1° Avventura: Una trappola per topi.

Namira riuscì a dormire bene quella notte, e s'alzò di buon umore. Decise di fare una sontuosa colazione, poichè avrebbe avuto bisogno di energie quel giorno.
Mentre scendeva le scale le tornavano in mente le parole dello spettro consumato dall'ira incontrato nelle fogne, e si sentì carica di ansiosa determinazione. Si sedette ad un tavolino illuminato dai primi raggi di sole, che timidamente spuntavano da una finestra di modeste dimensioni.
Aveva sentito i passi dell'oste prima di scendere, ma lo chiamò lo stesso, leggermente spazientita del disservizio.

"Ehi, c'è nessuno? Oste!"

Era abituata alle taverne della sua Calimport, i cui tavernieri erano molto più calorosi e sempre pronti a servirti.
Mentre aspettava, Namira si domandò se fosse la prima dello strano gruppo ad essersi svegliata.

Il monaco si destò. La notte era stata dura da passare all'aperto, ma aveva ormai fatto l'abitudine a quei luoghi. Ripose in fretta il giaciglio nella sua piccola sacca.
Quel che gli mancava era un pasto caldo. Si diresse alla taverna nei pressi della quale stazionavano gli altri due avventurieri.
Entrando, vide la giovane in piedi nell'atrio, che guardava, apparentemente irritata, il bancone. Senza dire niente, si mise a sedere, desideroso di qualcosa di caldo.

Niente da fare, senza usare uno dei suoi incantesimi il mago non poteva capire che diamine fosse quella pergamena e ci perse quasi mezz'ora a leggere senza risultato i simboli arcani...solo dopo che ebbe lanciato un incantesimo apposito riuscì a trovare il senso di quella scrittura ma capì subito che quella pergamena non era da lui utilizzabile: difatti essa non modificava direttamente la Trama, ma agiva attraverso un potere divino che lui non poteva incanalare.

Namira invece aspettò che l'oste si fece vivo e dopo qualche minuto comparse dalla sua stanza, da una porta dietro il bancone. Aveva una pessima cera: la maledizione si era espansa fino alla mano destra, l'uomo aveva due occhiaie che suggerivano una totale mancanza di sonno e camminava più simile ad uno zombie che ad altro. Con sè aveva solo un pò di latte fresco e di biscotti fatti in casa, che pose sul banco senza dire una parola, al servizio degli unici tre avventori della locanda.


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La Perga contiene una zona di verità.

Seccato dal trovarsi per mano un oggetto a lui inutile scese le scale della taverna sovrappensiero.
Arrivato nella sala individuò facilmente i due compagni e unici avventori della taverna. Fece un cenno di saluto all'oste e si sedette.
"Del vino grazie." Chiese all'uomo che già mostrava segni di veloce deperimento per il morbo, la sua vista rafforzò ulteriormente la decisione presa.
"Credo che questa possa essere più utile a te." Disse al mezzorco porgendogli la pergamena. "Ho visto che ieri incanalavate energia divina in voi, non sò a quale dio siate votato ma di sicuro non siete solamente un eremita."
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Passo a Hoji la pergamena di zona di verità, usala saggiamente. =P

Il mezz'orco guardò di traverso l'oste. Si volse allora al suo interlocutore. "Vi sono argomenti che questo semplice eremita" disse, calcando e due parole con la voce profonda "preferisce non veder trapelare, come la notte non sopporta il giorno. Vi ringrazio, tuttavia, per codesta pergamena" concluse, riponendo la pergamena in mezzo ai vestiti logori.

Namira balzò in piedi e, battendo le mani per aggiungere enfasi alle sue parole, esordì:

"Bene! Ora che siamo tutti riuniti possiamo procedere!"

"E' necessario agire al suono delle civette. Ma come le civette, dobbiamo avere occhi grandi e arguti". Ciò detto, si alzò. "Ci rivedremo qui all'ora della cena. Nel frattempo, darò un'occhiata intorno".

Proprio nel mentre che Hoji si alza dal tavolo ecco che fa il suo ingresso nel locale un colosso dalla pelle scura, che zoppica visibilmente.

"Oste! presto, chiudi bottega e vieni in piazza: la guardia cittadina ha preso due maghi sospetti e ci sarà l'esecuzione a breve, in piazza! Forse son stati loro a scatenare il contagio!"

Urla, poi guarda anche gli stranieri.

"venite anche voi, ci sarà da divertirsi!"

E sghignazzando se ne andò claudicando...In effetti ora che ci facevano caso si poteva sentire un pò di rumore all'esterno della Locanda, segno di un effettivo fermento popolare.
L'oste scosse il capo

"Bah..."

Tristemente rimase a pulire i suoi boccali sporchi, prima di farne cadere uno per causa della mano ormai paralizzata. L'omone rimase immobile per un istante, prima di scoppiare a piangere.


