Dal primo articolo del corriere online di oggi (
link), un articolo sulla disoccupazione in aumento tra i laureati:
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I laureati italiani? Sempre più disoccupatiPassa dal 16% al 19% la disoccupazione dei laureati triennaliMILANO - Un'altra brutta notizia per i ragazzi italiani. Oltre al
tasso di disoccupazione giovanile superiore al 31% secondo i dati Istat
di gennaio, ora arriva anche l'aumento della disoccupazione tra i
laureati. È quanto stabilisce il XIV
Rapporto Almalaurea sulla
condizione occupazionale dei «neodottori», circa 400mila ragazzi
coinvolti. Secondo il consorzio interuniversitario la disoccupazione
dei laureati triennali è passata dal 16% del 2009 al 19% del 2010. Dato
che lievita anche per i laureati specialistici, passato dal 18 al 20 per
cento. Non vengono risparmiati neanche gli specialistici «a ciclo
unico» come i laureati in medicina, architettura, veterinaria,
giurisprudenza: anche per loro la disoccupazione è passata dal 16,5 al
19%.
I RISULTATI - «Si tratta di un fenomeno piuttosto preoccupante -
spiega Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea - ma del resto basta
dare un'occhiata agli investimenti fatti in questo periodo dal nostro
Paese in questo settore. Francia, Germania, tutti i Paesi Europei hanno
investito di più nelle professioni qualificate per uscire dalla crisi,
l'Italia è l'unica in controtendenza. Abbiamo una percentuale di
laureati modesta rispetto alla media Ocse, abbiamo una classe dirigente
oltre 55 anni poco scolarizzata e per di più investiamo pochissimo su
questo fronte».
IL CONFRONTO - Non conforta neanche il confronto con i dati del
2007. I laureati triennali disoccupati del 2010 fotografati da
Almalaurea, sono infatti aumentati dell'8%, percentuale che lievita per i
laureati specialistici (9%) e per gli specialistici a ciclo unico
(+10%). Per di più diminuisce il lavoro a tempo indeterminato: la
stabilità riguarda infatti il 42,5% dei laureati occupati di primo
livello e il 34% dei laureati specialistici (con una riduzione,
rispettivamente, di 4 e di 1 punto percentuale rispetto all’indagine
2010). Contemporaneamente si dilata la consistenza delle forme
contrattuali a tempo determinato e interinale, del lavoro
parasubordinato e del lavoro nero. Fenomeno, quest’ultimo, che riguarda
il 6% dei laureati di primo livello, il 7% degli specialistici, l’11%
di quelli a ciclo unico.
LE RETRIBUZIONI - Brutte notizie anche sul fronte della
remunerazione: lo stipendio a un anno dalla laurea (pari a 1.105 euro
mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli
specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici), già non
elevato, perde ulteriormente potere d’acquisto rispetto alle indagini
precedenti (con una contrazione compresa fra il 2 e il 6% solo
nell’ultimo anno). «Sarebbe un errore imperdonabile - precisa Cammelli -
sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della
condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano, non
facendosi carico di quanti, anche al termine di lunghi, faticosi
processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul
mercato del lavoro, a conquistare la propria autonomia, a progettare il
proprio futuro».
DOPO DIECI ANNI - E cosa succede a dieci anni dal titolo? Se lo è
chiesto lo stesso consorzio bolognese che nell'autunno del 2011 ha
condotto un'indagine via web coinvolgendo un campione di laureati
pre-riforma degli anni 2000, 2001 e 2002. Le conclusioni? Dalle 13 mila
interviste realizzate, risulta che lavorano 88 intervistati su cento,
valore in calo di 4 punti percentuali rispetto all’analoga rilevazione
condotta nel 2006 (sui laureati del 1997-1998). Si dichiara alla ricerca
di un lavoro il 10% (erano 6 su cento tra i laureati 1997-1998).
Stabili 81 occupati su cento, di cui il 63% con un contratto a tempo
indeterminato e il restante 18 con un lavoro autonomo. I laureati degli
anni 2000-2001-2002, vedono la propria retribuzione mensile netta
attestarsi, in media, a 1.620 euro (era di 1.466 euro tra i laureati del
1997-1998 intervistati nel 2006). In termini reali, gli stipendi sono
rimasti pressoché costanti.
Corinna De Cesare
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Sono dati non certo confortanti in prospettiva futura.
Personalmente, la mia opinione è quella che non occorre una percentuale di laureati spropositata, della serie "più sono e meglio è", ma che vada tenuta a livelli corrispondenti alla richiesta attuale/stimata del prossimo futuro, e che si punti invece molto sulla qualità.
Non si evince da questo articolo ma da altri che ho letto come ci sia invece carenza di manodopera specializzata, di cuochi, falegnami, parrucchieri, eccetera.
Insomma, una cattiva distribuzione. Eccesso da un lato e carenza dall'altro.
Sulla situazione universitaria in Italia non posso esprimermi per conoscenza diretta, ma sento dire cose poco confortanti riguardo alla situazione degli atenei italiani in quanto a raccomandazione, inutilità di corsi/esami, insegnamento inadeguato (quasi anacronistico) e distante dal mondo del lavoro, baronato, e molto altro ancora. Chiedo a voi: sono solo voci o corrisponde anche alla vostra opinione?
Per concludere, è vero che ho detto che il numero di laureati dovrebbe essere adeguato alla richiesta del mercato, ma è anche vero che in Italia non si sta facendo praticamente nulla per investire sulla creazione di posti di lavoro qualificati. Settore della ricerca è completamente carente di fondi, e altri settori come quello turistico (che secondo me assorbirebbe una valanga di laureati in architettura, storia, arte, archeologia, letteratura,...), che potenzialmente potrebbe generare una ricchezza enorme per il nostro paese, è completamente trascurato. Siamo seduti sul Paese più ricco nel senso culturale del termine e nemmeno ce ne accorgiamo, tra poco.
Poi non so con precisione, ma ho il dubbio che in altri settori industriali si potrebbe investire molto di più sviluppo applicato di medio-alto/alto livello, condotto anche da laureati (ma anche da personale specializzato, settore anche questo troppo trascurato in italia).
Il problema è che ormai si piange sul latte versato, inutile nasconderci che ora non è proprio un momento facile nel quale investire. Forse era meglio pensarci prima...
Bene, ho detto la mia, dite la vostra!