato la consegna delle armi della guardia presidenziale e l'arresto del figlio del colonnello Saif Al Islam - Festeggiamenti sarebbero già in corso a Tripoli

TRIPOLI L'Operazione Sirena, scatta­to nella notte tra sabato e domenica per l'assalto finale degli insorti a Tripoli e al regime di Muammar Gheddafi pare es­sere giunta al suo momento cruciale.
Ieri in tarda serata Al Jazira riferiva in­fatti che i ribelli erano arrivati nel cen­tro di Tripoli, sulla grande Piazza Verde festeggiati dagli abitanti della città, e po­chi minuti dopo comunicava che la Guardia presidenziale del rais si era ar­resa e aveva consegnato le armi ai ribel­li. Sempre nel giro di qualche momen­to è poi giunta l'informazione secondo la quale il figlio di Gheddafi, Saif al Islam era stato catturato dalle forze ribelli. Stes­sa sorte anche per il primogenito Mo­hamed e il terzogenito del rais. Ieri not­te Waheed Burshan, un portavoce del Consiglio di transizione libico ha affer­mato parlando con al Jazira, che le for­ze della rivoluzione controllavano «gran parte della capitale».
«Vogliamo i negoziati»
Un appello alla «sospensione delle ope­razioni su Tripoli» è stato lanciato da Ibrahim Mussa, il portavoce del gover­no libico, in una conferenza stampa a Tripoli. Il capo del Consiglio nazionale di transizione dei ribelli libici ha detto che gli insorti sono disposti a cessare il fuoco e le ostilità, a condizione che Gheddafi annunci la sua partenza. Lo sostiene la tv Al Arabiya.
Da sabato sera si combatte in diversi quartieri della capitale libica, mentre dal cielo le bombe della NATO piovono sul bunker di Bab al-Aziziya, il tradizionale rifugio del rais, che ieri era tornato a far sentire la sua voce in un messaggio au­dio trasmesso dalla Tv di Stato. «Non mi arrenderò mai. Temo che Tripoli bruce­rà», ha ammonito il Colonnello chia­mando di nuovo i suoi a raccolta per di­fenderlo e, come aveva detto sabato in nottata, per «eliminare i ratti». A Benga­si invece regna l'ottimismo sull'immi­nente fine del Colonnello e dei suoi: «Tri­poli cadrà da qui a domani», ha assicu­rato uno dei capi dei ribelli, Abdelhakim Belhaj. Ma non si nasconde il timore che il Colonnello possa osare veramente far bruciare la città, anche attraverso l'uso di ordigni banditi dal mondo civile, co­me le armi chimiche. «Gheddafi ha i giorni contati», ha commentato la Casa Bianca, mentre il presidente francese Ni­colas Sarkozy ha chiesto al Colonnello di «evitare al suo popolo altre inutili sof­ferenze e a deporre le armi».
Dov'è il rais?
Sulla sorte di Gheddafi però continua­no a rincorrersi voci: è in fuga ai confini dell'Algeria, si interrogano in proposito gli analisti, dove ancora avrebbe soste­gno? O ha preso davvero un volo a Jer­ba, messo a disposizione da Hugo Cha­vez, per raggiungere il Venezuela, come pure si è detto in questi giorni? Il Consi­glio nazionale transitorio (CNT) degli insorti vede infatti solo due possibilità: la fuga o la resa, e in tal caso, ha assicu­rato il presidente Mustafa Abdel Jalil, «sa­rà trattato come un prigioniero di guer­ra, secondo il diritto internazionale». Il portavoce del regime libico, Ibrahi Mus­sa, ha dichiarato in un discorso ripreso in diretta dalle tv, fra cui Sky, che nei combattimenti a Tripoli, solo nelle ulti­me 11 ore, da mezzogiorno di ieri, sono morte almeno 1.300 persone.
La difesa
Gli scontri sono cominciati sabato sera nella zona di Tajoura, sobborgo orien­tale di Tripoli, per poi spostarsi in altri quartieri, mentre la folla - secondo le te­stimonianze dei residenti - cominciava a scendere in strada per rivoltarsi con­tro il regime. La città - assicurava anco­ra ieri pomeriggio il governo - può con­tare su «migliaia di soldati professioni­sti e migliaia di volontari» pronti a difen­derla. «Non sono solo patrioti - ha spie­gato il portavoce, Mussa Ibrahim, in una conferenza stampa - ma gente che vuo­le difendere la propria casa e la propria famiglia». Ora è meno facile crederci.
La liberazione dei dissidenti
Per i ribelli - che temono anche l'uso di armi chimiche da parte di un Gheddafi con le spalle al muro - i rinforzi sono ar­rivati e stanno ancora arrivando da Za­wiah (50 km a ovest di Tripoli), via ma­re da Misurata (200 km a est) e dalle Montagne occidentali di Nefusa. Nel cor­so della giornata di ieri gli insorti sono riusciti a prendere il controllo di una ba­se militare alle porte di Tripoli, impa­dronendosi di armi, munizioni e veico­li. Centinaia di oppositori e detenuti so­no stati liberati dalle prigioni di Maya e di Tajoura, tutti apparsi ai testimoni ocu­lari in pessime condizioni di salute.
La sanguinosa battaglia di Tripoli ha an­che impedito l'evacuazione di alcuni cit­tadini stranieri di diverse nazionalità che avrebbero dovuto lasciare ieri mattina la città a bordo di una nave maltese. «A causa dei combattimenti nel porto di Tripoli, il battello maltese MV Triva 1 non è riuscito a salpare ed è rientrato in rada», ha detto la portavoce del Ministe­ro degli esteri polacco.




