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 storie dal reame di Tilea

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lupobianco
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MessaggioTitolo: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeVen Gen 16, 2009 7:04 pm

…”AMORE E ONORE”…

Da: “Il Sovrano di Tilea; poema biografico delle vicende di sua maestà” di nobile Arturo di Pandora, Gran ciambellano di corte sotto l’attuale re. (regia stamperia di Rola)

Il 237° re di Tilea, Signore della terra degli antichi, è il giovane “Francesco I Spaccacoltelli” della dinastia dei Gambadoro. E’ un sovrano molto giovane, forse il più giovane nella storia della nostra terra, in quanto ha da poco compiuto 25 anni ed è re da poco più di 2. Egli è un giovanotto di bell’aspetto, alto e dalle spalle larghe, con la carnagione scura tendente all’olivastro tipica dei territori del sud e soprattutto di Tilea. Scuri e profondi sono anche gli occhi, occhi che hanno fatto innamorare la sua sposa, la strega assassina elfo oscura, la bellissima e sensuale Khelima.[/size]
Di temperamento irruento e bellicoso, proprio come i suoi folti capelli scuri sempre spettinati e arruffati, più a suo agio sui campi di battaglia che al tavolo della diplomazia. Guida quasi sempre, quando i suoi doveri non lo trattengono, personalmente i suoi uomini in battaglia e spesso e seguito dalla sua sposa e regina. [/size]
Amato dal popolo, ma visto non di buon occhio dai sovrani degli altri regni vicini, tradizionalisti sino al midollo, soprattutto dal re di Bretonnia, per l’ondata riformatrice e la ventata di libertà che sta investendo il regno da quando è assiso sul trono.
La sua storia, come quella del regno che governa, è alquanto travagliata, a partire dal compimento dell’anno di “pretesto”, quando,cioè si raggiunge l’età adulta: 18 anni. Francesco, infatti, figlio del re Domenico X “Lunombrosa” di Gambadoro, al compimento del suo diciottesimo genetliaco, fu inviato dal padre, in qualità di Duca Pirata (nda), come ambasciatore nel lontano reame di Kislev con una formale richiesta, per stipulare un trattato di alleanza tra i 2 popoli.
Egli partì assieme al fratello, il principe Marco “suonatore” di Gambadoro famoso per il suo disinteresse per la politica a favore della passione sfrenata per la musica. Circa un mese dopo la partenza dei principi reali, una sanguinosa rivolta scosse il paese, in una turbolenta sessione straordinaria del senato, il re Domenico e i duchi furono tutti assassinati dai tribuni traditori speranzosi di instaurare la repubblica; solamente i generali delle chiuse, soprattutto Giulio Antorino,resistevano nelle loro cittadelle. La notizia giunse anche tra i marinai Sartosiani della nave su cui viaggiavano i principi e questi, illudendosi, con questa provvisoria anarchia, di poter ritornare pirati come i loro antenati, ebbero facilmente ragione dei pochi, fedeli, “pretoli” della scorta e abbandonarono i 2 giovani sulle oscure coste di Naggaroth, la terra dei Druchi, veleggiando verso ovest.
I due principi reali non sapevano con precisione dove erano stati sbarcati, perché, dopo tanti giorni di navigazione e non essendo marinai esperti, avevano perso il senso dell’orientamento. Solo un pensiero occupava e sconvolgeva le loro menti: Il loro padre era stato assassinato.
Questa situazione di iniziale smarrimento non durò a lungo perché, appena scesa la sera, i due riuscirono ad arrivare a quello che, a prima vista, sembrava un bivacco di viandanti. Con il cuore colmo di speranza e rinfrancati dalla vista del fuoco amico, pensarono di aver trovato la salvezza e si lanciarono in una corsa sfrenata verso la calda luce.
Ma quello che videro fece nascere in loro la certezza che non avrebbero mai più rivisto le amate coste di casa. Immediatamente capirono di trovarsi nelle terre degli elfi scuri, i tanto odiati druchi, e assaliti da un misto di terrore e di orgoglio guerriero, sguainarono i lucenti gladi d’acciaio e si prepararono alla lotta.
