Zendra
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 Il dibattito sull'art.18

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MessaggioTitolo: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeMer Dic 21, 2011 7:40 pm

In questi giorni si sente spesso parlare delle modifiche all'art. 18, di come i sindacati dicano no (curioso che Cisl e Uil protestino solo ora, mentre col precedente governo se ne stavano zitti e muti), Marchionne, la Marcegaglia e il resto di Confindustria che premono per cambiarlo.
Ma che cavolo è quest'articolo ? Cosa dice e cosa serve ? Penso possa essere utile parlarne un po' e spiegarlo.

Intanto l'art. 18 non appartiene nè alla Costituzione nè al Codice Civile o a qualsiasi altro codice esistente (ho sentito anche un fantomatico "codice del lavoro", che sarei curioso di leggere), bensì allo Statuto dei l
Lavoratori del 30 Maggio 1970.
Che cosa dice ? Per comodità dividiamolo in due parti.

Parte 1 - non è permesso il licenziamento di un dipendente senza giusta causa. Questo significa che la Fiat non può ad esempio licenziare uno perchè è della Cgil, o perchè ha scioperato, perchè è iscritto ad un certo partito o perchè si dichiara davanti ad una tv in disaccordo con Marchionne.
Serve evidentemente a tutelare il lavoratore da possibili abusi del datore di lavoro, che senza una giusta causa non può licenziarlo. Per chiarezza aggiungo subito che esuberi, cassa integrazione e licenziamenti di massa non c'entrano nulla con il 18, questa è un'altra storia.

Parte 2 - il lavoratore ha diritto ad un indennizzo (ad es., se vengo licenziato nel 2008 e nel 2010 vinco la causa, mi spetta la retribuzione che non ho ricevuto in questi due anni), e può richiedere la reintegra del posto di lavoro.


Ora, cosa succede ? Che in realtà l'art. 18 si applica SOLO alle imprese con più di 15 dipendenti. E tali imprese costituiscono solamente il 5% delle imprese italiane. Considerando inoltre che solitamente lavoratori e dipendenti si mettono preventivamente d'accordo, il numero di contenziosi che ne nasce è estremamente ridotto.
Leggo anche che una modifica dell'articolo porterebbe ad una crescita delle imprese ed ad una maggiore occupazione, ma sono esclusivamente cavolate: dove sta il nesso fra l'impedire licenziamenti arbitrari del datore di lavore e una maggiore occupazione ? Al Sud l'art. 18 si applica pochissimo per via delle dimensioni delle imprese, e l'occupazione è difatti molto più bassa che al Nord.
In breve, l'art 18 non impedisce crescita e occupazione come sparano tanti, ma si tratta semplicemente di una norma di civiltà che proibisce al datore di lavoro di licenziare uno "perchè è comunista" o simili.
Non a caso, grazie a mia madre che è magistrato in sezione lavoro ho assistito recentemente ad un convegno di diritto del lavoro di avvocati e magistrati di Piemonte, Liguria e Toscana e non ce n'era uno che non fosse a favore dell'art. 18, e che non ribadisse come la sua eliminazione non porterebbe alcun vantaggio economico.


Tra l'altro, è interessante notare come tale articolo non si applichi nemmeno ai lavoratori precari: quello che sarebbe da fare sarebbe invece dare loro tutele che al momento non esistono.

Di articoli su quest'argomento ce ne sono a bizzeffe, non ne posto nessuno; trovo tuttavia interessanti alcuni sul FQ.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeMer Dic 21, 2011 11:38 pm

Io non ho ben capito che valenza giuridica abbia questo Statuto. Voglio dire, se fosse una norma costituzionale o un articolo di una legge la risposta sarebeb evidente ma uno "statuto" che rilevanza giurida ha?? (la domanda probabilmente è stupida ma qui in CH gli "statuti" non hanno nulla a che fare con le leggi ed ghanno una valenza giuridica pressochè nulla, quindi...)

Anyway, devo dire che non mi piace molto come è strutturato. Mi spiego: condivido l'idea di fondo di proteggere il lavoratore ma la reintegra nel posto di lavoro mi pare un assurdità per tutta una serie di motivi ("odio" tra datore di lavoro e lavoratore, ambiente insopportabile, possibilità di licenziamento subito dopo la riassunzione, eccetera...).

Riguardo alla parte 1: l'azienda non puo licenziare qualcuno senza un motivo valido, e in teoria questo mi sta bene. Ma se l'azienda mi licenza lo stesso? Che faccio? Chiedo la rintegra nel lavoro solo per farmi poi licenziare 3 mesi dopo grazie ad un motivo farlocco che il mio datore di lavoro si puo invetare in 3 millisencondi? E dovrei veramente starmene 3 mesi in un posto dove si respire un aria insopportabile? Insomma, si torna a quanto detto sopra...
Qui in CH le cose funzionano cosi: i licenzialmenti sono possibili anche senza motivazione, basta dare i giusti termini (solitamente 3 mesi). Il lavoratore però ha diritto ad una motivazione scritta e in alcuni casi particolari ad un indennizzo per un periodi piu lungo. Il fatto di venir rintegrato nell azienda invece non viene neanche considerato dato che darebbe luogo a dei problemi pratici che praticamente porterebbero cmq ad una dissoluzione del contratto di lavoro... È una soluzione piu pratica anche se moralmente piu discutibili...

