Zendra
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Parole chiave
tattiche 2014 tattica degli Nehek grigi conti NOMI drone cavalieri grey vampiro effetto 2016 catalogo 2010 femminili dead orchi 2011 indovinelli recensione caos knights acqua space

 

 racconto: Figli di un dio minore

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Drakhor
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vadied
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vadied
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vadied


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MessaggioTitolo: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeGio Nov 13, 2008 7:16 pm

salve a tutti. vi posto ora un mio testo che sto ancora finendo ma ormai ha raggiunto una certa lunghezza. L'ho già postato su un altro orum e ha avuto un certo successo perciò spero di replicare anche qui XD come proemio vi faccio sapere che se vi aspettate un racconto fedele al Bg potete pure usicire perchè questo e l'altro che posterò in futuro se ne fanno un baffo del BG XD
Detto questo, buona lettura
P.S. sia che vi piaccia o meno, commentate per favore :)
Figli di un Dio Minore




Gramesh avvertì il terreno. La sua essenza, strappata dell’immensità del warp, si manifestava per la prima volta in quel mondo. Eppure sapeva già tutto. Sapeva chi fosse, il suo nome, le sue capacità, la sua stessa natura. Ma, cosa più importante di tutte, sapeva chi fosse il suo Signore. E che progetti avesse per lei.
Il demone osservò la zona intorno a sè. Era in una foresta. Le due lune illuminavano un poco il sottobosco. Dalle fenditure del warp incominciarono a sciamare una moltitudine di creature. Avevano molte forme, ma la maggior parte aveva la forma di una lucertola bipede, le braccia troppo lunghe e spesso toccavano terra con le mani. La pelle era nera, le squame, sulla schiena, rosse come il sangue. I denti neri e lucidi brillavano nella notte su quel pianeta desolato. Anche da distante Gramesh avvertiva il potere del suo Signore, il suo Dio, che riempiva i suoi figli. Il suo esercito. I suoi Calibani.
Altre creature emersero dal warp grandi e orribili, altri piccoli e astuti. Solo due cose li accomunavano, il nero della pelle con le squame rosse e l’odio che emanavano come un orrendo tanfo.
Gramesh agitò le sue quattro braccia. Si alzò sul suo corpo da serpente ed evocò una spada dalle ombre. Guardò il suo esercito. Il chiasso avrebbe svegliato chiunque nel raggio di chilometri. Li zittì tutti con un sibilo.
Guardò avanti, non gli alberi, ma dopo. Vedeva il suo obbiettivo. L’obbiettivo del Serpente d’Ebano.


La legione si mosse, finalmente silenziosa. Gramesh, in testa a tutta la marmaglia, si ritrovò in una radura, al centro della quale si stagliava un imponente edificio nero. Fece un gesto veloce verso uno dei Calibani e questi si avvicinò circospetto all’edificio. Giunse fino a toccarlo con una mano artigliata.


Quasi contemporaneamente, dietro al demone apparve una luce verde malsana. Si allargò fino a prendere la forma di un cerchio perfetto. Un robot con un’arma simile ad un fucile con una lama sulla cima squarciò il demone da parte a parte. Con un grido, il Calibano scomparve.

Gramesh puntò la spada nera verso il guerriero necron e una sfera oscura proruppe dalla punta della spada. Percorse lo spazio che lo separava dall’obbiettivo in meno di un secondo e il guerriero si disintegrò sotto il potere del warp.

Il terreno della radura iniziò a creparsi. Una marea di Scorticati fuoriuscì dalla terra. Si aprì un’apertura nell’edificio e giunse uno sciame di scarabei, assieme ad altri che seguivano gli Scorticati dalle fenditure come delle zecche metalliche. Il cielo iniziò ad illuminarsi di verde mentre gli Sterminatori scaricavano le loro spaventose quanto antiche armi sui ranghi demoniaci.

Gramesh non si scompose, avvertiva ogni demone che moriva sulla sua stessa pelle, ma la cosa non importava. Morivano per il Serpente. E questo è tutto.

Una nuova sfera di energia oscura colpì al petto uno Sterminatore. Vicino a lei un piccolo gruppo di scarabei staccatasi dallo sciame principale venne incenerito dall’alitò demoniaco di un’Idra, una creatura nera con molte teste, una più orrenda e letale dell’altra. Gramesh con una mano strappò i cavi interni dello scorticato che le si faceva avanti, con l’altra tenne un guerriero necron mentre lo decapitava con la lama demoniaca e, infine, con la quarta fece cenno alla legione di avanzare.