Ma cosa avevano visto di tanto terrificante?
Erano capitati nel bel mezzo di un orgia delle splendide e terribili streghe elfe, su cui vegliavano alcune decine di adepti appartenenti alla setta degli “assassini”, nella tristemente famosa “notte della morte”. Con un impeto guerriero degno dei più grandi e leggendari re degli uomini, i due principi si gettarono urlanti contro gli adepti assassini, che li guardavano bramosi di sangue, preferendo una morte da re piuttosto che una blanda rassegnazione. Riuscirono ad abbatterne venti prima di essere sopraffatti a loro volta dal soverchiante numero di nemici e dalla stanchezza. A quel punto furono costretti a gettare nel fuoco i lucenti gladi e vennero fatti inginocchiare a capo chino davanti alla fiamma viva al centro del mistico cerchio. Improvvisamente tra le voluttuose streghe si levò un grido a metà tra l’eccitazione e il terrore reverenziale e queste si scostarono aprendo un varco nel cerchio proprio di fronte alle altezze reali. Fu allora che il principe Francesco per primo alzò la testa e la vide…!
Una figura incappucciata vestita di una tunica nera, che le arrivava sino ai piedi nascondendoli, dall’oscurità della notte procedeva, tra le due ali di streghe urlanti, verso di loro. Francesco allora abbassò la testa sconfitto aspettando la morte; i suoi studi, infatti, gli stavano suggerendo che la figura che si stava avvicinando, era sicuramente une delle streghe prescelte da Khaine, il dio elfo dell’assassinio, per guidare le comunità verso i templi delle mistiche streghe regine. Le sue congetture si rivelarono esatte perchè sentì il sibilo metallico di una spada che si sollevava sulla sua testa mentre della strega ormai riusciva a scorgere i piedi, racchiusi in sinistri stivali femminili in cuoio e ferro, che si erano fermati davanti al suo volto; si girò verso il fratello Marco e vide che aveva gli occhi chiusi e le mascelle serrate nel tentativo di darsi coraggio.
Nel vedere il suo amato fratello e l’orgoglio della sua gente calpestati in quel modo, un impeto di rabbia furibonda, degna dei suoi antenati, lo invase e con gli occhi colmi di odio e di sfida, alzò di scatto la testa verso la sua assassina proprio mentre la scintillante spada stava calando su di lui….
……A questo punto accadde qualcosa che è entrato nelle leggende tileane: la spada della strega si fermò ad un centimetro dagli occhi furiosi del giovane principe, quelli stessi occhi che in quell’istante preciso rimasero folgorati da quello che videro dinanzi a loro……
……In mezzo a tutta quell’oscurità, resa ancora più tetra dal mistico rito delle streghe, Francesco ebbe l’impressione di venire abbagliato e riscaldato da una grande luce.
Ciò che aveva davanti era la più bella donna che avesse mai visto; la tunica nera che la rivestiva sino a poco prima, era ai suoi piedi perché l’elfo se ne era liberata nel momento in cui aveva sguainato la spada e ora la strega si ergeva mostrandosi in tutta la sua oscura, ammaliante e meravigliosa bellezza, essendo vestita semplicemente di un perizoma praticamente invisibile e di un copripetto di metallo, che ne enfatizzavano e scolpivano le forme e il fisico perfetto. L’elfo era realmente una creatura femminile dalla bellezza talmente tanto accecante e statuaria, che nemmeno con l’immaginazione, un mortale, può arrivare a comprendere; merito degli innumerevoli ed immondi riti che da millenni le mantengono eternamente giovani e belle.