Ah, con questo non voglio dire che un sistema sia migliore dell'altro. Volevo semplicemente far si che si potessero valutare tute le soluzioni... ;-)
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Sephiroth
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeGio Dic 22, 2011 10:33 am

Be', è appunto per questo che l'art. 18 vale solo per le aziende con più di 15 dipendenti, che in Italia sono pochissime (ed per questo che a Confindustria non va giù, perchè le aziende grandi finiscono tutte lì). Come detto prima la sua valenza pratica è quasi inesistente, ho letto anzi che verrà applicato sì e no 50 volte l'anno.
Inoltre anche se c'è la reintegra non è detto che il dipendente vada a lavorare lo stesso, possono semplicemente fare come la Fiat che li fa restare a casa ma è costretta a pagar loro lo stipendio lo stesso (e per questo a Marchionne rode il c.u.l.o., visto e considerato che i licenziamenti Fiat sono parecchio discutibili.... ) oppure chiedere in cambio della reintegra 15 mensilità.

Lo Statuto ha valenza di legge e lo si trova emanato come tale nel codice civile, questo perchè all'epoca i sindacati italiani avevano un potere enorme, tanto che nella formazione di un nuovo governo venivano consultati pure loro.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeGio Dic 22, 2011 3:52 pm

Pur rimanendo anche io del parere che i dipendenti abbiano diritto alla tutela da licenziamenti che piovano come fulmini a ciel sereno, i problemi li ha già evidenziati il nostro Maresciallo:
trovare una scusa per lo meno plausibile per un licenziamento non è poi tanto difficile, ed è difficile reintegrare un lavoratore con il quale si è andati in causa.

A mio parere tuttavia questo articolo non è centrale per una riforma del lavoro proficua: occorre tentare di aumentare i posti di lavoro (con incentivi ed agevolazioni, la qual cosa tuttavia richiede sempre un poco di denaro iniziale per l'investimento, cosa che non è proprio il nostro caso al momento), e soprattutto una completa ridistribuzione delle professioni.
Attualmente in italia c'è una mancanza di centinaia di migliaia di lavoratori tra operai specializzati e di altri mestieri come il panettiere, per fare un esempio, mentre dall'altro lato un numero di laureati eccessivo in settori della comunicazione e dei campi umanistici.

Il tutto si dovrebbe ovviare con un livellamento del salario, con una maggiore spinta per le scuole che formano manodopera specializzata e anche, secondo me, un intervento dal punto di vista culturale: la dignità del lavoratore la fa il modo e la professionalità con cui questi esercita la sua professione, qualunque questa professione sia (escludo ovviamente professioni come "ladro professionista" eccetera, ovviamente)
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeGio Dic 22, 2011 4:11 pm

Asurian ha scritto:
la dignità del lavoratore la fa il modo e la professionalità con cui questi esercita la sua professione, qualunque questa professione sia (escludo ovviamente professioni come "ladro professionista" eccetera, ovviamente)

cioè quindi secondo te Hans Gruber è privo di dignità????
XD XD
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 1:24 pm

Sephiroth ha scritto:
Be', è appunto per questo che l'art. 18 vale solo per le aziende con più di 15 dipendenti, che in Italia sono pochissime (ed per questo che a Confindustria non va giù, perchè le aziende grandi finiscono tutte lì). Come detto prima la sua valenza pratica è quasi inesistente, ho letto anzi che verrà applicato sì e no 50 volte l'anno.
Inoltre anche se c'è la reintegra non è detto che il dipendente vada a lavorare lo stesso, possono semplicemente fare come la Fiat che li fa restare a casa ma è costretta a pagar loro lo stipendio lo stesso (e per questo a Marchionne rode il c.u.l.o., visto e considerato che i licenziamenti Fiat sono parecchio discutibili.... ) oppure chiedere in cambio della reintegra 15 mensilità.

Lo Statuto ha valenza di legge e lo si trova emanato come tale nel codice civile, questo perchè all'epoca i sindacati italiani avevano un potere enorme, tanto che nella formazione di un nuovo governo venivano consultati pure loro.

...è bravo Sephiroth...
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 2:26 pm

a quanto sento dall'olanda se uno viene licenziato l'azienda è obbligata a trovare un posto di lavoro alternativo al licenziato.

il problema in italia sono per lo più i consulenti, ex dipendenti in pensione che occupano posti che potrebbero benissimo andare a giovani che cercano di farsi una vita. ovviamente è un parere personale.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 7:04 pm

Il grande problema italiano è che il 95% delle imprese sono di piccole e micro dimensioni a conduzione famigliare che non superano i 15 dipententi.

La grande e media impresa è relativamente piccola, quindi se non si fa parte della PA o del sistema bancario entrare in quel 5%, ipertutelato dai sindacati, non è cosa semplice.

Per questo motivo che anche un percorso di laurea non viene ripagato, sono troppi in confronto alle esigue imprese di elevato profilo professionale che hanno quindi un profilo multinazionale.

In sostanza alzare la soglia dell'ART 18 permetterebbe di incentivare la crescita del sistema produttivo italiano. Perchè cari sindacalisti o fanatici comunisti tra lavorare più del dovuto o lavorare per nulla preferisco la prima condizione.








