Sierre, resta il mistero sulle cause della strageL'autista stava caricando un CD? Oggi i primi rimpatri■ Emerge una nuova pista per spiegare l'incidente di martedì sera a Sierre costato la vita a 22 bambini e 6 adulti in prevalenza di nazionalità belga, anche se non pare sufficientemente solida: secondo alcuni bambini poco prima dello schianto nel tunnel uno dei due autisti stava caricando un DVD o un CD nel lettore del torpedone. Ma la ditta che produce quel tipo di veicolo non ci crede: i conducenti non possono essere visti dai passeggeri, sostengono. E così il comandante della polizia cantonale vallesana Christian Varone continua a sostenere che «al momento non c'è nessuna ipotesi da privilegiare; l'inchiesta prosegue». Citando la polizia vallesana, l'impresa di trasporto Toptours, proprietaria del pullman precisa che nel corpo degli autisti non sono state rilevate tracce di alcol. La stanchezza e un problema tecnico sono anch'essi esclusi dalla ditta, che ha posto in risalto la lunga esperienza dei due conducenti. Intanto restano sotto prognosi riservata i tre bambini più gravemente feriti ricoverati al CHUV di Losanna. Non tutte le vittime della sciagura sono state identificate: formalmente è stata stabilita l'identità di 19 vittime, mentre per altre 9 l'identificazione è in corso, ha indicato ieri la polizia vallesana. Le prime salme dovrebbero essere rimpatriate oggi con tre velivoli militari messi a disposizione dal Belgio, già posatisi a Sion. Sei dei bambini deceduti sono di nazionalità olandese, ha comunicato il Ministero olandese degli esteri. Quattro i feriti olandesi, di cui due in condizioni gravi.
Tra le sfumature dell'indicibileC'è chi ha dovuto attendere l'arrivo all'ospedale per capire se suo figlio ce l'aveva fatta e ci sono lutti di cui quasi ci si vergogna di parlare, come quello della donna che aspettava l'SMS di uno degli autistiÈ come se questa volta il dolore privato dei parenti delle vittime fosse percepito come un affare troppo intimo, troppo fragile per poter essere contaminato da occhi estranei, da sguardi avidi di patimenti altrui. È uno dei pochi piccoli miracoli che inaspettatamente possono sbocciare da una tragedia: c'è pudore.
Il muro di protezione eretto dalle autorità vallesane, polizia in primis, per proteggere la comitiva degli adulti giunti in Svizzera per piangere sulla bara di un congiunto o stringere le mani al figlio sopravvissuto, fa emergere sfumature che normalmente, in casi analoghi sfuggono. Perché nella tragedia l'angoscia non è tutta uguale.
■ Occhi lucidi, nessun pianto. Come quelli di Eveline Widmer-Schlupf (ministra delle inanze e presidente svizzero per il 2012. NdMH) spalla a spalla con il premier belga Elio Di Rupo, quasi goffo, lui e il suo immancabile farfallino, nel suo dolore indicibile, alla conferenza stampa di mercoledì sera a Sion. È solo un'immagine, ma esprime al meglio lo stato d'animo di chi per semplici ragioni geografiche si è trovato ad affrontare la più grave sciagura stradale svizzera degli ultimi anni. A dispetto dell'enormità della tragedia, a farla da padrona è una compostezza surreale.
Ne sa qualcosa quel medico (belga!) dell'ospedale di Sion che, come ci racconta un tecnico di radiologia della clinica (vedi intervista sotto ), ha visto dipingersi sul volto di alcuni genitori dei ragazzi che erano sul bus una gioia stranita, un'allegria troppo scandalosa perché potesse essere espressa apertamente. A loro, che durante tutto il viaggio dal Belgio alla Svizzera non potevano ancora sapere se il loro bambino risultava sulla lista dei vivi o su quella dei morti, era tacitamente richiesta l'inaudita fatica di esultare senza esultare, di gioire senza darlo a vedere. Perché lì, a due metri da loro, compagni di un volo aereo terribile e colmo di fantasmi, c'erano i genitori sfortunati, sfortunatissimi, ai quali è toccato in sorte di non poter vedere altro che i propri ragazzi con le palpebre abbassate per sempre.
Tutto questo lo siamo venuti a sapere quasi per caso, chiacchierando ieri mattina alle nove nel parco di quello stesso ospedale che qualche ora più tardi invierà un delegato davanti alla piccola folla di giornalisti non per informarli sulle condizioni dei giovanissimi pazienti, ma per dire loro di andarsene «per rispettare la tranquillità e il dolore delle famiglie», come recita il dispaccio d'agenzia. Pudore che chiude le bocche, blocca la vista. E manda in crisi troupe televisive di mezzo mondo. Ieri, a Sion, gli inviati di un celebre TG della vicina penisola credevano di impazzire: «Ma lo sai che qui non parla proprio nessuno?», mi dice incredula Ilaria, una collega del Nord Italia. «Meglio, no?» verrebbe da dire, «c'è più rispetto». Ma teniamo il pensiero per noi conoscendo bene le aspettative che in casi del genere vengono avanzate, più o meno legittimamente, dalle redazioni centrali dei media. Di fatto, a Sierre, potresti leggere come su un libro la suddivisione dei giornalisti fra due distinte scuole di pensiero: quella del racconto e dell'esposizione nel dettaglio, perfino fisiognomico, del dolore e dell'angoscia; e quella dell'evocazione del dramma senza inutili voyeurismi. Inutile dire da che parte stiamo.
E quando, davanti al Centre Funéraire, inerpicato sulla collina ovest di Sion un cordialissimo poliziotto ci invita a dirigere l'automobile dall'altra parte della strada, dove già si assiepano foreste di telecamere e di colleghi impazienti di assistere allo «sbarco» dei parenti, sentiamo un certo orgoglio per la scelta delle nostre autorità di proteggere con un vero e proprio fossato la macchina dell'informazione dagli autobus del dolore. A dividere gli occhi meccanici dei reporter da quelli gonfi di pianto di quelle persone c'è un'intera strada asfaltata che percepiamo come un autentico fossato simbolico tra il dicibile e l'indicibile.
Un muro protettivo che ci permette di vedere di meno, ma di pensare di più. E di cogliere sfumature che la sovraesposizione mediatica del dolore ci impedirebbe di osservare tanto lucidamente, per esempio tra i lutti. Mica vero che sono tutti uguali, ed è normale: si piange più facilmente su un bambino che su un adulto. Ma come può avere reagito quella giovane vedova, di cui leggiamo la storia su un quotidiano belga, che lunedì sera non aveva ricevuto il consueto SMS dal marito, autista di pullman, e ha scoperto dal radiogiornale del mattino che a guidare il mezzo che si era schiantato in un tunnel svizzero con tanti bambini era il suo uomo? Un lutto, fra altri 27, sottaciuto, per rispetto a chi ha perso un figlio. Ma non per questo un lutto minore. E benedetto sia il cuore di chi riuscirà a piangere anche per questa donna.
L'INTERVISTA ■ PHILIPPE CARTHOBLAZ«Qui l'angoscia e la gioia dei parenti si sono mescolate»■ La prima cosa che pensi quando lo vedi è che somiglia in modo imbarazzante ad Asterix. La seconda è che se passeggia dentro il suo camice bianco fumando una pipa di radica verde nel parco che circonda l'ospedale di Sion, allora è molto probabile che abbia bisogno di rilassarsi dopo aver vissuto una notte, o forse due, diversa dalle altre.
Philippe Carthoblaz, tecnico radiologo dell'istituto vallesano, ci guarda incuriosito quando gli chiediamo a bruciapelo se per caso si è occupato di quei bambini belgi sopravvissuti all'impatto sotto il tunnel di Sierre. Ma non si tira indietro.
«Sì, c'ero anch'io. Sono stato chiamato nell'ambito del piano d'emergenza. Ci hanno convocato tutti nell'ambito delle nostre differenti specialità: medici, infermieri…»
Ma cosa è successo esattamente all'ospedale, quella sera?«Sono arrivate le prime ambulanze coi bambini che erano feriti in modo più serio. Alcuni sono stati trasferiti all'Inselspital di Berna, altri al CHUV di Losanna».
Insomma, tutti i feriti, inizialmente, sono arrivati qui e poi sono stati smistati.«Esatto. L'ospedale di Sion è il maggior ospedale vallesano ed è anche il più dotato per le varie patologie nella zona. Il problema è che non sono arrivati tutti insieme ma a scaglioni».
A che ora sono arrivati tutti quanti all'ospedale?«Direi verso le due del mattino. Perché non deve essere stato facile liberarli dalle lamiere in alcuni casi».
Quattro-cinque ore circa dopo l'impatto.«Esatto».
Lei si è occupato delle radiografie dei ragazzi, giusto?«Esatto. Ho fatto decine di radiografie».
In che stato erano i ragazzi?«Noi siamo intervenuti in seconda battuta, dopo che erano già stati trattati nelle ambulanze. Non abbiamo avuto il primo contatto, che dev'essere stato terribile. Erano già intubati, medicalizzati. Il problema era che erano davvero tanti e non tutti i bambini parlavano francese, ma il fiammingo. Anche l'interprete serviva a poco».
Erano agitati?«No, erano stati tranquillizzati. Penso che da questo punto di vista siano stati trattati con grande professionalità»
Come radiologo quali sono le ferite che ha potuto vedere?«C'erano molti arti inferiori feriti, bacini, gambe. Poche fratture della colonna. Quelli che ho visto io non erano troppo gravi. Certo, un paio o tre, quelli che sono stati portati al CHUV sono ancora tra la vita e la morte. Ma i 14 che sono rimasti qui ne usciranno tutti, con gradi di danno più o meno gravi».
Ieri (martedì sera per chi legge) sono arrivati i parenti dei bambini. Cosa è successo?«Me lo sono fatto raccontare da un collega belga che c'era in quel momento. Era particolarmente penoso perché i parenti ancora non sapevano se il loro bambino era vivo o morto. Quelli che non si sono fatti niente di grave avevano già chiamato i loro parenti e avevano potuto tranquillizzarli. Gli altri, quelli che sono stati intubati, per esempio, non avevano potuto farlo. E quindi i genitori non sapevano se erano vivi o morti. Era orribile».
Ma coi parenti che poi hanno trovato i loro bambini vivi ci saranno senz'altro state scene di giubilo.«Il problema era la differenza, il vero e proprio fossato tra quelli che trovavano i loro bambini feriti ma vivi e quelli che invece non li trovavano neppure tra i feriti. Penso che anche per loro sia stata una prova terribile»
IL PUNTOIL PUNTO
IDENTITÀ AL VAGLIO
Non tutte le vittime della sciagura costata la vita martedì sera a Sierre (VS) a 28 persone, tra cui 22 bambini, sono state identificate: formalmente è stata stabilita l'identità di 19 vittime, mentre per altre 9 l'identificazione è in corso. Le prime salme dovrebbero essere rimpatriate oggi con tre velivoli militari messi a disposizione dal Belgio. Sei dei bambini deceduti sono olandesi. Quattro i feriti olandesi, di cui due in condizioni gravi.
IL GIALLO DEL CD
Riguardo alle cause della tragedia, l'inchiesta prosegue. Secondo i quotidiani Aargauer Zeitung e il fiammingo Het Laatste Nieuws, alcuni bambini hanno indicato che poco prima dell'incidente l'autista avrebbe voluto inserire un DVD o un CD nel lettore del torpedone. Ma per l'impresa di trasporto Toptours, proprietaria del pullman, il modello in questione impedisce di vedere la cabina degli autisti, situata a livello della strada, mentre i passeggeri sono tutti sopraelevati. Sarebbe quindi impossibile che qualcuno abbia visto un autista fare alcunché. Citando la polizia vallesana, Toptours precisa inoltre che nel corpo degli autisti non sono state rilevate tracce di alcol. La stanchezza e un problema tecnico sono anch'essi esclusi dalla ditta, che ha posto in risalto la lunga esperienza dei due conducenti.
I FERITI E I RIMPATRI
Mentre il rimpatrio di 14 bambini, in cura all'ospedale di Sion, era ieri sera in preparazione, per tre bambini, ricoverati al CHUV di Losanna, la prognosi resta riservata. Un quarto, all'Inselspital di Berna, è fuori pericolo e sta «relativamente bene». «Hôpital du Valais» riferisce che per soccorrere i feriti si sono mobilitati più di 150 membri del personale ospedaliero, e hanno praticato su 16 pazienti una cinquantina di interventi chirurgici. Otto dei bambini erano pronti al rimpatrio, già ieri sera, con i familiari sul velivolo speciale con il quale sono venuti in Svizzera i 116 parenti delle vittime.
MESSAGGI DI SIMPATIA
Anche ieri, i messaggi di simpatia e di cordoglio sono affluiti numerosi. Il Papa ha espresso il suo dolore con un messaggio rivolto ai piccoli feriti, alle loro famiglie e ai soccorritori. Manifestazioni di solidarietà sono giunte anche a St-Luc, che ha aperto ieri un libro di condoglianze e un'apposita messaggeria elettronica. Un appello su Facebook invita a partecipare ad una marcia bianca a Martigny, mentre il vescovo di Sion ha celebrato una messa in memoria delle vittime.
BANDIERE A MEZZ'ASTA
Oggi, giornata di lutto nazionale, il Belgio si fermerà alle 11 per onorare la memoria dei ventidue bambini e sei adulti periti nel dramma. Il lutto sarà visibile anche in Svizzera: in tutti i Comuni vallesani e a Berna sull'ala ovest del Palazzo federale, le bandiere saranno poste a mezz'asta. Un minuto di silenzio è peraltro stato osservato ieri al Senato a Bruxelles, dove due membri del personale sono toccati dalla sciagura. Il primo, impiegato al servizio di traduzione, ha perso una figlia, mentre il secondo, un dipendente del ristorante del Parlamento, è padre di una delle piccole vittime tuttora in coma.
Fonte: Corriere del Ticino, 16.03.2012
Sempre piu assurdo.... E ora cominciano a venire dei grossi dubbi sulla serietà dei crash test che fanno a questi bus. Non è possibile che un bus nuovo si possa disintegrare cosi tanto sbattendo contro un muro seppur a 100 Km/H! Non è possibile che seppur i bimbi fossero correttente allacciati con la citura di sicurezza, non si siano salvati lo stesso perchè i sedili sono stati divelti dal pavimento del bus stesso. Non è possibile che succedano cose del genere! Non è possibile e basta!! è tutto troppo assurdo....