Le creature del warp emersero a moltitudini dalla foresta, dritti verso l’edificio. Se i Necron avessero avuto ancora la capacità di avere paura avrebbero gridato. Ma le fredde macchine non provavano sentimenti da sessanta milioni di anni.

Gramesh fece un altro cenno e una muta di Furie comparve in cielo a bloccare gli Sterminatori che dispensavano il loro silenzioso giudizio.

Dalla memoria collettiva del Chaos, Gramesh sapeva che le creature metalliche avevano una velocità di reazione infima, solo i Gran Sacerdoti e i loro falsi dei erano detentori di una vera capacità intellettiva. Il demone avrebbe sfruttato questa debolezza. Ristabilito le linee del fronte, Gramesh poté dedicarsi al suo obbiettivo. Dentro quell’edificio c’era qualcosa che il suo Signore desiderava. E lei gliel’avrebbe portato.

Vide quello che sembrava un portone. Lo Strazia Anime dietro di lei si adoperò per abbattere il metallo vivente. Gramesh diede secchi ordini ad un piccolo gruppo di Calibani e si diresse verso lo squarcio. Non appena entrò nell’edificio, la sua stabilità nel mondo iniziò a vacillare. La stessa aria stantia della tomba scuoteva il demone dal profondo dell’essenza. Con un colpo di spada si aprì un piccolo portale warp da cui fuoriuscì uno sciame di piccole creature demoniache. Sembrava un vento nero.

Lo sciame penetrò nella tomba Necron. Scomparve nell’ombra. Dopo poco il ronzio delle creature scomparve.

Il demone, grato dei suoi occhi, scrutò le ombre capace di vedervi come alla luce del giorno. Stava per addentrarvisi quando si sentì rumore di passi. Metallo contro metallo. Non dovette aspettare molto.

Un robot simile agli altri si avvicinava a grandi passi. Il metallo era coperto da un sottile velo che si muoveva spinto dal un vento etereo. Ostentava un marchio dorato sulla fronte. In mano teneva una grossa falce. Energie arcane saettavano intorno al Gran Sacerdote illuminando debolmente la zona intorno a lui.

Era accompagnato da altre due robot. Questi erano diversi dagli altri: il metallo era lucido, delle placche rosso sangue risaltavano nella penombra e Gramesh si sentiva male solo a guardarli. Paria! Il suo obbiettivo. L’obiettivo del Serpente.
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IO.
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeGio Nov 13, 2008 9:29 pm

Fatto davvero bn... Complimenti...
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Drakhor
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeGio Nov 13, 2008 9:36 pm

Molto bello , anche io ne avevo inserito uno a suo tempo . Ci sara una continuazione vero ?
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Nani4ever
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeVen Nov 14, 2008 9:56 am

niente male... niente male davvero... continualo!
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vadied
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeVen Nov 14, 2008 7:34 pm

ovvio che continua XD


Il Gran Sacerdote non parve impressionato. In effetti il teschio di metallo non mostrava niente da milioni di anni.

Si ricordava a malapena di quando aveva la carne. Giusto quel tanto che basta per rimpiangerlo.

“Ripeto la domanda” disse con voce fredda ed atona “cosa puoi offrire al mio signore per un Paria?”

“Il Signore della Guerra Abaddon è riuscito a creare una creatura metà macchina metà demone “rispose Gramesh “io vi offro le energie del warp”

“I necron non possono trattare con l’empireo, non ne abbiamo i mezzi! Se non c’è altro… “ i Paria ripresero ad avanzare.

“Aspetta” urlò il demone. La paura stava di nuovo prendendo il sopravvento “C’è altro!”

“Parla!”

“Curxan! Nastrael! Noi ve li doniamo!” il panico era palese. I Calibani abbandonarono la posizione e si lanciarono all’esterno preferendo la battaglia agli abomini Paria.

“Ciò che dici non ha senso” replicò il Sacerdote “Chi sono?”

“Sono arcamondi eldar”

I Paria si bloccarono

“Due arcamondi” ripeté il demone “noi ve li doniamo… il mio signore ve li dona. Vi dona le innumerevoli anime che distruggeremo nel vostro nome. Pensaci! Migliaia di Eldar in cambio di un misero schiavo”

Il necron rimase in silenzio per qualche secondo. Gramesh non poteva saperlo, ma in quel momento onde radio a frequenza inaudita venivano emesse dal necron. A dispetto di qualsiasi legge fisica sviluppata dall’Imperium durante l’Oscura Era della Tecnologia, in meno di un secondo un altro Gran Sacerdote, dall’altra parte della galassia, aveva ricevuto un messaggio e si apprestava a riferirlo al suo padrone.