Ultima modifica di SIGMAR il Ven Dic 23, 2011 8:55 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 8:30 pm

SIGMAR ha scritto:

In sostanta alzare la soglia dell'ART 18 permetterebbe di incentivare la crescita del sistema produttivo italiano. Perchè cari sindacalisti o fanatici comunisti tra lavorare più del dovuto o lavorare per nulla preferisco la prima condizione.







Allora vacci davvero. Non a studicchiare all'università, ma a spaccarti la schiena per 30anni sulla catena di montaggio come metalmeccanico, o umiliato costantemente come maestro da governi di questa associazione criminale chiamata stato, o con la schiena curva sui rifiuti o sulla terra.
Il quantitativo di improperi che mi è esploso in mente non lo sto nemmeno a quanificare: nel paese di Bengodo si dice che la miseria non è poi così male, ma per favore. Va a zappare la terra, e non è un modo di dire.

By: un anarchico (sì, ho visto la luce in fondo a Proudhon)
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 8:56 pm

Shasso essere idalisti è un conto essere razionali un altro. Comprendo l'enfasi ultra irrazionale, contro tutto e tutti.

Ad ogni modo, le cose non si possono cambiare ma solo migliorare e non per questo peggiorarle nel breve termine come sta accadendo con il governo tecnico in funzione del futuro.

Tra 30 in catena di montaggio " che scomparirà per la progressa tecnologia" e 30 di fame preferisco comunque la prima. Creare posti di lavoro è difficile occuparli molto meno.Il merito va sempre dato all'imprenditore prima di tutti ed è in questo si basa il Profitto. Senza il Profitto nessuno sarebbe cosi lungimirante di farsi carico non di trovare lavoro solo per se stesso ma di crearlo e pagarlo addirittura per altri.

Nel mondo nulla ci è dovuto se non quello che realiziamo con le nostre mani e\o con la nostra mente. Se il lavoro è dato da qualcun altro e noi liberamente scegliamo di svolgerlo perchè non riusciamo a trovare una strada migliore o a costruircela da soli come l'imprenditore ha fatto, be le pretese sono ben poche.

Solo per fare un annotazione nei 4 anni di studio intensi ho lavorato per 3 anni come cameriere per circa 20 ore settimanali. So benissmo cosa vuol dire fare un lavoro non professionale che tutti potrebbero fare, senza avere per questo motivo un minimo di potere contrattuale.

Discorsi complessi che messi così sono talmente riduttivi da blaterare come animali.

Sostengo comunque che chi ha maggiori capacità e volontà dovrebbe garantire un minimo di dignità a chi non ne ha. Il solo Profitto non può essere l'unica spinta motrice all'imprenditoria che crea lavoro ma dobbiamo comunque incoraggiarla e per questo motivo l'ART18 va innalzato almeno a 20 dipendenti. Altrimenti il tessuto produttivo non cresce e i cinesi ci mangeranno sopra la testa sempre di più.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:18 pm

quotone a sigmar ancora una volta nonostante la rabbia repressa sia tanta perchè è colpa di questi artioli e di tutto il resto se il lavoro per noi giovani non si trova:) in generale il metodo migliore è... telare dall'italia a mio avviso...
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:25 pm

la verità è che tu, e i fighetti come te, il lavoro non sanno nemmeno dove sta di casa. Non ha la ben che minima idea di cosa significa spaccarsi il culo, e te lo dice uno che lo ha fatto per metà, in officina, non a piagnucolare come cameriere. Oh, sì, facevo anche quello, nelle feste di paese, a gratis.

Io non sono idealista, ho studiato storia, ho studiato le comuni, ho studiato la storia della spagna '36 - '39, dove prima che quei maricones del partito comunista facessero un colpo di stato per i tuoi stessi modelli (comando, proprietà privata, gerarchismo...) milizie male armate dei marxisti indipendenti e degli anarchici tenevano testa a Franco, a Hitler e a Mussolini in un clima di totale mancanza dig erarchismo e di interesse personale. Leggiti Omaggio alla Catalogna di orwell, e non solo blateramenti filosofici.

E sorpattutto, se nella Cina attuale l'industria va forte perchè inculano capre, dobbiamo diventare tutti zoofili? Ma dai, dobbiamoe sportare diritti, non importare sopraffazione!

"Se il lavoro è dato da qualcun altro e noi liberamente scegliamo di svolgerlo perchè non riusciamo a trovare una strada migliore o a costruircela da soli come l'imprenditore ha fatto, be le pretese sono ben poche. " Ma che cca...o forse perchè si è POVERI? Mai arrivato in testa un concetto che si chiama ingiustizia sociale? Oppure troppo spazio occupato dal dire che licenziare aiuta l'occupazione, come dire che il furto aiuta il commercio.

E soprattutto, se ritieni che "Discorsi complessi che messi così sono talmente riduttivi da blaterare come animali", bhe, io e te, carino, abbiamo finito di parlare, perchè se per te si blatera come animali, per me tutti parliamo come donne e uomini di pari dignità che esprimono opinioni di pari peso.

Bha, io cambio aria. Ci vediamo quest'estate.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:27 pm

davidz90 ha scritto:
quotone a sigmar ancora una volta nonostante la rabbia repressa sia tanta perchè è colpa di questi artioli e di tutto il resto se il lavoro per noi giovani non si trova:) in generale il metodo migliore è... telare dall'italia a mio avviso...

sì, è colpa deglia rticoli, non del capitalismo che continua a generare crisi interne. E moira orfei dove la mettiamo?
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Sephiroth
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:31 pm

davidz90 ha scritto:
quotone a sigmar ancora una volta nonostante la rabbia repressa sia tanta perchè è colpa di questi artioli e di tutto il resto se il lavoro per noi giovani non si trova:) in generale il metodo migliore è... telare dall'italia a mio avviso...

