Zendra
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.


Comunità Fantasy
 
IndiceCercaUltime immaginiRegistratiAccedi
Ultimi argomenti attivi
» I miei soggetti di sceneggiatura
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Gio Mag 09, 2024 9:31 pm

» Tempus fugit
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Gio Mag 09, 2024 9:27 pm

» Tristezza e nostalgia
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Lun Ott 25, 2021 1:30 pm

» I-phone e I-pod: un' applicazione, un mondo davanti a te
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa B4rcy Sab Ago 29, 2020 5:59 pm

» COMPRO WAHRAMMER FANTASY
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Mar Giu 16, 2020 7:40 pm

» 2020
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Mer Gen 01, 2020 12:48 am

» A lezione col maestro Wong
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa Sephiroth Mar Ago 28, 2018 9:00 pm

» Un saluto a tutti voi!
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Mar Lug 17, 2018 11:22 pm

» Fotografia
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa B4rcy Mer Giu 06, 2018 1:49 am

» Una canzone al giorno (?)
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeDa The Candyman Gio Mag 10, 2018 12:12 am

Parole chiave
2010 grigi vampiro indovinelli conti effetto catalogo space femminili drone cavalieri NOMI 2016 2014 degli dead tattiche tattica orchi recensione grey 2011 Tutatis caos knights acqua

 

 Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»

Andare in basso 
3 partecipanti
AutoreMessaggio
Maresciallo_Helbrecht
Veggente di Zendra
Maresciallo_Helbrecht


Età : 39
Località : Svizzera
Messaggi : 12617

Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Empty
MessaggioTitolo: Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»    Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeMer Ott 10, 2012 8:40 pm

Vi posto un paio di interessanti articoli sul ruolo delle donne in Cina e sull'ordinamento giuridico del gigante giallo che ho letto oggi sul giornale. Spero che possano interessare anche a voi.










La tratta Quei ventimila bambini spariti
«Nel mio Paese gli uomini devono decidere se vogliono una società basata sull’equità»

■ Signora Xinran, tutto continua ad anda­re avanti come ci racconta nei suoi libri o nel frattempo è cambiato qualcosa?

«Circa due anni fa sono tornata in Cina e ho scoperto che un numero sempre maggiore di bambini è stato adottato e ho conosciuto un gruppo di oltre duecento famiglie spa­gnole che hanno tutte adottato dei maschi da una grande città vicino a Pechino. I bambini stanno bene in salute e le famiglie che li avevano adottati erano contente e questo per me è stato un fatto completa­mente nuovo, perché prima solo le bambi­ne erano disponibili per l’adozione. Ho mandato dei volontari a fare delle ricerche e ho scoperto che più di ventimila bambini sono scomparsi ogni anno in Cina negli ul­timi cinque anni. Per questo credo che le autorità locali e gli orfanotrofi siano coin­volti in tutto questo insieme a organizza­zioni criminali e alla mafia: sicuramente questi bambini sono rapiti nelle aree pove­re del Paese, mandati alla gente dei villaggi del sud, venduti per poco e poi per un prez­zo che varia dai tremila ai cinquemila dol­lari rivenduti alle famiglie occidentali. Una volta ho chiesto ragguagli al Governo cen­trale su questo problema, ma si sono rifiu­tati di parlarne. È un tabù del quale non si deve assolutamente discutere in alcun mo­do e intanto, mentre ai vertici il disinteresse crea pericolose sacche di malgoverno, il traffico cresce indisturbato e chissà quante madri piangono o ancora dovranno pian­gere per la malvagità che le priva dei loro affetti più cari».

A chi fa comodo secondo lei che nei villag­gi delle campagne cinesi la popolazione viva ancora in una profonda arretratezza culturale?

«Innanzi tutto bisogna dire che non c’è una sola Cina: ci sono più di cinquecento anni di differenza fra la città e la campagna in termi­ni di sviluppo e almeno venti, cinquant’anni fra la parte orientale e la parte occidentale della Cina. La gente vive in epoche diverse e in più la cultura cinese, con l’impronta del confucianesimo, risale a tremila anni fa. Ge­nerazioni intere sono cresciute con questi principi: l’uomo è l’unico che può portare avanti la discendenza familiare, assumere l’eredità. Gli uomini perciò hanno tutti i van­taggi, ma negli ultimi vent’anni è cresciuta la necessità di aiutare le donne a difendere i loro diritti. Ma, secondo me, si tratta anche di aiutare gli uomini a capire se vogliono una società basata sull’equità». A.G.