Ella era di corporatura esile e aggraziata, tanto che pareva fluttuasse nell’aria, con il sottile e alto collo che sosteneva un viso affilato impreziosito da grandi labbra carnose e umide ed enormi occhi grigio-azzurro mare, tra i quali era un nasino sottile e rivoltò all’insù quel tanto che basta, tagliati verso l’alto quasi a voler congiungersi con le caratteristiche e sottili orecchie a punta proprie della sua razza; il tutto proporzionato e distribuito in maniera così tanto perfetta che pareva fosse un artifizio e non cosa reale. Al di sotto del collo si estendeva una meraviglia da far impallidire le statue di dee e divinità. Nonostante la gentile corporatura, aveva il petto pieno,molto al di la di quanto già si apprezzerebbe in una donna di egual taglia, alto e ritto, che era una meraviglia a vedersi e che pareva disegnato senza la minima imperfezione, sopra un ventre che pareva essere passato sotto la pialla di un mastro falegname per quanto era piatto e atletico. Oltre il geometrico ombellico, gli occhi di un comune uomo non potevano reggere la vista di due fianchi perfetti al di la dell’umana concezione da sembrare sagomati con millimetrica e maniacale precisione, al fine di dare il massimo assoluto e concepibile piacere e anche di più a colui il quale avesse avuto la fortuna di farla sua.
Ella si reggeva altera su lunghissime gambe come solo nei maliziosi e desiderosi sogni di un adolescente si possono ammirare quale frutto di superbe e peccaminose fantasie, dritte come nemmeno il filo a piombo e la livella di un mastro carpentiere riuscirebbero a fabbricare e infine sode e piene nel modo che ognuno di noi ha ardente desiderio che siano in una donna che solo nei sogni possiamo fare nostra. Ed infine erano le braccia, lunghe e sottili che culminavano in morbide e leggiadre mani dalle aggraziate ed esili dita; il tutto incorniciato dai caratteristici capelli bianchi e folti propri della setta cui apparteneva, raccolti sopra la fronte da un diadema dorato. La pelle era candida, liscia e morbida ed emanava un alone pallido che a Francesco parve bellissimo e abbagliante.
Era come se tutti i più intimi, inconfessati segreti e desideri passionali di ogni uomo della terra si fossero, per magia, materializzati in una creatura reale in carne ed ossa.
Non me ne vogliano le Loro Maestà se, sicuramente, con questa mia scarna e forse troppo ardita descrizione non ho saputo dipingere nemmeno in minima parte, cosa ardua da gestire con la favella di cui sono cultore, ciò che si mostra agli occhi di coloro che si presentano al cospetto della nostra beneamata regina; tuttavia posso concludere, invitando il mio gentile lettore a pensare per un momento alla donna che egli desidera e sogna ardentemente nei più reconditi anfratti del suo animo, la elevi a cento volte tanto, e forse può avere un idea di quale massima espressione di capolavoro di natura si sia compiuto nella consorte del nostro sovrano e di che gioia e fortuna è stata concessa a noi, umili cittadini al suo servizio, nel poter saziare la vista tutti i giorni dinanzi a cotanto splendore…
Appena vide detto spettacolo e trionfo di bellezza, il principe si sentì invadere da un bollente ardore ed ebbe come l’impressione che il tempo si fosse fermato intorno a lui.
D’altra parte, anche la giovane strega rimase profondamente turbata e spiazzata, sensazioni delle quali sino a quel momento ignorava l’esistenza, dapprima dall’impeto e la furia con la quale l’uomo inginocchiato dinanzi a lei aveva risollevato la testa e posato su di lei il suo ardente sguardo di sfida; poi dalla selvaggia e rude bellezza, che non aveva mai visto negli altri insignificanti uomini che aveva ucciso, di quel ragazzo del sud che proveniva da una terra lontana e a lei sconosciuta, dai capelli e dagli occhi scuri, e dalla pelle abbronzata dal sole. In quel momento stava avvenendo qualcosa che ha dell’incredibile: una strega assassina dei druchi, un perfetto strumento di morte e di perfidia votato solo al culto del dio sangue, si stava innamorando, sentimento a dir poco sconosciuto tra le sue simili, di un essere insignificante, un giovane e stupido uomo, che loro, gli elfi, avevano sempre considerato una razza inferiore, debole, facilmente manipolabile e primitiva. Il cuore dell’elfo si riempì di quel calore che aveva avvertito il giovane principe ed entrambi provarono un sentimento che fino ad allora avevano considerato una sciocca e insignificante debolezza non degna di un guerriero……l’amore.
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeVen Gen 16, 2009 7:05 pm