Secondo me Shasso usa parole troppo forti, ma qui ti sbagli: l'art. 18 con l'occupazione, la crescita e cagate varie NON C'ENTRA PROPRIO NULLA.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:45 pm

shasso calmati rischi giustamente il ban credimi te lo dico per esperienza...cmq intendevo generalizzare il fatto che la politica ha portato a tutto questo poi per l'articolo si può essere d'accordo o meno...

cmq non credo sia giusto parlare di fighetti o meno ricordiamoci che:

1-chi ha studiato nella sua vita si è fatto un cu.. tanto e non certo meno di chi lavora in abbrica....

2-chi lavora in fabbrica fa un lavoro incredibile e io per primo prima di studiare per diventare informatico e anche per permettermi gli studi ho fatto 10 ore al giorno a tirar su tonnellate di ferro e rame...solo per poter arrivare a fare quello che più mi piaceva e so cosa vuol dire


3-lo sanno tutti che il nostro paese va a rotoli le possibilità sono due:

a) rimanere e lottare per rendere le cose migliori

b)perdere le speranze e andare in un altro paese


io da parte mia ho 21 anni e ho perso ogni speranza circa 5 anni fa...quindi per mia fortuna vado via di qua anche se non lontanissimo ma mi allontano da questo paese che per me ha ben poche speranze di ripresa...
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeVen Dic 23, 2011 11:58 pm

Sephiroth ha scritto:
davidz90 ha scritto:
quotone a sigmar ancora una volta nonostante la rabbia repressa sia tanta perchè è colpa di questi artioli e di tutto il resto se il lavoro per noi giovani non si trova:) in generale il metodo migliore è... telare dall'italia a mio avviso...

Secondo me Shasso usa parole troppo forti, ma qui ti sbagli: l'art. 18 con l'occupazione, la crescita e cagate varie NON C'ENTRA PROPRIO NULLA.

Invece centra è proprio quello il punto al centro del dibattito economico sull'intero mercato del lavoro. In sostanza l'art.18 appiattisce la dimensione d'impresa, in quanto pur di evitare i sindacalisti i piccoli imprenditori non aumentano i posti di lavoro restando al di sotto della soglia anche quando potrebbero alzarla creando posti di lavoro.

Un esempio mio padre che porta i TIR nel centro europa e ritorna solo il fine settimana, praticamente si sveglia mangia e dorme in mezzo ad una strada nella solitudine più totale. L'impresa in cui lavora ha 15 autisti, il datore di lavoro vorrebbe aumentare il traffico merci assumendo due nuovi autisti. Tuttavia non li assume in quanto spalancherebbe le porte al sindacato nell'impresa e quindi sottoposto a maggiori pressioni tra cui il rischio di vertenze da parte dei dipendenti.

Un altro esempio è la madre della mia ragazza, ha una coperativa tessile di produzione di alta moda...praticamente il Made Italy...rifiuta il lavoro in quanto non manca anche se si lavora sulla quantità, perchè non può materialmente sostenerlo con i suoi dipendenti e dovrebbe assumere altri.

Prima della coperativa aveva un impresa sartoriale di 40 dipendenti. Il sindacato l'ha stroncata per vertenze di lavoro ed ha dovuto dichiarare il fallimento, per fortuna è riuscita a salvare i macchinari dalla liquidazione e continuare a lavorare garantendo il lavoro a quella decina di persone.


Quindi il punto è che ogni imprenditore se entro i 15 dipendenti ha nulla a che vedere con i sindacalisti, alla soglia dei 16 i dipendenti hanno un potere pressocché assoluto nell'impresa con il rischio che al costo di avere quanto spetta dal contratto sindacale, che nessuno rispetta perchè sarebbe impossibile sostenerlo soprattutto in periodi di crisi, possono far fallire l'impresa a furia di vertenze.

Saggiamente l'imprenditore preferisce contenere il lavoro, senza alzare i suoi profitti e quindi creare nuovi posti di lavoro. Penso che su questo nessuno possa dire il contrario altrimenti non avremmo il 95% delle imprese al di sotto della soglia sindacale stabilita dall'ART. 18.

Sono discorsi complessi, con molte variabili ma spero che un idea possa essere fatta.

PS. blaterare come animali termine metaforico per dire che si discute senza capirsi e capire per la complessità dell'argomento di cui faccio parte anche io.

Provo comunque compassione per conflittualità sociali nelle persone, del resto la lotta di classe non è stato altro che l'altra faccia del razzismo.
Per un comunista il benestante, l'imprenditore è un ladro che mangia sulle disgrazie di chi ha meno di loro. Per un nazista l'ebreo è una razza inferiore, parassita della società.

Cambiare prospettiva aiuta mentre fossilizzarsi su steriotipi di pensiero ci fa sprofondare nella nullità.

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Asurian
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 1:22 am

La tesi di Sigmar, che si può riassumere con:
una tutela eccessiva dei diritti dei lavoratori limita e ostacola il mondo imprenditoriale
è secondo me valida, almeno per certi versi.