Cina
«Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»


Figlia della Rivoluzione culturale, la giornalista e scrittrice Xinran dà voce al silenzioso dramma delle donne cinesi che abbandonano le proprie neonate


Nascere femmina? Se si nasce in Cina si rischia di essere uccisa o abbandonata. La normativa sulla pianificazione delle nascite ha co­stretto donne di ogni ceto sociale a separarsi dalle proprie figlie dan­dole in adozione o abbandonando­le o, peggio ancora, a sopprimerle al momento della nascita, per poter avere e crescere un solo figlio ma­schio. Il destino tragico di tante bambine ha scatenato in Xinran, giornalista e scrittrice nata a Pechi­no nel 1958 e dal 1997 residente a Londra, la necessità della testimo­nianza e lo ha fatto prima in Cina con il programma radiofonico Pa­role nel vento della sera, dedicato alle donne e alle loro drammatiche storie, e poi con libri che sono una sorta di esplorazione nel profondo della vita cinese: La metà dimenti­cata (2002), un long seller sulla condizione delle donne cinesi; Le figlie perdute della Cina (2011), die­ci strazianti storie di madri costret­te a uccidere le loro bambine appe­na nate o a separarsi da loro; Le te­stimoni silenziose (2012), in cui l’autrice riporta le testimonianze degli anziani del Paese raccolte viaggiando per tutta la Cina: la «ge­nerazione silenziosa» che ha assi­stito alla dirompente trasformazio­ne della nazione da Paese agricolo a Stato moderno, racconta la propria visione dei fatti, confondendo spes­so la vita privata con quella politica e sociale.


■ Signora Xinran, donne cinesi di diver­sa astrazione culturale ricorrono tutte all’abbandono o all’eliminazione delle figlie femmine. Questa mostruosità, è giustificabile in qualche modo?

«Considerando la cultura e le diverse fi­losofie del confucianesimo e il fatto che la società è gestita dagli uomini, i bambi­ni maschi anche appena nati hanno una posizione più importante di quella della madre all’interno della famiglia – che è sempre molto bassa –, almeno fino a quando non diventano nonne. A quel punto hanno la responsabilità della casa e questo è un motivo di rispetto e in qualche modo di potere. L’abbandono e l’eliminazione delle bambine rientrano in questa tradizione, aggravata poi dalla legge nata come indicazione politica nel 1979 che impone un figlio unico per fa­miglia. La selezione per molte famiglie è diventata una necessità in attesa della nascita del figlio maschio, che rappre­senta la continuità dinastica e assicura prosperità alla famiglia».

Sono solo questi i motivi che rendono l’uomo padrone assoluto della vita in Cina?

«Sì, ma bisogna anche considerare che negli ultimi cent’anni ci sono state molte guerre (guerre civili, i conflitti dei signori della guerra, la guerra con i giapponesi, la Corea e il Vietnam) e quasi tutte le fami­glie hanno perso dei figli maschi, braccia che mancavano al lavoro e che bisognava assolutamente rimpiazzare. Le madri ci­nesi hanno attraversato periodi molto dif­ficili e non hanno avuto il tempo di rilas­sarsi, di condividere il loro amore con i fi­gli. Dal 1949, dall’inizio del comunismo, la Cina ha avuto un periodo politico trava­gliato e da allora ci viene detto che ogni contatto fisico fa parte dell’impronta capi­talistica occidentale. Mia madre non mi ha mai abbracciata. Non ricordo una volta in cui mi ha detto di amarmi. Molte madri cinesi, se vogliono amare i loro bambini, debbono amarli in silenzio, trattenendo nel cuore tutto il loro amore senza osten­tarlo ».

Quanto è responsabile il Governo dell’infanticidio, dovuto in gran parte alla legge del figlio unico?