La situazione che si presentava agli occhi dei presenti intorno al cerchio era alquanto strana: i due al centro, uomo e elfo, erano immobili, uno inginocchiato ma con il capo sollevato e ben ritto, l’altra, con la spada ferma a mezz’aria e rivolta verso gli occhi del ragazzo, con il fuoco che si rifletteva e danzava sulla sua morbida e levigata pelle…e si guardavano.

Fu Marco che, accortosi che la morte ancora non lo aveva colto, aprì gli occhi, li volse verso il fratello e, vedendolo in quella strana posa, lo chiamò a gran voce facendolo destare, e con lui la strega, da quel torpore estatico.

All’improvviso sia Francesco che la sua ospite ripresero coscienza di se e della situazione in cui si trovavano.

……Fu un attimo…La giovane strega fece scivolare la spada fra le mani del principe, balzò di lato ed estrasse due pugnali dal corpetto, piantandoli nel viso di due confusi adepti che si trovavano li vicino; nel frattempo con un balzo felino e all’apice della sua furia, Francesco fece roteare la lama elfica e si scaraventò contro gli adepti abbattendo innumerevoli degli elfi increduli. Marco non fu da meno, rotolando su un fianco, raccolse una spada degli adepti caduti e si ritrovò tra le stupende gambe delle streghe elfe che urlavano ancora in preda al delirio mistico. Colpì alla cieca mozzando teste e tranciando gambe come un forsennato, gridando tutta la rabbia che aveva in corpo prima che il fratello, che teneva per mano la giovane elfa, non lo trascinasse verso un cespuglio dal quale, tutti e tre insieme, fuggirono senza voltarsi verso le montagne poco lontane.

Oramai al sicuro all’interno di una delle innumerevoli grotte disseminate lungo le “Cime maligne”, sentirono l’urlo di rabbia delle streghe assassine che maledicevano la loro compagna traditrice, giurando di ritrovarla per fare il bagno nel suo sangue.

I due fratelli rabbrividirono al suono di quelle terribili voci che nulla avevano di naturale e guardarono la loro ospite che nel frattempo era rimasta immobile e con il capo chino. Francesco fu invaso dall’immediato impulso di correre verso di lei e di stringerla forte a se, ma si trattenne, un po’ per timore di questo sentimento così forte che provava verso una delle creature più terribili e sanguinarie del nostro amato vecchio mondo, che lo lasciava completamente inerme e indifeso, ma soprattutto per rispetto verso suo fratello, che nutriva ancora un forte odio verso di lei e la sua razza pur essendo anch’egli rimasto profondamente ammaliato dalla di lei bellezza. Ma Marco non era uno sciocco, aveva capito immediatamente, appena aveva alzato gli occhi verso il fratello quando si trovavano ancora nel mistico cerchio, che Francesco era stato acceso, ricambiato, dal fuoco, misterioso ma intensissimo dell’amore.

Grazie al suo sensibile e venerabile animo da musicista, il principe Marco, interpretò i pensieri del fratello e capì che i due avevano molto da dirsi, soprattutto perché non si erano mai parlati sino ad allora! E così, con l’animo rattristato dalla preoccupazione di lasciare il fratello da solo con una perfetta sconosciuta, anche se innamorata, si offrì per fare il primo turno di guardia e si incamminò senza voltarsi verso l’entrata della grotta, sordo alle accese proteste del fratello.

Appena Marco scomparve dalla vista, il senso di colpa che attanagliava Francesco si dissolse sotto la spinta dell’irrefrenabile desiderio che aveva di toccare la donna per la quale si sentiva ardere e consumare come mai prima d’ora gli era accaduto con le innumerevoli ragazze, nobili e non, che avevano avuto il privilegio di godere dei suoi piaceri.

Lentamente le fu accanto, lei ancora immobile con il capo reclinato verso il magnifico petto, con estrema delicatezza, che mai si sarebbe immaginata in un ragazzo d’arme come lui, mista a recondito timore e soggezione, le cinse le nude e bianche spalle con il braccio muscoloso e subito lei, con un ardito e veloce gesto, che tradiva i suoi sentimenti, si avvinghiò avidamente al di lui petto stringendolo in un liberatorio e intenso abbraccio.

Fu in quel momento che nella mente del principe si diradò la nebbia che offuscava i suoi sentimenti e fu ben consapevole dell’amore che provava per lei e che niente e nessuno sarebbe mai più riuscito a separarli.

Tutto ciò si concretizzò nel momento in cui lui la strinse a se con una tale forza, che lei riuscì a sentire il flusso di emozioni che partendo dal cuore del giovane, la investì come un fiume in piena…e lei? Anch’ella voleva riuscire a comunicare a quello strano uomo venuto da lontano, tutta la strana e intensa turbolenza interna che mai aveva provato per alcuno e che non riusciva a interpretare, ma che la faceva sentire ormai indissolubilmente legata e donata a lui, facendo apparire polvere tutto ciò che fino ad allora aveva simboleggiato il centro della sua esistenza.

Inconsciamente i suoi poteri di essere fatato riuscirono ad esternare queste emozioni e a farle giungere al principe…in quell’esatto momento furono consapevoli entrambi dell’amore che l’uno provava per l’altra, non si proferirono verbo ma, in maniera del tutto naturale, si scambiarono un appassionato bacio che per lui significava la consapevolezza di ciò che avrebbe fatto nella sua vita, per lei, la totale rinuncia alla millenaria vita passata e il tuffo in una nuova esistenza da mortale, enigmatica e piena di pericoli, ma sicuramente splendida accanto a colui a cui aveva giurato eterno amore e che ormai possedeva completamente la sua anima.

Quando le labbra si divisero, ognuno disse solo una frase, esordì l’elfo: “Mi chiamo Khelima, ed ero una delle prescelte da Khaine per divenire la sua sposa e dominare le streghe assassine, ma ora tutto ciò non mi appartiene più, come non appartengo più a me stessa…il mio essere su questa terra e nella vita che verrà, per sempre… è tuo, giovane uomo e mio signore.” Lui la guardò con la tenerezza negli occhi colmi di lacrime e disse: Mia signora, unica e incontrastata padrona del mio cuore e della mia spada, per sempre… io sono Francesco “spaccacoltelli” di Gambadoro…” Si interruppe perché vide un tenero sorriso comparire sullo splendido volto dell’amata distesa sulle sue gambe quando pronunciò il suo soprannome ufficiale. Allora con finta aria indispettita disse: “ Non c’è niente da ridere, fu il mio amato e defunto nonno a darmi questo soprannome perché da bambino mi divertivo a spezzare tutti gli oggetti affilati che mi capitavano per le mani.” E le mostro i palmi delle ruvide mani pieni di calli e profonde cicatrici. Lei gliele accarezzò con dolcezza cominciando a baciarle e allora il principe, colto da un ardente sentimento, le sorrise e continuò:”…figlio del defunto re Domenico X “lunombrosa” di Gambadoro e primo erede…” poi con le lacrime che scendevano copiose sul viso si eresse in tutto il suo orgoglio correggendosi: “… sono Francesco I “spaccacoltelli” di Gambadoro, re degli uomini liberi di Tilea, signore delle terre degli antichi e sarò con te, mia regina, sino a che il divino Ulsur non mi chiamerà con se, e oltre, perché io ti amo…ti amo più della mia stessa vita!” Poi prese a piangere singhiozzando come un bambino, ma lei, con tutto il suo immenso amore, gli prese la testa fra le mani e gli sussurrò all’orecchio: “Anch’io ti amo come mai avrei potuto immaginare…Vostra Maestà!” e soffocarono il pianto in un lungo e appassionato bacio d’amore.

…poi in quella notte così buia e piena di pericoli, Francesco la possedette a lungo con un incontenibile ardore e un’irruenta passione tale che ne lui ne nessun altro uomo mortale era sino ad allora riuscito a manifestare e lei, provando un’incontenibile e altissimo piacere che mai in mille anni di vita ed in innumerevoli riti compiuti, era mai riuscita anche solo ad immaginare potesse essere provato, fu totalmente e appassionatamente sua… e con la stessa ardente passione e sublime trasporto, giacquero vogliosi, mai stanchi e sazi l’uno dell’altra, innumerevoli volte durante tutta quella mistica notte, provando ogni volta sempre nuovo e crescente piacere e desiderio.

Si dice che quella notte perfino gli dei avessero provato stupore e invidia per quell’amore così intenso e profondo che un semplice insignificante uomo e una creatura crudele e sanguinaria condividevano in maniera così perfetta, fermandosi ad osservare, provando a loro volta un grande piacere e trasporto nei gesti dei due amanti, per tutta la notte e proteggendo quel puro e incontaminato amore in tutto il viaggio che i tre intrapresero per ritornare in Tilea.

Ma tutto ciò, si sa, è solo una leggenda popolare che i giovani innamorati di Rola si raccontano quando sognano e si scambiano promesse, confessioni e desideri al romantico chiaro di luna con lo sguardo perso verso le bianche mura della reggia, immaginando e desiderando di essere anche loro, per una volta nella vita, come i sovrani che tanto ammiriamo e veneriamo …o forse no…


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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeVen Gen 16, 2009 7:06 pm

Dopo circa un mese i due fratelli fecero clandestinamente ritorno in Tilea insieme a Khelima travestita da sacerdotessa di Sigmar per evitare problemi(dopotutto era sempre una Druca) e giunsero presso le Chiuse dove ormai i comandanti erano allo stremo delle forze e i ribelli stavano per soverchiare i valorosi soldati ancora fedeli al re che si difendevano, ormai, con la sola forza della disperazione.

Quando entrarono nella chiusa dell’ovest, per una porta decentrata e secondaria, il muro esterno era caduto in mano agli attaccanti e i difensori resistevano lungo le mura d’acciaio della fortezza interna. Con un abile stratagemma e sempre nascondendo la loro identità, si fecero condurre dal generale Giulio Antorino, comandante della cittadella, che si trovava, con i suoi aiutanti di campo, nell’armeria per pianificare l’ormai inevitabile resa.

Quando furono annunciati al generale, questi, furibondo per la drammatica situazione, sbraitò che non aveva tempo per tre stupidi monaci e ordinò che fossero condotti fuori; ma i tre entrarono di prepotenza nella grande sala e, mentre le guardie sguainavano i gladi ed erano pronte a tagliarli la gola, Francesco, ancora completamente incappucciato, disse: “Perché vuoi uccidermi proprio ora che sono tornato, zio!?” All’udire quelle parole, il generale Giulio fece cadere il bastone che aveva in mano e, quando i due principi finalmente si scappucciarono, non riuscì a trattenere le lacrime e si gettò al collo di Francesco come un qualsiasi vecchietto che rivede una persona a lui cara dopo lungo tempo, non come un generale fiero e veterano quale lui era. Tutto ciò durò pochi istanti, il tempo necessario all’anziano comandante per rendersi conto che stava abbracciando il suo re! Allora, profondamente mortificato e impacciato come mai i due giovani lo avevano visto fin’ora, si staccò dal ragazzo e si inginocchiò di fronte a lui con il capo chino, lo stesso fecero tutti i presenti, ancora increduli di quello che stava accadendo. Giulio, ritornando alla sua ferrea e antica disciplina militare, disse:” Finalmente sei tornato, Maestà, credevamo fossi morto e ringraziamo Ulsur per averti ricondotto sano e salvo di nuovo tra di noi” Alle sue parole si unì il grido corale dei presenti che alzando il pugno verso l’ alto, esclamavano: “ Viva Francesco, viva il re”.

Il re si chinò vicino al generale, lo fece alzare e, senza dire una parola, lo condusse di fronte al terzo componente del gruppo, che sino ad allora era rimasto incappucciato e in disparte. Solo a quel punto disse: “ Zio, ti presento mia moglie e regina di Tilea, Khelima” Non appena la regina si scoprì il capo e i folti e candidi capelli fecero capolino dal cappuccio, un grido di terrore percorse tutta la sala e i soldati immediatamente sguainarono i gladi e fecero per avventarsi contro la malvagia elfa; ma Francesco li fermò con un cenno della mano e con voce autoritaria dichiarò: “Lei è la mia sposa e vostra regina che avete giurato di proteggere fino alla morte. A chiunque ciò non vada bene, lo dica ma badi bene, sarà considerato alto tradimento” Solo allora Khelima parlò: “Io non sono più un’assassina degli elfi scuri, vi ho rinunciato per amore del vostro re, e per amor suo l’ho seguito in una terra di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza, così come ho rinunciato alla mia immortalità per lui e ho giurato di essergli accanto per sempre e soprattutto nei momenti di maggior difficoltà come questo che lo vede impegnato nella faticosa riconquista di ciò che è suo di diritto! Io sono rimasta un elfo solo nell’aspetto, la mia casa ora è qui con voi!” A queste parole seguì il silenzio nella sala che fu rotto dal rumore metallico di uomini in armatura che si inginocchiarono di fronte a Khelima, compreso il generale Giulio che le baciò la candida mano in segno di rispetto. Successivamente si levò un solitario grido di “Lunga vita alla regina” a cui tutti applaudirono con vigore.

Passato questo iniziale momento di entusiasmo e commozione, il re prese a parte il generale e chiese: “Allora, generale com’è la situazione?” Con il rammarico che li si leggeva negli occhi, Giulio rispose: “Drammatica, Maestà, drammatica, i ribelli hanno conquistato la chiusa est e fatto prigioniero tuo cugino Massimo e ormai sono prossimi ad entrare anche nella cerchia interna delle nostre mura. I soldati sono valorosi e resistono ma ormai sono troppo pochi e troppo stanchi, tengono il fronte da più di un mese da quando siamo stati tagliati fuori e non possono più arrivarci rifornimenti perché cinti d’assedio. Siamo allo stremo…” Il re si chiuse in un mutismo pensieroso e dopo un po’ disse a Giulio: “Generale, ti ringrazio per essere incredibilmente riuscito a tenere il campo per oltre un mese senza rinforzi e rifornimenti, ma ora è tempo che il re si schieri al fianco dei suoi uomini!”

Si fece portare l’armatura che era stata di suo padre e il “Gladio degli antichi”,che emanava un alone azzurrino proprio dei venti della magia che ivi erano stati imprigionati in epoche fuori dal tempo e dallo spazio, poi, quando anche Marco fu rivestito dell’armatura dei loro avi, disse a Giulio: “Generale,se dovessi cadere proteggi mia moglie, non permettere che nessuno la sfiori, ma abbi fede, usciremo vincitori anche stavolta!”

Detto ciò baciò intensamente la regina che aveva gli occhi colmi di lacrime, abbracciò fraternamente il generale Giulio e uscì seguito da Marco e dai suoi uomini, dirigendosi verso il cortile interno dove lo attendevano i “pretoli” la fidata e antica guardia personale dei re di Tilea. Montò a cavallo e ordinò che tutte le legioni di equites ancora disponibili e tutti coloro che erano in grado di cavalcare di unirsi a lui. Successivamente ordinò agli artiglieri di “scaricare” le ultime munizioni rimaste in contemporanea all’apertura del pesante cancello della fortezza, da parte dei fanti. Appena una tempesta di fuoco e piombo, proveniente in simultanea da tutti i cannoni della cittadella, investì gli assedianti, il cancello di acciaio si spalancò e tra lo smarrimento dei nemici, re Francesco guidò alla carica 500 cavalieri in armatura pesante contro nemici quattro volte superiori e li sbaragliò con l’impeto degno di un re e la devozione dei suoi legionari.