A questo si aggiunge il fatto che rende l'Italia poco attrante per investimenti e imprese estere e multinazionali: esse cercano sempre luoghi dove le leggi sono "permissive" in termini di diritti dei lavoratori e rispetto dell'ambiente e dove la manodopera è a basso costo.
La possibilità di poter aumentare e ridurre il personale in modo rapido ed elastico è un fattore importante per queste aziende.

Tuttavia do ragione a Shasso sul fatto che se vogliamo equipararci all'oriente in termini di attrazione verso le multinazionali, dovremmo abbassarci a livelli di miseria e direi quasi schiavitù pari a quelli cinesi, e non mi pare una prospettiva allettante.

La soluzione è, piuttosto che "esportare diritti" (le esportazioni di questo genere di cose per ora non sono andate molto bene, o forse si riferisce ad un altro metodo di "esportazione") è secondo me puntare sulla qualità. Perché a livelli di "convenienza" non riusciremo mai a competere con l'attuale mondo asiatico.

Secondariamente, tutto l'occidente dovrebbe difendere i propri prodotti e il proprio mercato dalla Cina. La Cina sarà più forte, ma se resta sola non può prevaricare.
Il problema è che attualmente la Cina tiene gli USA sul palmo della sua mano, e presto riuscirà a fare altrettanto con noi, se non glielo impediamo.
Pertanto ha lo strumento di ricatto: o noi non tuteliamo il nostro mercato, o ci fa crollare tutto il sistema.

Quindi, per ora meglio puntare sulla qualità, e su un piano d'azione sinergico per difendere i nostri prodotti nel nostro mercato, per lo meno.

Rimanendo a parlare di questo articolo 18, secondo me tutta questa differenza non la fa. La sua presenza limita forse il nostro imprenditore, ma quello estero è frenato da ben altri motivi (costi, leggi su ambiente e diritti dei lavoratori,...), mentre dall'altro lato ad una impresa non ci vuole poi così tanto per crearsi un motivo plausibile per licenziare qualcuno, quando si parla del licenziamento di un singolo.
Per quanto riguarda licenziamenti di massa, situazioni dove di punto in bianco un grande numero di persone si ritrova senza lavoro, e magari con una intera famiglia a carico, sono molto tragiche e se l'articolo 18 riesce ad evitarle allora lo manterrei in vigore.
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Maresciallo_Helbrecht
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 9:46 am

Shasso, ognuno puo avere le idee che vuole ed è libero di espirmerle come gli pare. Ovviamente però questa libertà di parola non deve sfociare in insulti piu o meno velati. Il tono dei tuoi post raggiunge gia gli estremi per la tacca: in questo caso te la risparmio però considerati avvisato...


Riguardo al "meglio lavorare troppo che troppo poco" ovviamente non posso che quotare Sigmar anche se io forse l'avrei detto con parole diverse dato che un fatto sono le ideologie (che in quanto tali di pratico non hanno nulla!) e un altro è il mondo reale e la "Realpolitik".

per rispondere a Sephiroth (che ringrazio per le risposte alle mie domande del mio primo post): è effettivamente vero che articoli protezionistici come il 18 potrebbero rallentare il mondo del lavoro impedendo quindi la crescita economica. La non flessibilità nei licenziamenti (sopratutto statali) è spesso un freno all'economia. Piccolo esempio: se la Grecia è finita nell'attuale baratro economico in cui si trova è anche grazie al fatto di avere la politica di licenziamenti piu rigida in Europa (e guardacaso il Portogallo, che viaggia in acque altrettanto nere è al secondo posto di questa classifica sulla rigidità del lavoro in Europa).

Detto cio non dico che non ci vogliano misure di protezione per i lavoratori, anzi. Ce ne vorrebbero di maggiori dal punto di vista quantitativo (nel senso che non devono venir protetti solo i lavoratori del 5% scarso delle imprese) ma cio non deve intaccare la flessibilità del mercato.
Questo ovviamente è un discorso teorico, nel senso che non so come sia la rigidità del mercato del lavoro in Italia quindi puo anche darsi che, sotto questo punto di vista, l'Art 18 non sia "dannoso"
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 12:10 pm

SIGMAR ha scritto:

Provo comunque compassione per conflittualità sociali nelle persone, del resto la lotta di classe non è stato altro che l'altra faccia del razzismo.
Per un comunista il benestante, l'imprenditore è un ladro che mangia sulle disgrazie di chi ha meno di loro. Per un nazista l'ebreo è una razza inferiore, parassita della società.

La lotta di classe NON è razzismo.
Il razzismo prevede che le "classi" presentino delle differenze non colmabili e producenti la loro condizione, non causate.
Sei terrone, quindi rubi, puzzi e quant'altro.

La lotta di classe invece funziona all'opposto, sei inserito in una classe poiché presenti delle caratteristiche.
Sei proletario perché non hai altro bene che la prole


SIGMAR ha scritto:
Quindi il punto è che ogni imprenditore se entro i 15 dipendenti ha nulla a che vedere con i sindacalisti, alla soglia dei 16 i dipendenti hanno un potere pressocché assoluto nell'impresa con il rischio che al costo di avere quanto spetta dal contratto sindacale, che nessuno rispetta perchè sarebbe impossibile sostenerlo soprattutto in periodi di crisi, possono far fallire l'impresa a furia di vertenze.

Da quello che dici tu, però non è l'articolo 18 a dover essere cambiato, ma il contratto sindacale.

Se dici che non viene rispettato il contratto, evidentemente allora i lavoratori già lavorano TROPPO (che, in altre parole significa che sono pagati POCO, è l'altra faccia della medaglia).


Detto questo, sinceramente, non capisco perché l'articolo 18 dovrebbe favorire l'occupazione.
In particolar modo per le grandi imprese, quelle che possono ammortizzare meglio la crisi e quindi potenzialmente investire nell'allargamento del proprio bacino di produzione.
Perché poter licenziare senza giusta causa qualcuno dovrebbe incentivarmi ad assumere?

Sinceramente mi sembra un modo, piuttosto, di speculare sulla pelle dei lavoratori, che diventano in sostanza capitali da investire. Quando hai lavoro investi di più (assumi), quando poi non ti conviene più deinvesti (licenzi).
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 12:23 pm

:§ere: :§ere:

Mi ritiro dalla discussione e vado un pò a meditare.... §

"-Ehi Giovanni quanto sei cambiato! Sei diventato più basso e magro. Hai anche i capelli biondi!
-Scusami ma mi chiamo Luca non Giovanni.
-Hai cambiato adirittura il nome!"

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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 2:01 pm

Citazione :
In sostanza alzare la soglia dell'ART 18 permetterebbe di incentivare la crescita del sistema produttivo italiano.
Sfido chiunque a negarlo.

Poi diciamolo, perché nessuno lo dice... anche i sindacalisti sono dei succhiasoldi a tradimento. Non tutti, ovviamente.

Il fatto è che la tutela dei lavoratori è necessaria, ma non deve travalicare la tutela dell'azienda e, consequenzialmente, quella dell'intera economia.
Io mi vedo totalmente a favore dell'equiparazione a livello europeo delle politiche sul lavoro, a partire da quelle della Germania.

Mi sovviene un esempio caratteristico della differenza di mentalità: in Germania (la famosa), un'aziendina con una 30ina di dipendenti continuò a lavorare pur essendo stati messi in cassa integrazione per sostenerla, e non si fermò causa scioperi dei sindacati in sciopero per la cassa integrazione - affossando totalmente l'aziendina.
Sono esempi lampanti, che riguardano però la condizione di predisposizione mentale.
È tutto ricollegabile alla mentalità: mentre un italiano medio con il giallo tende a fermarsi e a buttare la "cilinga" sull'asfalto, un altro più notoriamente coscienzioso (tedesco medio? inglese medio?) si ferma al giallo e avvolge il caucciù in una cartina, riponendola nel contenitore apposito localizzato nella sua macchina.
Sempre detto: Italiani, svegliatevi.

Ma al di là dei discorsi puramente generici e generalistici, sono dell'opinione della vecchia massima latina di derivazione sallustiana (o ciechiana, se si vuole): "Homo faber est suae quisque fortunae". Non c'è fortuna, non c'è sfortuna, c'è solo il modo che ogni persona sceglie per comportarsi, seguito dalle conseguenze. Se vieni licenziato, significa che avresti dovuto agire in maniera diversa. Se lavori in fabbrica, puoi aguzzare l'ingegno e mettere su un'aziendina (ce ne sono di episodi come questi, ricordiamolo).
A costo di sembrare cinico, ciò che accade ad ogni persona è determinato dal modo globale di comportamento, in modo simil-deterministico.

Poi certo, possiamo vedere tutto come ingiustizia sociale, o aspirare all'anarchia. Ma sono posizioni completamente teoriche e sbagliate. La prima, perchè tutto non è ingiustizia sociale. La seconda, perché è un'utopia.

Arrivando al nocciolo ed eliminando le premesse:
si, è giusto modificare articoli della costituzione (scritta, ricordiamolo, ormai 60 anni fa) che erano attuali in quel tempo ma non lo sono più oggi. Si, è giusto tutelare i lavoratori e fare in modo che non siano licenziati per motivazioni soggettive, ma per motivazioni oggettive. Si, è giusto (e doveroso) far crescere l'economia - e questo non deve esser fermato dal fatto che sia un articolo della costituzione a sancire qualcosa che era attuale molto tempo fa. Si, è giusto tutelare le aziende e non solo i lavoratori. Si, è giusto tutelare l'economia dello stato stesso. No, non è giusto prevaricare uno di questi 3 enti (lavoratori, aziende, economia statale) a favore di altri in particolare.
Cosa occorre? La giusta misura. Io non ho ancora cominciato a studiare economia, e di conseguenza non so dare una risposta. O almeno, io che non so di un determinato argomento mi risparmio la figuraccia di rispondere senza conoscere approfonditamente la materia presa in esame.
Chi occorre? Qualcuno che, tenuto conto di ogni aspetto della cosa, dia un responso il più oggettivamente corretto possibile.

Tralascio la questione cinese e la questione della lotta di classe, non è il caso che ne discuta ora.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeSab Dic 24, 2011 5:39 pm

Asurian ha scritto:
A mio parere tuttavia questo articolo non è centrale per una riforma del lavoro proficua: occorre tentare di aumentare i posti di lavoro (con incentivi ed agevolazioni, la qual cosa tuttavia richiede sempre un poco di denaro iniziale per l'investimento, cosa che non è proprio il nostro caso al momento), e soprattutto una completa ridistribuzione delle professioni.
Attualmente in italia c'è una mancanza di centinaia di migliaia di lavoratori tra operai specializzati e di altri mestieri come il panettiere, per fare un esempio, mentre dall'altro lato un numero di laureati eccessivo in settori della comunicazione e dei campi umanistici.