«Quando parliamo del Governo direi che pur essendo composto da esseri umani e cinesi cresciuti in questa cultura e in que­sto ambiente storico-politico, per loro è difficile essere d’accordo con me special­mente quando parlo degli orfanotrofi. Di­cono che le condizioni di vita sono miglio­rate per la maggior parte dei cinesi, perché quindi dovremmo preoccuparci degli or­fanotrofi, dei diritti delle donne e delle loro condizioni? E per discolparsi dicono: nemmeno i nostri figli hanno un alto gra­do di istruzione, perché dovremmo preoc­cuparci dell’istruzione delle donne? Sono andata nelle campagne a intervistare delle autorità locali e a cercare di mettere in di­scussione problemi come i servizi igienici e i diritti delle donne e loro rispondevano al mio autista quando facevo le domande, perché io sono una donna e la consuetudi­ne prevede che un uomo non debba ri­spondere alle domande di una donna. Questo mi fa capire che in Cina c’è un’in­fluenza culturale radicata molto più forte delle politiche del Governo».

L’abbandono dei bambini fa fiorire un mercato illegale tanto che certi orfano­trofi si procurano i piccoli per commer­ciare in carne umana. A riguardo le leggi sono superficiali o sono severe e impon­gono un rispetto rigido?

«Ciò che avviene è vergognoso e in questo momento ci sono aspetti della situazione che possono influenzare il sistema legale giudiziario che in Cina non è indipenden­te. Qualsiasi magistrato può essere com­pletamente deviato dal potere politico. La Cina inoltre si muove e sviluppa molto rapidamente e il sistema politico ha pre­stato più attenzione allo sviluppo econo­mico e alla crescita dei problemi sociali, ma gli orfanotrofi e il commercio di bam­bini il cui destino in molti casi è preoccu­pante a dir poco, sono problemi piccoli rispetto al complesso dei problemi nazio­nali. Questi traffici, inoltre, succedono soprattutto all’interno di piccole comuni­tà locali, dove ci sono delle autorità com­poste da persone che hanno poca istru­zione, nessuna conoscenza del diritto in­ternazionale e in campagna si vede subito che c’è una grande differenza rispetto alla gente di città».

Differenza di che tipo?

«Il settanta per cento della popolazione cinese è ancora costituita da contadini e allevatori e queste persone sono vicine alle autorità locali che non hanno una formazione né una istruzione di alcun ti­po né il concetto dei diritti umani. Se fac­cio delle domande, loro mi chiedono per­ché le donne hanno bisogno di diritti. Noi vi diamo la vita e il cibo, dicono, e questo tipo di discorsi mi fa supporre che ci sarà una lunga marcia per arrivare a un certo tipo di comprensione. Se si va nelle 47 maggiori città della Cina, la vita non è di­versa da quella della Gran Bretagna o de­gli Stati Uniti: sono istruiti, capiscono la situazione e combattono per i propri dirit­ti i cinesi delle città. Ma nei villaggi siamo ancora al Medioevo».





Ispirati al diritto romano
Il noto giurista racconta la genesi del codice civile



Tra i tanti cambiamenti che hanno caratterizzato la realtà cinese contempora­nea vi è anche l’adozione del modello romanistico nell’impianto del sistema di regole del diritto civile. Una scelta per molti aspetti singolare in cui ha avuto un ruolo importante il professor Oliviero Diliberto, docente di Diritto romano alla Sapienza di Roma ed ex ministro di Grazia e Giustizia in Italia dal 1998 al 2000. Per questo l’Associazione culturale «Il Ponte» ha invitato il giurista italiano a te­nere una conferenza dal titolo Il modello del diritto romano in Cina che avrà luogo domani sera, 11 ottobre, alle ore 20 presso la Sala Carlo Cattaneo in via Ferruccio Pelli 16 a Lugano. Il CdT gli ha rivolto in anteprima qualche domanda.


■ Professor Diliberto, come nasce l’inte­resse della Repubblica popolare cinese per il sistema romanistico e qual è il suo ruolo personale in questa singolare vi­cenda?