Gramesh attendeva impaziente.

“Allora?” chiese con ansia

Il necron rimase in silenzio…

“Mephet’ran vi concede il Paria” disse infine “ma dovrete collaborare alla distruzione degli arcamondi INSIEME ai necron. Inoltre, te e un gruppo di quelle... Cose che erano con te dovrete rimanere tra noi”

Gramesh era allibita. Neppure il demone sapeva di poter provare altre emozioni al di fuori dell’odio “Ma la nostra permanenza in questo mondo è momentanea! Presto torneremo nel warp!”

“Sospendete l’attacco “ rispose il necron “tornate nel warp. Tra due rotazioni di questo pianeta ci rincontreremo qui”

Il necron si girò senza aspettare risposta e scomparve nell’ombra, seguito dagli abomini.

Gramesh uscì allo scoperto e perse consistenza. Il suo ultimo pensiero, prima di tornare nel warp, fu la consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare. E ne aveva paura






Cinquantaquattro ore dopo, il corpo da serpente del demone toccò di nuovo terra.

Il soggiorno nel warp aveva ristabilito il suo autocontrollo e la sua fede cieca nel suo padrone. Si guardò attorno. LA radura che poche ore prima era inondata di fuochi fatui e raggi verdi era tranquilla e non dava segno di ciò che era successo. L’edificio nero che si stagliava nel cielo bruno continuava ad apparire una fatiscente rovina di epoche passate. Sessanta milioni di anni per la precisione.

Quattro Calibani si materializzarono dietro di Gramesh. Il demone sentiva i loro fiati immondi sul collo.

Si avvicinò alla Tomba Necron e il portone che aveva faticosamente abbattuto ore prima le si spalancò davanti. Con riluttanza lo attraversò e costrinse i Calibani ad entrare nello scuro edificio.

SI sentirono dei passi in lontananza. Metallo contro metallo. Dall’ombra comparve il Gran Sacerdote Necron, comandante assoluto delle forze di quella razza robotica.

“Accettate la proposta?” chiese il Sacerdote

Gramesh guardò disgustato il robot. Le vesti, esclusivamente ornamentali, fluttuavano nell’aria. Non c’era un filo di vento.

“Il mio signore accetta”

Non ci fu suono. Non ci fu gesto. Dietro al Gran Sacerdote Necron comparve un Paria che si mosse verso i demoni.

I Calibani tremarono. Gramesh mantenne l’aria distaccata.

“I Paria non possono viaggiare nel warp” disse il Necron

“Una nave di servi del mio padrone atterrerà davanti alla tomba. Quella cosa viaggerà su quella”

“Dimmi dove lo portate, ve lo spediremo direttamente là: sarà più veloce”

Gramesh ci pensò su. Poi glielo disse. Anche se i Necron fossero andati a riprendersi il loro schiavo, il Paria sarebbe stato portato in un altro posto nel giro di un giorno.

Sotto ai suoi occhi, una luce verde comparve attorno al Paria e questi scomparve.

“Ora venite” ordinò Il Sacerdote “Vi mostro dove starete nelle prossime settimane”



Su Galdran, il pianeta su cui era stato mandato il Paria, la realtà stessa era incerta. Mondi diversi si fondevano tra loro. Almeno fino al suo arrivo.

Il warp, che permeava con la sua presenza il pianeta stesso, scomparve nel raggio di due metri dall’abominio Necron.

“E così è questo il tuo potere, piccola macchina” disse una voce calda e avvolgente

Il Paria si girò lentamente verso la voce. E vide l’immagine di un dio.






Davanti al Paria si ergeva un serpente immenso. La pelle e le scaglie nere come il cuore di Horus. Gli occhi rossi come il sangue. Dello stesso colore gli aculei che spuntavano dalla Sua schiena.

Aveva un paio di braccia che terminavano in adunche e scure mani, rese micidiali da rossi artigli.

Il volto da rettile on esprimeva emozioni, ma gli occhi... gli occhi tradivano l’avido desiderio del dio. Setebos, il Serpente d’Ebano, quinto dio del Chaos, dio dell’Odio che tutto brama di consumare. Malvagio cuore che il momento aspetta e morde.