Penso di andare un po' OT con questo mio intevento, ma penso siano dati utili.
Riprendendo il discorso che ho quotato sopra, ecco alcuni dati sull'occupazione con la lente di ingrandimento sui giovani:

Da un approfondimento giovani** e lavoro: l'offerta c'è, ma per qualifiche "basse"

**giovane= under 30 secondo questo sondaggio

(1) le aziende italiane, che hanno offerto ai giovani 208 mila posti di lavoro, per il 22% dei casi hanno avuto difficoltà a trovare il profilo giusto. Per due ragioni principali: o il giovane rifiutava il posto perché questo non lo soddisfava (in quanto a salario e aspirazioni) oppure perché l'azienda non adeguata la preparazione del giovane.

Si evidenzia quindi un dislivello tra domanda e offerta di lavoro.

(2)
La richiesta è, anche tra i giovani, per professioni di qualifica medio-bassa: nei lavori offerti
serve la laurea solo per il 14.8% dei casi, basta il diploma per il 48.4% (praticamente la metà ragazzi!!) delle assunzioni e la qualifica professionale per il 17%, mentre per il restante 23.8% non occorre alcun titolo (il totale fa 104%, quindi non so se ci sia un errore o una sovrapposizione tra le categorie...)

Tra i più richiesti operai specializzati: 39.1% (esattamente come sostenevo nel mio quote).
Questo è un evidente conseguenza che l'Italia è la seconda industria manufattoriera in UE dopo la Germania (lo dice l'articolo, non io)
Al secondo posto, 32.7%, ci sono "commessi e assimilati".
Al terzo, 18.8%, "operai semi-qualificati addetti ai macchinari".

Tra i meno richiesti ci sono chimici, ingegneri elettronici e delle comunicazioni. Ovvero laureati

(3) tra le altre cose, si fa fatica a trovare cuochi, baristi e camerieri, ad esempio.
In ultimo, 2.2 milioni di giovani non studia e non ha lavoro, i così detti neet ("not in education, employment or training")



Alla luce di questo, la mia tesi acquista spessore: occorre prima di tutto ridistribuire i giovani in diversi settori lavorativi, diminuendo gli afflussi ai licei/università e aumentandoli nelle scuole di specializzazione.
Evidenzio il fatto che non si è parlato di disoccupazione, ma solo di offerta di lavoro, e quindi non si è parlato dei disoccupati.
Ho letto diversi approfondimenti dove si evidenzia come la disoccupazione è altra tra i laureati, in particolar modo formati in materie umanistiche, ma non solo.

Occorre inoltre avvicinare molto di più il mondo del lavoro e quello dell'educazione: per il 44% dei rifiuti di un posto di lavoro questo avviene perché l'impresa giudica la formazione del giovane inadatta: il profilo richiesto non è quello di chi esce dalle scuole.

Non so se questo problema si stato evidenziato, magari in modo indiretto, da Shasso: poca gente ha voglia di faticare veramente, in lavori quali l'operaio in fabbrica o il muratore: sono impieghi duri, logoranti, pagati molto poco.
Occorre intervenire anche su questo.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeMar Dic 27, 2011 11:20 am

Collegandomi a quanto detto da Asurian faccio notare che l'Italia ha una percentuale di laureati inferiore al 20% ben al di sotto della media europea che si attesta intorno al 23%. Eppure stranamente in europa sono proprio i laureati a subire meno le conseguenze della crisi mentre da noi sono quelli che non vuole nessuno. Perchè? perchè da noi il modello produttivo è arretrato di vent'anni e quel poco che c'era di avvenieristico e all'avanguardia (dal pendolino all'ABS) è stato liquidato a fine anni '80.
L'Italia ha bisogno di innovazione e di lavori di qualità non di trasformarsi nella cina d'europa. Dal 2002 a oggi lo stipendio medio in Italia è rimasto congelato mentre nella zona EU ha avuto una rivalutazione di circa il 20%, questa differenza nasce dal fatto che tutti gli stati hanno investito in ricerca e sviluppo e cercato di portare avanti politiche che li portassero al passo coi tempi.

Mi piacciono molto poi frasi come "bisogna ridistribuire i giovani", concetto interessante e vorrei sapere secondo quale criterio si deicide che uno deve fare il contadino e un altro l'ingengere. Questo tipo di discorsi portano sempre e soltanto un risultato: chi ha i soldi fa quello che gli pare, gli altri mangiano la terra.

Stesso discorso su un'altra perla: "la gente non ha voglia di fare lavori faticosi, usiranti e sottopagati". Strano davvero, immagino che il buon Asurian andrebbe subito a lavorare per uno che gli dice: raccogli pomodori per me 70 ore a settimana e ti do 400 euro a fine mese.
Non bisogna lavorare sul convincere la gente a lavorare di più per meno soldi ma nel fare in modo che vanga riconosciuto un giusto salario a chi lavora, e non diciamo che non ci sono soldi quando uno come Marchionne che ha come unico piano produttivo chiudere gli stabilimenti fiat in Italia per andare a produrre nell'Est europeo guadagna (tra reddito e stock option su titoli fiat) quanto 6400 operai.