«La storia è piuttosto semplice: la Cina, nella prima metà del secolo scorso, aveva provato ad attuare alcune esperienze codi­ficatorie, con scarsi risultati. Nel 1949, poi, con la vittoria della Rivoluzione comuni­sta e la nascita della RPC, l’ordinamento preesistente fu interamente abrogato. Con la Rivoluzione culturale, poi, iniziò la fase denominata del «nichilismo giuridico»: si negava cioè, in via generale, ogni ruolo al diritto. Tutto era destinato a modificarsi con l’avvio delle «quattro modernizzazio­ni » di Deng. Le riforme economiche degli anni Ottanta e l’apertura a forme di merca­to suscitarono infatti anche un nuovo, se pur ancora solo abbozzato, interesse verso il diritto, le leggi, le regole. Ma la svolta, che non esito a definire storica, stava solo per avvenire. Era il 1988».

Cosa accadde?

«Sandro Schipani, allora docente di Diritto romano dell’Università di Roma Tor Ver­gata, ebbe, dunque, una straordinaria in­tuizione. Immaginò che, essendosi aperta al mercato, la Cina avrebbe presto avuto necessità di dotarsi di regole del diritto ci­vile. Così, Schipani incominciò ad avviare contatti con le università cinesi ed in parti­colare con una delle principali tra esse, l’Università Cinese di Scienze Politiche e Giurisprudenza (CUPL) di Pechino. Fir­mò, dunque, nel medesimo 1988 un pri­mo protocollo d’intesa per intraprendere la collaborazione scientifica tra le univer­sità. La firma di quel protocollo era stata resa possibile dalla sua lungimiranza, ma anche da una circostanza intrinsecamente fortunata. Il decano dell’università cinese, Jiang Ping, aveva infatti a suo tempo stu­diato a Mosca, ove aveva appreso anche il diritto romano, intuendone l’utilità per la costruzione del nuovo diritto civile cinese. I tempi erano maturi, insomma, per pro­cedere verso una codificazione organica del diritto privato. Nel 1999 (50. anniversa­rio della fondazione della RPC), il gruppo dirigente del PCC decise, dunque, ufficial­mente, di redigere – come intuito dieci anni prima da Schipani – un corpo di leggi civili per le principali materie riguardanti l’economia di mercato (diritti reali e diritti di obbligazione)».

Restava il nodo del modello, dei riferi­menti, della cornice sistemica cui attin­gere, tra le esperienze esistenti...

«L’alternativa era tra l’adozione del model­lo europeo, a base romanistica, o di quello anglosassone ( common law), il diritto fon­dato sul precedente giurisprudenziale che dalla Gran Bretagna era divenuto il diritto anche degli USA. La discussione – eviden­temente di fondo – coinvolse i gruppi diri­genti dello Stato e i giuristi. Fu molto parte­cipata, libera, appassionata, senza reticen­ze, anche aspra: alla fine, prevalse la scelta del sistema romanistico. Risultato straor­dinario, questo: ma possibile anche per­ché, appunto, nel frattempo, si erano pro­dotti quei primi risultati (fondamentale è stato evidentemente l’accesso linguistico ai testi, grazie alle traduzioni in cinese che nel frattempo Schipani aveva avviato)».

E qui entra in gioco Lei...

«O meglio, ancora una volta, il caso. Quando, infatti, nel 1999, la RPC decide­va di intraprendere la strada della codifi­cazione, io ero diventato da pochi mesi ministro della Giustizia in Italia: ministro, peraltro, ma anche docente di diritto ro­mano e parlamentare comunista. Le tre singolari e coincidenti caratteristiche sor­tirono un’ulteriore accelerazione nella ricezione del diritto romano in Cina. Ini­ziò così anche un rapporto istituzionale fra i due Paesi. Sono seguiti successiva­mente altri incontri internazionali di la­voro (nel 2005 e nel 2009) e la collabora­zione è proseguita con straordinaria in­tensità. Molti studiosi di diritto romano svolgono con regolarità lezioni, seminari, conferenze nella RPC. Centinaia di giova­ni studiosi cinesi studiano oggi il diritto romano nelle nostre università. Esistono oggi circa 120 università cinesi nelle quali è insegnato il diritto romano. E tutto ciò, in poco più di vent’anni».