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Domanda: preferite ricevere i px ad avventura finita od ora? cmq non salite di livello per il momento, fate voi.

Namira seguì l'energumeno all'esterno della locanda. Chi erano questi due maghi? I sovrintendenti della città volevano usarli come capro espiatorio?


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io preferirei riceverli alla fine.

Il monaco si alzò a sua volta, e posò la propria ciotola sul bancone. Lanciò un'occhiata all'oste in lacrime. Non doveva lasciare che la pietà facesse tremare la sua mano, doveva rimanere calmo. Sapeva quel che andava fatto e non c'era niente da aggiungere, né risoluzioni da fortificare.
Uscì, seguendo la ladra, ma cercando di non dare nell'occhio.
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Secondo me facciamo prima a fare tutto alla fine.

Il mago sbuffò per la situazione.
La violenza immotivata che aveva temuto sembrava fosse già esplosa. Volendo trovare a tutti i costi un capro espiatorio aveva colpito i bersagli più ovvi, due maghi che potevano essere facilmente imputati della piaga magica.
Alzandosi fù lieto che nessuno sapesse che anche lui lo era se no avrebbe rischiato grosso.
Era quasi sul ciglio della porta quando un ricordo lo fece imprecare sotto voce.
Il capitano delle guardia sapeva che era un mago. La cosa si faceva più complicata.
Uscì in strada dando una pacca all'omone mentre gli passava accanto.
Aveva un brutto presentimento, tutti i piani pensati erano da scartare vista la velocità con cui gli eventi stavano precipitando.

Appena aperta la porta furono invasi da un vociare concitato proveniente dalla parte opposta della modesta piazza: diversi popolani avevano legato sopra un cavallo due maghi, uno che dava la schiena all'altro, entrambi disperati ed in lacrime. Una folla cominciava a raggrupparvicisi intorno, recanti forconi, padelle, falci ed altri oggetti cui funzione esulava sicuramente da quella offensiva...ma tutti erano fomentati dalla rabbia e dalle diverse piaghe che recavano, visibili sul volto, sui petti lasciati nudi dai vestiti stracciati e sulle gambe immobili. Poco distante due guardie facevano la guardia al portone del palazzo nobiliare del sindaco, i volti impassibili.

"Ecco che il popolano uccide il capro, sperando così di salvarsi. Ma il sangue che scorre potrà mai fermare il dolore?" mormorò a bassa voce il monaco. Pregò che i due incantatori, nonostante la loro peccaminosa occupazione, potessero scamparla, o quantomeno raggiungere la morte rapidamente.
Si avvicinò ad uno dei popolani: "Cosa accade? Chi sono quei due e perché sono legati?".

Muovendosi alla svelta Xaradas si avvicinò al monaco sussurandogli nell'orecchio "Tieniti pronto. Ricordi la pergamena che ti ho dato? Quando ti farò un segnale usala."

Detto ciò si inoltrò nella folla cercando di avvicinarsi al cavallo con i due prigionieri, ogni tanto guardava verso il palazzo del sindaco per vedere se accadeva qualcosa.
Un piano si stava formando nella sua testa, un piano rischioso ma che forse poteva funzionare.

Dalla folla proveniva un berciare confuso, in mezzo a quel fiume di parole i due riuscirono solo a comprenderne una manciata e tutte ben poco carine nei confronti dei due sventurati...Ad un certo punto però un individuo coperto da un logoro mantello, coi denti storti e marci e la barba incolta, salì sopra una cassa appoggiata sul selciato della piazza e con un gesto solenne allargò entrambe le braccia. Pian piano si ristabilì il silenzio.


"In casa di questi due ignobili stregoni ieri sera abbiamo trovato le prove che sono loro la causa del contagio!" E tirò fuori dalla saccoccia che portava al fianco un pesante libro ed una fialetta contenente un liquido nero e denso. "Un tomo che parla di demoni e una pozione magica mezza vuota e maleodorante!"

Urlò, poi soverchiato dalle voci degli astanti...uno dei due maghi aprì bocca per dire qualcosa, ma il fiato gli venne smorzato da un pugno nello stomaco e dall'arrivo di un uovo marcio in faccia. Dal palazzo ancora nessun segno di vita, mentre la folla si stringeva sempre più attorno ai due maghi, ora distanti una ventina di passi da Xaradas e Hoiji.

Il chierico non rispose al suo compagno. Intuiva quale potesse essere il piano che aveva in mente. Tuttavia non era del tutto certo che la folla avrebbe concesso loro troppa libertà di movimento. E inoltre...dentro di sé, molto in fondo, trovava che per i maghi e gli stregoni, sempre intenti a forgiare con noncuranza e irrispettosamente la natura come chi ari il campo d'altri per coglierne le messi, beh, per essi quella era una punizione adeguata...