Secondo voi questo è un modello di economia in cui è giusto chiedere sempre agli stessi di pagare il conto per tutti?
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeMar Dic 27, 2011 11:54 am

Sono in accordo con la prima parte del discorso:l'Italia ha bisogno di puntare e incentivare sulla qualità, che già ora le permette di distinguersi ed esportare in settori come alimentari, tessile/moda e metallurgia (anche in Cina, nonostante il calo delle ultime settimane causato dal blocco dei mercati cinesi sui nostri prodotti.

Ribadisco quindi che per ottenere e sviluppare la qualità dei prodotti occorre ramificare e distribuire i giovani sui vari livelli professionali, soprattutto provenienti da scuole di specializzazione, in cui ora siamo carenti, come i dati evidenziano.

Venendo alle altre due parti:

Citazione :
Mi piacciono molto poi frasi come "bisogna ridistribuire i giovani", concetto interessante e vorrei sapere secondo quale criterio si deicide che uno deve fare il contadino e un altro l'ingengere. Questo tipo di discorsi portano sempre e soltanto un risultato: chi ha i soldi fa quello che gli pare, gli altri mangiano la terra.

Mi pare lampante: attraverso un sistema di selezione piuttosto rigido negli esami universitari e scolastici in generale, il che quindi non ha nulla a che vedere con il denaro ma con le qualità e lo stimolo personali.
Al contempo, occorre ridare il giusto peso, sia in fatto di salario che in "prestigio sociale" ai lavori meno qualificati: il contadino non è più quello armato di vanga sotto il sole cocente, ma una persona che deve (o dovrebbe) lavorare con macchinari e tecniche all'avanguardia (come avviene per i pomodori in Olanda, che noi importiamo!), e richiede quindi una preparazione adeguata, e che svolge anche -vi stupirà saperlo- un lavoro di ricerca.

Citazione :
Stesso discorso su un'altra perla: "la gente non ha voglia di fare lavori faticosi, usiranti e sottopagati". Strano davvero, immagino che il buon Asurian andrebbe subito a lavorare per uno che gli dice: raccogli pomodori per me 70 ore a settimana e ti do 400 euro a fine mese.
Non bisogna lavorare sul convincere la gente a lavorare di più per meno soldi ma nel fare in modo che vanga riconosciuto un giusto salario a chi lavora, e non diciamo che non ci sono soldi quando uno come Marchionne che ha come unico piano produttivo chiudere gli stabilimenti fiat in Italia per andare a produrre nell'Est europeo guadagna (tra reddito e stock option su titoli fiat) quanto 6400 operai.

Ovviamente la mia ovvia osservazione era finalizzata a quello che sostieni tu: un livellamento del salario, come ho sostenuto nei miei post precedenti (e non quindi a indirizzare le persone a fare lavori da fame).
Forse un po' meno di supponenza e una lettura più accurata dei post degli altri utenti aiuterebbe a evitare fraintendimenti.
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MessaggioTitolo: Re: Il dibattito sull'art.18   Il dibattito sull'art.18 Icon_minitimeMar Dic 27, 2011 12:16 pm

Ok sulla parte dei salari ho in effetti capito male io e me ne scuso.

Sulla parte dei laurati ho già risposto, noi ne abbiamo addirittura meno degli altri paesi sviluppati (ma con una qualità media spesso superiore come dimostra la fuga di cervelli) quindi non vedo come diminuirne il numero possa far progredire il paese o l'economia.
Gli esami sono già duri nella maggior parte dei casi. giusto 2 dati:
Abbandono dopo la scuola dell'obbligo in Italia: 19,2%
Abbandono dopo la scuola dell'obbligo in Europa 14,2%
Inoltre il tasso di abbandono degli istituti professionali (44%) è quasi il doppio di quello dei Licei (22%) segno che proprio le scuole che dovrebbero aprire al mondo del lavoro scaricano invece gli studenti alla prima difficoltà, dando così origine a penuria di operai e tecnici specializzati.
L'UE ritiene così centrale per la crescita il tema della cultura che l'obiettivo è quello di far scendere il tasso di abbandono al 10% perchè solo così è possibile creare una società moderna e capace di affrontare il mondo senza appiattirsi sui modelli di produzione di massa dei paesi emergenti e dell'Est europeo.
Insomma credo che si dovrebbe cercare di aumentare il numero di persone con capacità e conoscenze invece che diminuirlo visto che, come dici anche tu, ormai si fa ricerca anche quando si esportano pomodori e quindi è importante avere una base culturale e un'abitudine allo studio che da noi mi pare ancora molto lontana.

EDIT: aggiungo che una volta formate le persone non ci dovrebbe essere la rigidità che c'è adesso, avete provato a presentarvi per un posto di lavoro che richiede il diploma e dire che siete laureati? La risposta che ottenete è quasi sempre "sai, è un lavoro che richiede qualifiche minori per te non adrebbe bene, è meglio se cerchi altro" come se avere persone con conoscenze e capacità fosse un handicap per l'azienda. Insomma non c'è davvero pace per chi prende una laurea visto che da una parte i posto di lavoro per i loro profili sono pochi e dall'altro hanno più difficoltà ad accedere a lavori meno specializzati di chi ha meno competenze
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