Dunque quello che potrebbe sembrare un sistema giuridico appartenente alla Storia si rivela a ben guardare ancora utile ed efficace per la società del Terzo millennio. Quali istituti e quali caratteri­stiche rendono il sistema romanistico del tutto confacente alla realtà contempora­nea?

«Guardi, è necessaria una premessa. Lo studio del diritto romano, in quanto tale, è una disciplina storica, studia cioè il diritto relativo ad una entità statuale estinta: la Roma antica. Conoscere la storia delle istituzioni giuridiche del passato è utile, perché attraverso la genesi degli istituti giuridici, della loro evoluzione nel tempo, delle modificazioni intervenute, si com­prende assai meglio anche il diritto dei nostri tempi. Ma il diritto romano ha un altro aspetto, straordinariamente attuale: per quanto estinto ha una sorta di “vigen­za” ancor oggi. Dalla fine dell’esperienza storica del diritto romano, quel diritto ha infatti modellato di sé tutti gli ordinamenti civilistici dell’Europa continentale: dal Portogallo sino alla Russia (Svizzera com­presa, con il codice civile della Confedera­zione Elvetica, adottato il 10 dicembre 1907 e in vigore dal 1912 redatto ad opera soprattutto del grande giurista Eugen Hu­ber); e poi, partendo dal Vecchio conti­nente, ha segnato di sé l’intera esperienza giuridica dell’America Latina, per arrivare – tramite l’influenza determinante della dottrina tedesca di fine ‘800 – sino all’ordi­namento civilistico giapponese.»

Ha continuato, quindi, a vivere in Paesi con ordinamenti istituzionali e regimi politici tra loro diversissimi ?

«Certo, ma ognuno di questi Paesi ha mo­dificato, soppresso, aggiunto, “piegato” gli istituti romanistici alle diverse e contingen­ti esigenze del tempo, della realtà geografi­ca, della politica e dell’economia. Ma la base, le istituzioni del diritto privato roma­no, appunto, sono rimaste inalterate nella loro sostanza di fondo. Così come dalla lingua latina sono sorte tante diverse lin­gue neolatine, che, attraverso la comune matrice, possono tra loro comprendersi senza soverchio sforzo; così il diritto roma­no ha costituito la base per la nascita di di­versi diritti “neoromani”, fondati su un co­mune sistema (l’impianto complessivo), su categorie pressoché identiche, su un linguaggio comprensibile all’interno del medesimo sistema, su una scienza giuridi­ca elaborata da tecniche giurisprudenziali di interpretazione del testo (l’esegesi delle fonti) similari in ogni latitudine. Ma, rispet­to alla lingua latina, con uno spettro geopo­litico enormemente più ampio».







Fonte dei 3 articoli: Corriere del Ticino, 10.10.12
Torna in alto Andare in basso
Torpedo
Utente
Utente
Torpedo


Età : 32
Messaggi : 67

Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Empty
MessaggioTitolo: Re: Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»    Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeGio Ott 11, 2012 6:15 pm

Che tristezza il ritenere nascere donna addirittura una maledizione, queste notizie si commentano da sole :§r§r:
Torna in alto Andare in basso
Sephiroth
Guardiano di Zendra
Guardiano di Zendra
Sephiroth


Età : 33
Località : Torino/Pisa
Messaggi : 5242

Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Empty
MessaggioTitolo: Re: Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»    Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitimeGio Ott 11, 2012 6:40 pm

^ In realtà non è certo una notizia nuova, queste cose si sapevano sia in relazione alla Cina che ad altri paesi. Più che altro è interessante il riferimento al diritto romano, io stesso ho avuto in facoltà per due anni un professore cinese che zitto zitto si è tradotto tutto il Digestum di Giustiniano dal latino al mandarino.
Torna in alto Andare in basso
Contenuto sponsorizzato





Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Empty
MessaggioTitolo: Re: Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»    Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»  Icon_minitime

Torna in alto Andare in basso
 
Cina «Da noi nascere femmina è ancora una maledizione»
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» La democrazia in Cina
» Cina: tolleranza zero per i dissidenti
» maledizione del tempo.
» La maledizione di Zogwort
» Cina: animali vivi come portachiavi

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
Zendra :: LA CITTÀ :: DIBATTITI & SONDAGGI ZENDRIANI-
Vai verso: