Palermo Messina: l'autostrada di cartapesta
Inaugurata 7 anni fa è già da rifare, costò 4,5 miliardi
Per l’inaugurazione, sette anni fa, accorsero in duemila. Politici, portaborse, tecnici, vip e presunti tali. Tutti ad aspettare che lui, il premier Silvio Berlusconi, si materializzasse dall’elicottero privato per lo storico taglio del nastro dell’ultimo tratto della nuova autostrada. «L’opera che segna una nuova era per la nostra regione», come scandiva emozionato l’allora governatore Cuffaro appena lambito dall’inchiesta che lo avrebbe portato sei anni dopo in galera per mafia e al quale Berlusconi ribadiva «piena fiducia nel suo agire e nella sua onestà».
E pazienza se nella «terra baciata da Dio, dove avete sempre il sole e le donne più belle» – come diceva il premier facendo l’occhiolino alle hostess – si sarebbe scatenato di lì a poco il diluvio universale.
Pazienza pure se poco più in là, lontano dal set dell’inaugurazione, c’erano ancora tredici chilometri da completare che sarebbero stati aperti sette mesi dopo. Pazienza, infine, se l’asfalto nella galleria «Cozzo Minneria» – come confidavano gli operai lontano dalle telecamere - era stato spalmato sul fondo bagnato con una corsa alla Ridolini, tanto da cedere soltanto due mesi dopo, se nei tunnel non c’era aerazione e neanche telecontrollo, come stabilirono due inchieste poi archiviate. L’autostrada Palermo-Messina si inaugurò, dopo 35 anni, 35 governi, il costo siderale di 4 miliardi e mezzo, più o meno quanto serve a costruire il Ponte sullo Stretto.
Ebbene, sette anni dopo quel giorno, due gallerie dell’autostrada delle meraviglie stanno per crollare, secondo le stime del perito della Procura di Patti, il professore Gianfranco Capiluppi, docente del Politecnico di Torino e dell’Università di Cosenza. Sono fradice d’acqua, come sanno gli automobilisti che da anni accendono i tergicristalli perché ci piove dentro, anche se fuori il sole spacca le pietre. «Possibilità di distacco del rivestimento di circa il 70 per cento entro la prossima primavera», avverte la relazione.
Così i due tunnel (che si chiamano «Tindari» e «Capo d’Orlando», dal nome di due località) sono stati posti sotto sequestro, mentre la Procura ha inviato otto avvisi di garanzia per attentato alla sicurezza stradale ad altrettanti ex commissari straordinari e tecnici del Cas, il Consorzio per le autostrade siciliane che per gestire 268 chilometri di asfalto impiega la bellezza di 348 dipendenti, ai quali vanno aggiunti 150 stagionali: due casellanti per ogni chilometro, calcolava Patrizia Valenti, la dirigente regionale che nel 2008 è stata per breve tempo alla guida del consorzio per poi essere silurata, colpevole di avere indicato la luna con il dito.
Così i viaggiatori hanno riassaporato l’antica ebbrezza di percorrere la statale, uscendo e rientrando in autostrada, prima che il Cas l’altro ieri organizzasse il doppio senso di circolazione nella parallela galleria lato monte almeno nelle ore diurne. Ottenendo dalla Procura l’autorizzazione a rimuovere i sigilli per correre ai ripari con lavori di massima urgenza. Quelli che - come la polizia giudiziaria ha accertato, spulciando i bilanci del consorzio degli ultimi cinque anni - non sono mai stati fatti, a dispetto della convenzione con l’Anas che impone di destinare alla manutenzione almeno il 35 per cento degli introiti dei pedaggi, circa 80 milioni di euro all’anno. Facile a dirsi, meno a farsi, con centinaia di bocche da sfamare ogni mese. Stipendi che pesano per il 45 per cento sul totale degli incassi, mentre tutte le altre concessionarie dell’Anas non superano il 35.
Così l’autostrada è diventata una gimkana, con continui restringimenti, gallerie non illuminate, asfalto dissestato, guardrail non a norma, pericolo di frane, reti bucate tanto da offrire di tanto in tanto il fuoriprogramma di animali a passeggio sull’asfalto. Si è andati avanti di toppa in toppa, di strettoia in strettoia, di cartello in cartello, di preghiera in preghiera. L’appello al Padreterno non è servito però per i 13 morti e i 400 feriti coinvolti nei 610 incidenti avvenuti nei 49 chilometri del tratto fra Acquedolci e Falcone in cinque anni, tra il primo gennaio del 2006 a oggi, come ha calcolato la Procura di Patti. Uno schianto ogni tre giorni e mezzo. E l’inchiesta è partita proprio dall’ultimo scontro del febbraio scorso in cui morì un quarantaduenne di Capo d’Orlando, Sergio Lenzo, soldato sconfitto nella guerra contro la galleria «Tindari», a doppio senso per 18 mesi. Non un record, niente affatto, perché all’altezza di Milazzo c’è la galleria «Tracoccia» chiusa da tredici. L’Anas le chiama «non conformità» e, nel 2008, ne contava già 473. L’altro giorno, su un vecchio muro della città, sono riapparsi i cartelloni dell’inaugurazione. «Palermo-Messina, una scommessa vinta», esultava l’allora viceministro Gianfranco Miccichè.
Fonte: La Stampa