“I tuoi poteri, piccola macchina” disse avvolgendo le sue spire attorno al Paria “sono stupefacenti! Tu sei l’arma finale dei Necron! Gli C’tan, quei sozzi cumuli di energia stellare cosciente, crearono il gene che ti porti dentro allo scopo di bloccare i miei fratelli. Ora, mio infimo amico senza volontà, diventerai la mia arma finale!”

Setebos si voltò e diede ordini a dei demoni in una lingua arcaica.

Delle bestie demoniache presero, seppur malvolentieri, il Paria e lo portarono verso un’astronave.

“Ma prima di compiere il tuo dovere, schiavo” disse il dio “mi dovrai dare un’altra prova del tuo potere. Con tutta la fatica che ho fatto per averti, mi seccherebbe scoprire che sei inutile nel momento del bisogno. Dopotutto, Gramesh era un servo potente e si è sacrificato per te!”

Il Paria si fece trascinare docilmente.



Il servo, sul mondo tomba, stava sperimentando una nuova emozione: l’inquietudine.

Nell’esatto momento in cui si erano chiuse le porte della tomba dietro di lei, il suo contatto con il warp e con il suo padrone, Setebos, si era troncato. Il demone era solo.

Sentì i Calibani agitarsi dietro di lei.

“Dove mi stai portando?”

Il gran Sacerdote Necron proseguì in silenzio. Unico rumore il barrito metallico dei suoi piedi e quello degli artigli dei demoni.

“Ti ho fatto una domanda, macchina!”

Metallo contro metallo.

“Almeno come ti chiami?”

“dal tempo del Cambiamento” rispose il necron “non ho nome, solo una serie di numeri”

“Almeno come ti chiamavi prima?”

Ci fu un periodo di silenzio. Senza rallentare la marcia.

“Non ricordo” disse, infine.

Si fermò davanti ad una porta “Entrate!”

All’interno c’era l’incubo di qualunque demone. Se i demoni avessero incubi. Cinquanta Paria erano ammassati lungo le pareti di una stanza spoglia e cubica.

Gramesh percepì il suo essere disgregarsi e lo tenne intero grazie alla forza di volontà. Due Calibani più deboli persero il controllo e scomparvero nell’aria. Gli altri due erano evanescenti.

“Starete qua per due settimane, poi si vedrà”
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Brio
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeSab Nov 15, 2008 10:06 am

Molto carino, anche se il titolo l'ho già sentito! :sorr:

Occhio ai copyright...
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vadied
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeSab Nov 15, 2008 2:01 pm

il nome non è preso a caso XD anche se qua intende un nuovo diodel caos

Il paria si guardò attorno con disinteresse.
Sangue e grida. Esplosioni e cadaveri. Niente perturbava il suo teschio di metallo.
Un umano corse all’impazzata ad appena un paio di metri da lui. Il robot lo osservò mentre veniva dilaniato da un hormagaunt.
I tiranidi avevano attaccato quel mondo umano pochi giorni prima. Le spore che facevano crescere una folta vegetazione ammorbavano il pianeta come un empio vento. Gli umani del posto non erano stati avvertiti e già l’effetto detto Ombra del Warp aveva isolato il pianeta dall’Astronomicon. Il pianeta non aveva quasi difese. I pochi membri della Guardia erano impreparati e stavano venendo falciati come sottili steli d’erba.
In quell’inferno di un mondo in rovina, Setebos aveva portato il Paria.
L’hormagaunt aveva appena finito il suo sinistro lavoro e si girò affamato verso il Necron. Questi alzò la falce da guerra e tranciò il tiranide con un solo colpo.
“Stupido robot” disse un demone comparendo vicino a lui “ fai ciò che ti è stato ordinato dal supremo Dio”
Il Paria mosse qualche passo e cercò la sua preda. Eccola, maestosa e terribile. Un Tiranno dell’Alveare emergeva nettamente dalla massa brulicante di gaunt.