IL BUNKER DEL RAIS
■ TRIPOLI Situato alla perife­ria sud di Tripoli e collega­to all'autostrada che arriva all'aeroporto internaziona­le della capitale, il comples­so residenziale di Bab al-Aziziya, rifugio super-segre­to del colonnello Muammar Gheddafi, è il bersaglio grosso cui in queste ore puntano l'offensiva dei ri­belli e gli attacchi aerei del­la NATO.
■ A lungo considerato il sim­bolo della forza di Ghedda­fi, il complesso è una vera e propria cittadella che com­prende installazioni milita­ri, abitazioni e la residenza dello stesso colonnello e dei suoi familiari. Cosa ci sia nel cuore della residen­za, però, rimane un miste­ro, anche se secondo i po­chi che hanno potuto visi­tarlo l'area ospiterebbe dei bunker sotterranei.
■ Al centro del complesso, co­me si vede anche dalle fo­tografie satellitari, c'è il pa­lazzo dove abitò Gheddafi fino al 1986, in parte di­strutto durante l'attacco americano deciso il 15 apri­le di quell'anno dal presi­dente americano Ronald Reagan, che accusava la Li­bia dell'attentato in una di­scoteca di Berlino Ovest in cui persero la vita due ra­gazze statunitensi. Durante il bombardamento USA, se­condo quanto ha sempre detto il colonnello, morì la figlia adottiva del leader li­bico, Hanna.
■ Il vecchio edificio non è mai stato ristrutturato ed è sta­to ribattezzato «Casa della resistenza». Da qui spesso Gheddafi ha lanciato i suoi infuocati proclami. Davanti al palazzo è stato eretto an­che un monumento, in ri­cordo dei fatti del 1986: un enorme pugno dorato che si chiude stritolando un ae­reo americano.
■ Non lontano da qui, in un'ampia area verde e al­berata nella parte nord-oc­cidentale del quartiere for­tificato, Gheddafi ha piaz­zato la sua celebre tenda, anche se a quanto si sa il colonnello cambia spesso il luogo in cui dorme. A maggio, un edificio a circa 50 metri di distanza dalla tenda è stato quasi distrut­to da un raid aereo della NATO.
■ Nella parte sud-orientale, invece, ci sono abitazioni, probabilmente utilizzate dai militari. «Le strade tra le basse case mi hanno ricor­dato un po' i campi dei ri­fugiati a Gaza», le descrive l'operatore di una troupe della BBC, che in maggio era stata autorizzata a visi­tare il complesso. Al di là di queste abitazioni, un mu­ro segna l'ingresso nella parte più nascosta del com­plesso, presidiata da mili­tari e dove probabilmente ha sede il bunker sotterra­neo del Colonnello.




L'analisi: Verso un «successo catastrofico»?


Assume sempre più peso presso i ribelli la componente dei fondamentalisti islamici

Probabilmente quando i lettori legge­ranno queste note molte valutazioni sa­ranno già superate dai fatti, specie se tro­verà conferma l'ottimistica previsione dei ribelli libici che ieri sera hanno dichiarato di aspettarsi «la vittoria per questa notte», come ha affermato Aref Ali Nayad, rappre­sentante negli Emirati Arabi Uniti del Con­siglio Nazionale Transitorio.
La difficoltà a verificare le notizie diffuse dalla propaganda del regime libico e da quella degli insorti rende impossibile di­sporre degli elementi necessari a valutare la situazione a Tripoli dove gli scontri sem­brano farsi di ora in ora più duri.
Su una cosa le versioni dei due contenden­ti concordano: nella capitale libica si com­batte e i morti sono alcune centinaia se­condo gli insorti, 376 oltre a mille feriti per il governo di Tripoli.
Per la battaglia finale gli insorti hanno for­malmente chiesto alla NATO di inviare ulteriori elicotteri d'assalto Apache, veli­voli britannici che hanno contribuito non poco alla caduta di Zliten e prima anco­ra a cacciare le forze lealiste dai sobbor­ghi di Misurata. Un reporter della Fran­ce Press ha confermato che i ribelli che avanzano da ovest, dalle montagne occi­dentali di Nefussa, sono arrivati con un centinaio di veicoli a 12 chilometri da Tri­poli dove gli scontri in atto in molti quar­tieri sembrano confermare lo scoppio di rivolte popolari. La notte di sabato alcu­ne decine di ribelli erano penetrati in cit­tà via mare, come hanno ammesso fonti di Bengasi, ingaggiando battaglia con le truppe lealiste che secondo Al Jazeera ie­ri sera hanno iniziato a ritirarsi verso il compound del colonnello a Bab al-Azi­ziya, lasciando ai ribelli il controllo di gran parte della capitale.
Improbabile una controffensiva poiché l'unico baluardo lealista nei dintorni del­la capitale rimane Khoms, che si trova pe­rò a un centinaio di chilometri dalla sua periferia orientale.
Dopo le notizie sulla possibile fuga di Gheddafi e della sua famiglia in Venezue­la, il raìs sembra invece intenzionato a combattere fino all'ultimo nel suo bunker. Un'opzione che sembra accomunarlo più ad Adolf Hitler che a Saddam Hussein, an­che se non si può escludere che il Colon­nello si sia trasferito nel sud del Paese, nel­la regione desertica del Fezzan, dove di­spone di forze fedeli e rifugi sicuri.
Le ragioni del crollo
Due le ragioni del repentino crollo delle forze lealiste intorno a Tripoli. Le pesanti offensive aeree alleate e le crescenti capa­cità dei miliziani, appoggiati da consiglie­ri militari francesi e contractors britanni­ci (pagati da Qatar ed Emirati Arabi Uniti) tra le cui fila emergono per capacità mili­tari i combattenti islamisti. Veterani del Gruppo combattente islamico libico già legato ad Al Qaeda che inviò centinaia di uomini in Iraq.
Combattenti esperti rientrati in Libia do­po l'inizio della rivolta che hanno avuto un peso rilevante nei successi degli insorti de­gli ultimi giorni, soprattutto a Zawya, città liberata al grido di «Allah Akbar».
Paradossale che molti di questi miliziani abbiano combattuto statunitensi e allea­ti nel «triangolo sunnita» iracheno e og­gi conquistino Tripoli grazie alle bombe della NATO. Il crescente peso degli estre­misti islamici emerge anche dalla Dichia­razione costituzionale resa nota giovedì dal Consiglio nazionale di transizione che sancisce per la Libia un futuro di «Stato democratico e indipendente», nel quale «la sharia sarà la principale sorgente le­gislativa».
Un aspetto che sembra preoccupare, un po' tardivamente, anche l'Occidente co­me ha sottolineato il 17 agosto il Times ci­tando fonti diplomatiche a Bengasi che ri­tengono la vittoria degli insorti «un suc­cesso catastrofico» perché l'opposizione a Gheddafi è dilaniata da faide tribali e non è pronta a governare la Libia.



Fonte degli articoli: Corriere del Ticino, 22.08.2011




Speriamo che il cammelliere folle sia davvero arrivato all a frutta...
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