Caso escort, Palma manderà
gli ispettori a Napoli e Bari
Papa: se parlo del premier esco Palma aspetta però dal Csm i verbali delle
Il ministro della Giustizia
ha disposto un’ispezione
nell’ambito delle inchieste
sulle escort portate da Tarantini
a Silvio BerlusconiIl ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma avrebbe disposto un’ispezione presso le procure di Bari e di Napoli nell’ambito delle inchieste sulle escort portate da Tarantini al premier Berlusconi.
Il guardasigilli intende verificare se, come denunciato al Csm dall’ex pm Giuseppe Scelsi, vi siano stati da parte del procuratore capo Antonio Laudati presunti ritardi nella chiusura dell’inchiesta. Quanto all’ispezione a Napoli, il ministro - si è appreso - potrebbe annunciarla ufficialmente domani alla Camera come sollecitato da una serie di interrogazioni e di interpellanze del Pdl, oltre che da un esposto dei penalisti di Bari.
Tre i principali punti su cui a Napoli Palma si avvierebbe a chiedere accertamenti agli ispettori guidati da Arcibaldo Miller: il fatto che siano stati i pm (e non il giudice) ad emettere un decreto con cui è stato sollevato dal segreto professionale l’avvocato Nicola Quaranta, uno dei legali di Tarantini; la fuga di notizie su un’intercettazione tra Lavitola e Berlusconi pubblicata dal settimanale L’Espresso prima ancora che venisse depositata; la revoca della competenza ad indagare decisa dal tribunale di Napoli.
Nel primo caso, le camere penali di Bari nei giorni scorsi hanno inviato un esposto al guardasigilli e al procuratore generale della Cassazione, titolari dell’azione disciplinare, per lamentare l’adozione di un «atto abnorme» da parte dei tre pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock che nell’ascoltare l’avvocato Quaranta lo sollevarono dal segreto professionale mentre - secondo i penalisti - in base all’articolo 200 del Codice di Procedura Penale ciò sarebbe consentito soltanto al giudice a seguito di accertamenti.
Quanto alla pubblicazione sulla stampa del contenuto di una intercettazione non ancora depositata (quella del 24 agosto scorso quando il premier consigliò a Lavitola di rimanere all’estero) gli ispettori potrebbero avviare accertamenti sulla tenuta dei dati sensibili presso gli uffici giudiziari di Napoli.
Un precedente in tal senso sarebbe rappresentato dall’invio a Milano degli ispettori, nel 2006, per verificare come fosse stata possibile la pubblicazione da parte del quotidiano Il Giornale del contenuto dell’intercettazione, non trascritta e depositata, tra Fassino e Consorte sul caso Unipol.
Papa parla dal carcere: "Se parlo di Berlusconi esco"
Parole pesanti, messe nero su bianco in una lettera autografa. Alfonso Papa, parlamentare del
Pdl in cella da luglio per l’inchiesta P4, sostiene di essere sottoposto a «pressioni e minacce» dai pm, li chiama «estorsori»: il loro obiettivo, afferma, è «farmi parlare di Berlusconi e Lavitola», «li ho denunciati alla procura di Roma», vorrebbero «farmi barattare la libertà con compiacenti
confessioni di cose false». Lapidaria la risposta del procuratore capo, Giovandomenico Lepore: «Questa lettera, se è vera, non merita commenti».
A riaccendere i riflettori sul caso Papa è stata, oggi, la visita in carcere di quattro parlamentari di Popolo e Territorio: il capogruppo Silvano Moffa, Giancarlo Lehner, Arturo Iannaccone e Vincenzo D’Anna. Dopo l’incontro, i tre tengono una conferenza stampa: per Moffa, Papa è «prigioniero politico», e viene tenuto in cella per motivi «inaccettabili in un Paese civile». Gravi, avvertono i parlamentari, le sue condizioni di salute: «Ha la barba lunga, non esce per l’ora d’aria, ha perso dieci chili. Abbiamo incontrato il suo fantasma».
Dalla conferenza stampa emergono le accuse rivolte da Papa, già magistrato in servizio a Napoli, ai suoi ex colleghi: «Il pm Woodcock mi ha fatto sapere che sarebbe disponibile a farmi scarcerare a patto che ammetta almeno uno degli addebiti mossimi e renda dichiarazioni su Berlusconi e Lavitola, o almeno su Finmeccanica». Papa - scrive nella lettera indirizzata a Moffa - dichiara di essere vittima «di estorsioni», mentre «dovrebbe ripugnare a un magistrato serio la sola idea di attuare minacce o pressioni».
Su tutto ciò Moffa annuncia una mozione parlamentare per riportare alla Camera la vicenda «dopo il vergognoso voto del 20 luglio che ha autorizzato l’arresto di Papa». Dal 26 ottobre Alfonso Papa sarà sotto processo a Napoli assieme al consulente d’affari Luigi Bisignani, ai domiciliari dall’inizio dell’inchiesta sulla P4, un sistema di intelligence parallelo messo in piedi, secondo l’accusa, per condizionare la vita della pubblica amministrazione.
I due saranno giudicati, a vario titolo, per concussione, corruzione, falso e rivelazione di segreto d’ufficio: secondo i pm Papa - «che ha svolto con continuità attività finalizzate a varie forme di abuso per ottenere denaro e prestazioni» - aveva notizie riservate dal carabiniere Enrico La Monica (latitante in Senegal, ndr) e da altri appartenenti alle forze di polizia e le girava a Bisignani, che a sua volta le metteva a disposizione dei «potenti». Accuse rispetto alle quali i due si professano del tutto innocenti, ma che hanno portato il gip Luigi Giordano a decidere il giudizio immediato, accogliendo la richiesta della procura. Lo stesso Giordano ha respinto, una settimana fa, l’ultima delle richieste di scarcerazione presentate dai legali di Papa.
Tanto per cambiare, mandano ispettori un'altra volta. Di nuovo. Sulla segretezza delle procure si sa da anni che quelle da Roma in giù sono un colabrodo, facessero 'sta manfrina ogni volta che c'è una fuga di notizie gli ispettori si trasferirebbero tutti al sud per necessità (tranne quelli di stanza a Milano, ovvio). Sul fatto poi che Papa abbia la barbona lung lunga e abbia perso 10 kg, voglio le foto prima e dopo.