I ribelli non ebbero quasi il tempo di reagire e, dopo il primo scontro, fuggirono terrorizzati alla vista di quello che credevano fosse il fantasma di re Domenico che non trovava pace ed era sceso dagli inferi per vendicarsi del loro tradimento.

Quel giorno fu il primo della lunga e faticosa riconquista di tutta la penisola da parte delle legioni reali, che si concluse circa due anni e mezzo fa con l’entrata trionfale del re, della regina, della famiglia e della corte reale a Rola, la nostra amata capitale, per il fastoso matrimonio ufficiale, celebrato per volontà del re prima secondo il rito elfico e poi secondo quello tileano, e per la solenne incoronazione sulla scalinata del palazzo del senato come vuole l’antica tradizione. Alle fastose e regali nozze, furono invitati tutti i regnanti e governanti del vecchio mondo, compreso l’imperatore Karl Franz che non risparmiò generosi commenti all’indirizzo della regina (fortunatamente non uditi dal nostro impulsivo e bellicoso sovrano.), che riuscì nell’arduo compito di ammutolire, per meraviglia, quasi 3000 politicanti e guerrieri che discutevano animatamente tra loro, quando fece la sua prima apparizione con le tradizionali tuniche tileane… Per l’occasione il re Fenice di Ulthuan inviò, in dono agli sposi, una splendida cavalcatura elica, che la nostra bellissima e amata regina continua a montare in battaglia, e le felicitazioni per “una figlia di Ulthuan ritrovata” scrisse lui, scatenando l’ilarità di tutto il senato e degli invitati e, prima fra tutte, di Khelima stessa.

E fu così che nell’”anno di Bruto”(Tileano) 3601 (2522 del calendario imperiale) all’età di 23 anni, Francesco I “spaccacoltelli” di Gambadoro venne solennemente incoronato “237° re dei Reali territori degli uomini liberi di Tilea, Signore della terra degli antichi, Custode delle tradizioni, delle leggi e delle anime del Ridente popolo, Garante della libertà e della giustizia, Guida ed esempio di virtù e dedizione, Fuoco che non estingue mai di lealtà e onore, Baluardo contro l’avidità e le bramosie dei potenti, Difensore delle genti libere dal male e dal caos dilaganti, ultima Spada quando tutte le altre calano di fronte alle tenebre, Campione del reame delle valli e dei monti del sole e della luna”… quando già lo era da cinque…
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Melkor il Morgoth
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeVen Gen 16, 2009 11:42 pm

prima di tutto complimenti...! :25h: però una domanda: è ufficiale o lo hai scritto tu? perché nel secondo caso andrebbe postato nella sezione "discussioni sul BG", le altre due (bg fantasy e bg 40,000) sono dedicate solo ed esclusivamente al BG ufficiale... :fg4:
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeSab Gen 17, 2009 1:14 pm

l'ho scritto io...nn la sapevo questa cosa :efef: ...se è così spostatemelo pure i nn so come si fa :sorr:
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeSab Gen 17, 2009 2:02 pm

ok tranquillo adesso in qualche modo facciamo..! :sorr:
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeSab Gen 17, 2009 6:07 pm

Discussone spostata.

Cmq complimenti Lupobianco! Ottimo lavoro! Davvero! :25h:
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitimeSab Gen 17, 2009 6:38 pm

dovreste spostare anche il BG vero e proprio su Tilea...anche quello lo scritto io...si chiama "background delle terre di Tilea"
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MessaggioTitolo: Re: storie dal reame di Tilea   storie dal reame di Tilea Icon_minitime

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