Il Paria gli andò incontro falciando qualsiasi cosa gli si parasse davanti. Nessuno gli prestò attenzione. Gli umani erano troppo impegnati a salvarsi mentre i tirannidi distruggevano tutto senza distinzione.
Riuscì ad arrivare ad una decina di metri dal mostro quando una Guardia del Tiranno gli si parò davanti. Il Paria puntò la falce verso il carapace chitinoso del tirannide e una scarica di energia gauss lo bucò da parte a parte. La Guardia cadde senza un lamento.
Il Tiranno si girò verso l’inatteso avversario. Dietro i suoi occhi si sarebbe potuto vedere il fremito di una mente immensa, la Grande Divoratrice di mondi, la Mente dell’Alveare che domina incontrastata tutti i Tiranidi. Da una mano, se tale si poteva chiamare, spuntava una lunga spada ossea, l’altra si allungava in molti flagelli che schioccavano nell’aria come una frusta. Altre due protuberanze, poco sotto, prendevano la forma di un cannone venefico. Il Tiranno allargò le ali e ruggì un grido di sfida alla piccola macchina.
Questa alzò la falce da guerra e parò un fendente dell’osteospada. A quel punto eseguì i propri ordini e diede fondo ai suoi poteri. Un’immensa nuvola di vuoto warp si estese attorno al Paria inglobando il Tiranno. Questi parve disorientato, il suo legame con la Mente era stato troncato. Non aveva guida. Non aveva controllo. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Da altre parti, sul campo di battaglia, le genie di tirannidi che erano direttamente controllate dal Tiranno iniziarono ad andare allo sbando. Le creature Sinaptiche dell’Alveare si mossero per recuperarle ma le genie erano ormai in balia degli eventi.
Il tiranno, nel più completo terrore si avventò sulla causa dei suoi mali. L’avrebbe annientato se il Paria stesso, compiuto il suo scopo, non si fosse teletrasportato lontano da quel pianeta.
Il Tiranno si guardò attorno, sconcertato. La creatura era scomparsa. Il vuoto era scomparso. Il legame, invece, si era riformato. Il banchetto poteva rincominciare. Riprese a massacrare gli umani dimenticando in fretta l’accaduto.


