Dicono che da queste parti le mafie prosperino per l'assenza dello Stato. Ieri a Rizziconi, Comune commissariato 5 volte negli ultimi 11 anni per le collusioni tra la politica e la 'ndrangheta, lo Stato c'era e in abbondanza. Stava schierato in mezzo al campo di calcetto, nella più classica parata delle Autorità. Si notavano il governatore della Calabria, Scopelliti, il presidente della Provincia di Reggio, alcuni consiglieri, il commissario governativo, il questore, persino il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi. E tra la folla, un migliaio di persone, in maggioranza ragazzi delle scuole selezionati con l'invito, c'era altrettanto Stato: decine e decine di poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali, pompieri, vigili urbani, militari e addetti alla protezione civile quanti non se ne vedevano dal terremoto a L'Aquila. Lo stuolo degli automezzi era imponente, le mostrine degli ufficiali lucide. Sembrava il finale di Blues Brothers.
Se i mafiosi dovevano spaventarsi questa era l'occasione. Peccato che lo schieramento, incluso l'elicottero della Polizia che volteggiava sulla piccola tribuna, fosse lì per presenziare all'allenamento della Nazionale e a godersi il buffet con i prodotti dei terreni sequestrati alle cosche. Ieri sera, spenta l'eco dei discorsi di rito e dei messaggi sull'impegno comune per affrancarsi dalla 'ndrangheta, il campetto è rimasto sicuramente sguarnito e alla mercé di qualsiasi vendetta. «Loro - dice don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, l'associazione che lotta contro le mafie - oggi hanno ricevuto uno schiaffo che brucia: hanno visto i campioni, per i quali prendono l'aereo quando vanno a vedere le partite, calpestare il campo costruito sui terreni che gli hanno tolto. Non lo possono tollerare». «Loro» sono gli uomini della criminalità organizzata che tutto controllano e tutto sanno. «Sicuramente avevano occhi anche qui, nonostante la selezione degli inviti», sospira un agente che investiga da anni sulla cosca dei Crea, che controlla Rizziconi.
Raccontano che Teodoro, il boss, sabato girasse indisturbato in Mercedes tra le strade dissestate a controllare le troupes delle televisioni che intervistavano i cittadini prima dell'evento. «A Latina - racconta don Ciotti - nei giorni scorsi hanno rubato 25 pompe per l'irrigazione di un nostro terreno confiscato alla camorra. In Sicilia ci hanno rubato 35 ettari di grano. Qui il giorno successivo all'annuncio che sarebbe venuta la Nazionale di calcio hanno bruciato 7 ettari di ulivi secolari. "Loro" reagiscono. Ho chiesto a tutti di aumentare la sorveglianza. E' la terza volta che inauguriamo il campo e non vorrei che finisse come le altre due perché sarebbe la sconfitta».
Per anni nessuno a Rizziconi ha voluto sfregiare i boss, frequentando da padrone ciò che era appartenuto a loro. Adesso è cambiato qualcosa. Lungo un lato, mentre gli azzurri si dividono in quattro squadrette da 5 e disputano il torneo (lo vincerà la formazione con Balotelli, Pirlo, Marchisio, Criscito e De Sanctis), un centinaio di ragazzini esibiscono la tuta rossa della scuola calcio. C'è tanta gioventù. In un centro di 8 mila abitanti è quasi inevitabile che molti di loro abbiano un parente, un amico, un vicino di casa che sta nell'anti Stato. Ed è difficile guardarlo come un nemico. «Lo sforzo è soprattutto culturale, bisogna cambiare il modello di riferimento - commenta Buffon -. Questi ragazzi siano gli artefici del loro destino, noi abbiamo fatto la nostra parte ma la battaglia è la loro. E, come ha detto don Ciotti, le mafie si devono combattere innanzitutto a Roma, con i provvedimenti e con le leggi».
Certo, sarebbe più comodo se bastasse lo slogan «Un calcio alla mafia», ripetuto nei discorsi, per cancellare un potere. Non è possibile. La Nazionale ha portato un messaggio di solidarietà, però per battere il fenomeno serve altro. «È il potere che toglie la dignità e il lavoro a chi vive qui - insiste don Ciotti, in un sermone infervorato che arriva al cuore anche degli azzurri -. Innanzitutto bisogna che si tuteli il lavoro e invece c'è chi lo sta perdendo: le mafie non moriranno mai se non si affrontano i problemi della politica sociale. E bisogna stare attenti: il fenomeno non esiste soltanto in Calabria ma è in tutto il Paese». E agli azzurri: «La risposta al mio appello è stata immediata: dopo 4' Prandelli aveva già accettato. E sarebbe bello, per proseguire un'opera comune, che la Federcalcio aderisse a Libera, in cui ci sono 1600 realtà italiane. Voi ci state aiutando: rappresentate il potere dei segni contro i segni del potere mafioso. In questo c'è già una risposta alla mafia». Quale sarà l'effetto lo vedremo. Se Rizziconi saprà difendere il campetto, dopo aver visto Balotelli giocarci su e aver chiesto il suo autografo. Oppure se la cosca ne farà nuovamente un rudere infrequentato. «È una giornata che ci porteremo dentro con orgoglio, a tutti voi dico: non mollate» ha esortato Prandelli. Qualcuno si era già diretto al buffet.
Che cagata. E non lo dico a dispetto di don Ciotti che ho conosciuto personalmente (amico di amici), ma per la pubblicità idiota che si fa a quest'evento. Qualche osservazione:
1) Nel sud il mondo del calcio sta subendo un'infiltrazione mafiosa spaventosa, e non mi riferisco solo al Real Madrid, o al Napoli, Palermo, Messina o Reggina, ma sopratutto alle squadre in C1, C2, Eccellenza e così via. Provate a chiedervi come non esiste una Chievo o un Atalanta del Sud.
2) Giusto per citare Calò Vizzini, capomafia di Villalba negli ann'40 e '50: "Le parole, stringi stringi, non portano danno".
3) Due anni fa a Praga ho fatto amicizia con un israeliano, ed ad un certo punto mi ha fatto delle domande sulla mafia. E' rimasto scioccato quando ha scoperto che guadagnano più le mafie nostrane del Pil di tutta Israele, ma poi mi ha chiesto, a proposito di Libera e dei territori confiscati, perchè i mafiosi non arrivassero in forze a riprenderseli. E io gliel'ho spiegato, che alle mafie non conveniva. Se organizzano una spedizione a Corleone per buttarli via, il giorno dopo rischiano di ritrovarsi sui giornali, e mica ci facevano una bella figura. Per riprenderseli hanno altri modi, più tranquilli e più sicuri: basta vincere, come difatti vincono, le aste per le proprietà sequestrate.
Lo stesso vale qui: il campetto di calcio finisce per un giorno in prima pagina nazionale, tempo qualche mese e uscirà un trafiletto sperduto da qualche parte che attesterà l'ennesima sconfitta dello stato, riferendo come il campetto sia stato destinato ad area edilizia.
4) Se questo è lo schiaffo alle mafie, allora le tante imprese sequestrate che senza capitali mafiosi falliscono miseramente immagino siano degli uppercut allo stato, no ?
5) Per citare Caselli (ho conosciuto pure lui) : "Lo stato ha combattuto e vinto la guerra al terrorisma, ma quella contro la mafia ha scelto di perderla.