Gramesh aprì gli occhi. Espanse la propria mente alla ricerca del suo antico legame. Niente. Sempre niente! Aveva provato ogni giorno per quattordici giorni. Mai niente.
In compenso ormai aveva un controllo assoluto della propria essenza: non rischiava più la disgregazione. Beh un bel vantaggio. Scrutò i suoi compagni di cella con disprezzo. I teschi di metallo dei Paria gli restituirono uno sguardo freddo. Senza vita. Senz’anima.
C’era qualcosa nell’aria. Diverso dal giorno prima. Poi il demone capì. Silenzio. Nelle due settimane trascorse, dopo aver emesso versi di dolore per tutto il tempo, si era volatilizzato nell’aria uno dei due calibani. L’altro ha avuto un’altra sorte poco prima di scomparire. Gramesh si leccò le labbra. I demoni avevano un essenza dal gusto orripilante. Ma in tempi di carestia....
Dopo quell’azione il suo controllo sul proprio corpo si era fatto più sicuro e solido. Era come se aver assorbito il piccolo demone le avesse dato una specie di scudo contro gli effetti di quegli abomini metallici.
Scoccò loro un’altra occhiata di fuoco. IN due settimane nessuno di loro si era mosso di un millimetro.
In quel momento si sentì un rumore. Metallo contro metallo. Gramesh lo riconobbe. Lo odiava con tutte le sue forze, ma non poté fare a meno di ringraziare il suo padrone nel sentirlo.
LA porta si aprì ed entrò nella stanza uno scheletro di metallo con un drappo di stoffa lacero attorno al corpo. In mano un lungo bastone da cui scaturivano lampi di luce verde.
“Vieni con me!” ordinò “il tuo tempo qui è finito”
Gramesh digrignò i denti ma seguì docile i Gran Sacerdote Necron.
Uscirono dalla stanza scura per addentrarsi nei meandri della tomba illuminati solo da lampi di energia che si dipanava per tutto l’edificio. Proseguirono lungo un corridoio ed entrarono in una sala molto più grande della prigione in cui era stato confinato il demone.
Al centro c’era un enorme ammasso di metallo fuso. No! Non fuso! Era fluido, ma prendeva forma solida e liquida come e quando voleva. Metallo vivente!
Molte creature simili ad aracnidi ci stavano lavorando attorno. Ad un gesto del Sacerdote, le creature si allontanarono e il metallo prese forma stabile come un grande portale.
“La tua resistenza ai Divorati ha fatto capire molto al mio padrone” disse la macchina “ora dobbiamo vedere se la nostra tecnologia ha dei limiti”
“Perchè fate tutto questo?” chiese all’improvviso il demone
Il Necron si girò e si limitò a fissarla attraverso le sue orbite vuote.
“Voglio dire.. a che vi serve?”
“Il warp” rispose una voce calda e fluente “è sempre stato l’antitesi dei nostri poteri”
Gramesh si girò verso la voce e vide un individuo alto e snello. Era un umanoide nudo, a coprirlo solo alcune bende sferzate da un vento inesistente. Il viso era tirato in un sorriso maligno come un bambino che guarda una cavalletta prigioniera in un barattolo. Camminava sul metallo, eppure non produceva alcun rumore, come se neppure lo toccasse.
Gramesh non l’aveva mai incontrato, né ne aveva mai sentito parlare. Ma il warp è in ogni tempo. In ogni luogo. Ancora adesso il warp ricorda la sua guerra contro i figli delle stelle. Ancora ora tutti i pianeti della galassia solo piagati dall’orrore che milioni di anni prima quella creatura aveva provocato. Mephet’ran. Il Messaggero. L’Ingannatore. Lo C’tan che diede inizio alla caduta e alla rinascita dei Necron.
Il dio stellare le si avvicinò, ma non osò avvicinarsi troppo.
“E’ a causa del warp che io e i miei fratello mettemmo da parte la nostra guerra personale per allontanarci dalla galassia. Nei nostri piani voi dovevate distruggere tutto e scomparire come uno sciame di cavallette senza più steli da divorare. LA galassia sarebbe morta e col tempo risorta, in questo modo, la prima razza senziente ci avrebbe risvegliato” negli occhi dell’Ingannatore lampeggiarono delle luci misteriose “ma distruggere tutto era troppo semplice per voi, vero? Siete stati sconfitti e sia voi che la galassia hanno prosperato E noi ci siamo dovuti svegliare in un tempo in cui entrambi i nostri mondi coesistono! Che seccatura!” pareva più dispiaciuto che adirato. Come se fosse stato solo un piccolo intoppo. “Perciò dobbiamo ricorrere ad ogni nostra conoscenza per eliminare la tua genia da questo mondo. E il modo migliore è quello di studiarvi. Per questo ho colto al volo l’occasione datami dal tuo padrone. Già ora, credo, si è verificato il più importante dei fenomeni che desidero osservare, ma lo vedremo subito” schiocco le dita affusolate e il portale di metallo vivente iniziò a vibrare ad ingurgitare malsana energia verde che scorreva direttamente nel pavimento. AL centro del portale si aprì un varco pulsante.
Gramesh ci guardò dentro ma non riuscì a distinguere nulla, quindi si girò verso lo C’tan.
“Attraversalo” ordinò lui
Gramesh non si mosse.
Il sorriso dell’essere si ampliò “Ti ho detto di attraversarlo! Il tuo padrone ti ha ordinato di eseguire tutti i miei ordini! Esegui!”
Il corpo di Gramesh incominciò a muoversi da solo. Ma lei oppose resistenza. Il solo menzionare Setebos l’aveva obbligata a muoversi, ma poteva opporsi. E l’avrebbe fatto.
“Attraversalo!” l’Ingannatore non sorrideva più “nel nome dei quattro poteri ti ordino di attraversare!”
“Ora i poteri del warp sono cinque” mormorò il demone. Attraversò il portale.
La prima cosa che provò fu il calore. Quel pianeta etra troppo vicino alla sua stella per essere abitato. Poi notò un’altra cosa. Il legame con il warp non si riformava. Teoricamente, lontano dai Paria doveva poter tornare nel warp. Ma ciò non accadeva. Terrorizzata, Gramesh espanse le proprie percezioni alla ricerca di quella scintilla divina che era la sua casa e il suo stesso essere. Il terrore non faceva parte dei lei! Un’altra anomalia....
Si girò verso il portale da cui era arrivata. L’Ingannatore era vicino a lei. Seduto da un trono che sembrava fuoriuscire dal suo stesso corpo di metallo. Il suo sorriso, beffardo e soddisfatto assieme, era più grande che mai.
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeSab Nov 15, 2008 7:06 pm

l'avevo già letto di là (e scusami se non ti ho fatto i complimenti ma sul tilea vado di fretta ;), quindi mi complimento con te.

bravo, continua!
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeDom Nov 16, 2008 8:51 pm

-che mi hai fatto? -urlò il demone con tutta la sua forza.
Il dio vivente la guardava raggiante. Soddisfatto di aver raggiunto il suo scopo.
-come ti spiegai-disse l’Ingannatore -non siamo mai riusciti a comprendere a fondo il meccanismo che sta alla base del warp-si alzò e il trono tornò a far parte del suo corpo -la prima volta tentammo di sigillarlo lontano dal mondo materiale. Ancora oggi gli Eldar la ricordano come la Grande Opera degli Yngir, come ci chiamano-lo C’tan iniziò a camminare attorno a Gramesh, in ginocchio nel terreno rosso del pianeta -fummo costretti a rifugiarci prima del suo compimento, ma ci lasciammo dietro un piccolo dono d’addio alla galassia. Il Noctifero lasciò la timore della Morte nei cuori delle razze giovani. Interessante, ma pressoché inutile. Io lasciai il gene paria, distruttore del warp. Gli umani l’hanno mantenuto ed amplificato in certi casi. E’ da loro che ho tratto i miei formidabili guerrieri Senz’anima. Quando sei giunta qui ho dato ordine di farti rimanere per un determinato periodo di tempo in compagnia dei Paria per osservarne gli effetti. Sapendo che eri un demone di un certo livello pretesi che con te ci fossero anche demoni minori. Loro sono stati deludenti morendo tutti uno dopo l’altro. Te, in compenso, sei stata molto soddisfacente. Ho notato come sei diventata improvvisamente sicura dopo aver cannibalizzato il tuo schiavo, ma la cosa più importante di tutte è il fatto che sono riuscito a rompere il tuo legame con il warp stesso-
-impossibile! -grido Gramesh -la mia stessa esistenza è legata al warp, senza un suo continuo flusso non potrei nemmeno esistere! -
Gli occhi del dio si illuminarono -hai fatto centro! I demoni minori.. -
-calibani-precisò i demone
-i demoni minori-continuò imperterrito l’Ingannatore -non hanno potuto mantenere un quantitativo abbastanza alto di energia demoniaca e sono morti. Consumando un tuo schiavo hai assorbito la sua energia e ora sei più resistente-avvicinò il suo viso a quello del demone -rassegnati, il warp non ti fornisce più l’energia di cui hai bisogno per vivere e la morte non ti riporterebbe più tra le sue inconsistenti braccia ma scompariresti per sempre come non fossi mai esistita-
-Maledetto bastardo! -Gramesh gli si avventò contro lo C’tan ma non lo toccò neppure rimanendo sospesa nell’aria, trattenuta da una forza invisibile
-Hai una sola possibilità: consuma anime, demoniache o materiali, non importa. Rallegrati, ti ho fatto simile a me-l’Ingannatore rise, la risata di un sadico e di un pazzo << Vista la tua utilità ti lascerò vivere. Torna dal tuo padrone, se lui ti vuole, ma dubito che gli interessi uno schiavo che non gli è più legato>> la risata assordò le orecchie di Gramesh.

Il Gran Sacerdote Necron aveva assistito a tutta la scena senza fiatare. Non era un suo compito. Il suo compito era portare lì il demone e ricevere altre istruzioni. Aveva adempiuto alla prima parte ora tocca alla seconda.
In attesa, osservò il demone avventarsi sul Dio stellare. Non fece neppure per fermarla. Sapeva che era uno sforzo inutile. Come risposta il demone si bloccò a mezz’aria.
Fu in quel momento che successe di nuovo.
Il Sacerdote era su un pianeta scuro, enormi monoliti si stagliavano alti nel cielo. Una luce verdastra segno un lungo raggio nell’atmosfera.
Sentì calore. Qualcosa che non sentiva da secoli, millenni.
Si guardò le mani. Erano di carne.
Si voltò e vide un uomo che gli si avvicinò. Non era proprio un uomo, aveva forma umanoide ma non lo era. Ah già, gli uomini sarebbero nati solo sessanta milioni di anni dopo.
-mio signore-la creatura si inginocchiò -mephet’ran la sta aspettando-
-l’onnipotente Mephet’ran, pregò-lo corresse il Necron, la voce era calda, sicura ed incuteva rispetto.
Il Sacerdote riconobbe l’umanoide. Si chiamava Karer’eck. Chi era, però?
I due si diressero verso un imponente palazzo di granito nero. Immense energie avevano dovuto creare quell’imponente edificio. Un tempio. La dimora di un dio.
Karer’eck lo scortò fino nel naos. Lì aprì la porta e con un inchino se ne andò.
Il Necron vi entrò ed incontrò il suo vero padrone. Mephet’ran, colui che quelle miserabili messi di Eldar chiamavano l’Ingannatore.
Si inginocchiò.
-benvenuto El’tan. Hai pensato a ciò che ti dissi? -
Il Necron ritornò in sé.
Vide il demone strisciare nel terreno rosso. Il suo dio che rideva sopra la carcassa di Gramesh. Gli venne un moto di rabbia.
NO!
Era un Necron. Servitore degli C’tan. Schiavo degli dei stellari e dei loro voleri. Non poteva provare sentimenti.
O si?
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vadied
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeMer Mag 13, 2009 2:24 pm

Gramesh afferrò la creatura che gli stava davanti. L’essere si contorceva ed urlava. Il demone lo finì con un morso nella carne viva.

Ne mangiò a grossi bocconi la carne cruda. Solo uno psionico particolarmente potente avrebbe potuto notare l’anima della creatura che veniva inalata lentamente dal demone.

Gramesh buttò da parte un osso con fare disinteressato.

Disgustoso.

La rottura del legame con il warp aveva fatto sì che il demone potesse provare sentimenti diversi dall’odio generato dal suo ex padrone. Il disgusto era una sensazione nuova.

Si alzò e fece per uscire dalla casa in cui aveva consumato il suo macabro pasto.

Una luce verde esplose davanti a lei. Con un balzò si nascose dietro una catasta di legna. Aprì la mano e sul palmo comparve una fiamma nera.

Il demone sorrise. Nonostante che il suo legame fosse stato troncato, aveva a disposizione tutto il potere che poteva controllare. Molto meno di un tempo, ma era già qualcosa.

Il lampo di luce si stabilizzò in una forma circolare emanando nell’aria scariche di energia verde. Gramesh le riconobbe. Quanto le odiava. E stavolta l’odio era davvero suo.

Il Gran Sacerdote Necron attraversò il portale che si richiuse dietro di lui. Si guardò attorno, apparentemente senza interesse.

Il demone non si trattenne più. Uscì allo scoperto e lanciò la palla di fuoco nero verso il Necron. Questi si limitò a spostarsi per non farsi colpire. Dietro di lui un edificio esplose in una nuvola di fumo.

Gramesh evocò la sua spada e gli si avventò contro. Affondò con tutte le sue forze mentre con una mano sferrava un pugno artigliato. Il Gran Sacerdote parò la spada con il suo bastone della luce. Non poté evitare il pugno che lo colpì al petto squarciandolo. Incurante della sua ferita, alzò a sua volta il bastone colpendo il demone da sotto il mento. Gramesh cadde all’indietro. Usò il suo corpo serpentesco come una molla e colpì il Necron con la punta della spada. Lo trapassò da parte a parte all’altezza dello sterno. Il Sacerdote non si scompose. Afferrò con una mano il demone per il collo. Lo alzò in aria e lo gettò con malagrazia contro un muro.

Gramesh cadde rovinosamente su se stessa, stordita. Poté solo notare il Necron che si estraeva la spada dal costato, si girava verso di lei e si avvicinò. Poté solo guardare le ferite inflitte alla macchina che si autoriparavano senza lasciare neppure il segno di uno squarcio. Poté solo subire mentre il Necron la alzava e la inchiodava il muro.

-El’tan- disse la macchina

Gramesh lo guardò stupito -che significa?-

-Il mio nome è El’tan, demone-

-Buono a sapersi- Gramesh prese con forza il braccio con cui El’tan la tratteneva -mi piace sapere chi uccido- Evocò il fuoco oscuro e il braccio esplose.

Stordita dall’onda d’urto, Gramesh si allontanò strisciando. Scoccò un occhiata dietro la schiena e vide il Necron avvicinarlesi mentre il braccio, caduto a terra, si trascinava verso il padrone.

El’tan lo raccolse, lo avvicinò al moncherino e questi si riunì al braccio.

-Voglio solo parlare- la fredda voce metallica faceva sembrare minacciosa persino quella frase

-E io vorrei che tu morissi, ma non si può avere tutto dalla vita- rispose il demone

Il Necron afferrò un oggetto di metallo dalle sue vesti lacere e lo gettò in aria. Dall’oggetto partirono dei raggi di luce verde che rinchiusero Gramesh in una gabbia. Il demone li toccò con la punta della spada e questa divenne incandescente.

-Ora mi ascolterai-
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitimeMer Ago 18, 2010 9:14 pm

ciao, sono uno nuovo appena iscritto, ho letto il tuo racconto, è fantastico! anch'io scrivo dei brani basandomi su Warhammer 40.000, principalmente però sugli Antichi. per caso hai intenzione di finirlo o l'hai abbandonato?
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MessaggioTitolo: Re: racconto: Figli di un dio minore   racconto: Figli di un dio minore Icon_minitime

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