Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

Si avvicinò, spogliò il cadavere o lo osservò. Voleva cercare di capire se il decesso fosse avvenuto per cause non dipendenti dalla magia... probabilmente un ragno lo avebbe morso, un ragno molto velenoso magari...

Spogliandolo Hvergelmirsen constatò che non vi erano ferite ne segni di alcun genere che potessero far pensare ad un avvelenamento. Notò inoltre che sotto il vestito il vecchio portava, legato al collo un lungo e pesante medaglione d'oro. L'oggetto era per il suo solo peso un tesoro di valore abbastanza elevato raffigurava una testa di un leone ruggente con i denti in mostra.

"Beh, vecchio, credo che questo gingillo non ti servirà più ora che sei nell' 'Al di là'..."
Levò l'amuleto e lo infilò attorno al suo collo, poi sollevò il corpo tra le sue braccia, lo portò fuori, lo pose a terra e iniziò a cercare della legna da ardere, stando attento ai rumori della foresta...

"Brucerò il suo corpo affinchè possa raggiungere la sua anima"

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Se pensi che sia una cosa troppo "spirituale" per un agaro dillo che edito.

L'agaro non si era allontanato che di qualche passo dal cadavere, quando udì come un fruscio... girandosi vide che il corpo del vecchio stava affondando rapidamente nel terreno, come se l'immaginario spirito della terra stessa di cui lui aveva parlato stesse rivendicando per sé il corpo del vecchio. Era incredibile, come quel duro terreno pieno di rocce e sassi che Hvergelmirsen aveva appena calpestato fosse diventato tanto inconsistente e cedevole da permettere ad un corpo di affondarvi dentro tanto in fretta, come fosse stato posto su uno stagno o un acquitrino. Di certo stava assistendo ad un ennesimo prodigio.

Hvergelmirsen stette a guardare. Ciò che si stava manifestando ai suoi occhi non era una visione concessa a tutti, questo lo sapeva. Che forse qualche mistero gli si stesse parzialmente rivelando? Che forse il segreto della vita fosse anche solo suggerito dallla terra stessa?
Il duro barbaro, temprato dai freddi, dall'asprezza dei ghiacci e dalla ferocia delle fiere selvatiche scopriva ora di avere una sensibilità. Un'anima.
Il suo conflitto interiore si faceva sempre più acceso: poteva forse rappresentare una debolezza questa sua mancanza di indifferenza?
Lui era Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen, il figlio dei ghiacci che il Principe del Freddo stesso aveva accolto al mondo! Non poteva permettere che il suo cuore freddo e ghiacciato si sciogliesse!

Avrebbe continuato il suo cammino a testa alta, avrebbe portato morte e distruzione... quella era solo una piccola parentesi che non avrebbe più dovuto riaffiorare...

"Il cuore è la debolezza degli uomini. Si, dev'essere sicuramente così."

Uscì dalla grotta e volse lo sguardo al cielo: doveva organizzzarsi per l'imminente tempesta di neve. Tornò nella grotta e, apparentemente come se non fosse successo nulla, iniziò a rovistare all'interno, alla ricerca di qualunque cosa potesse essere utile alla sua sopravvivenza.
Ma sapeva di sentirsi a disagio.

Il corpo del vecchio fu assorbito rapidamente dal suolo. Qualche momento dopo non ve ne era più traccia: al suo posto c'era di nuovo la dura terra che vi era stata fino a un momento prima che Hvergelmirsen vi posasse sopra il corpo.
Quando volse gli occhi al cielo, l'agaro notò che il cielo era nuvoloso, ma non tanto da far presagire una tormenta, e non sentiva né un freddo intenso né del vento forte che erano entrambi presenti quando si era prossimi a questo fenomeno.
Nella grotta la ricerca portò risultati piuttosto miseri anche se stravaganti. Invece di delle pellicce per ripararsi dal freddo durante la notte Hvergelmirsen trovò tre pesanti coperte di un tessuto grigio non molto morbido ma caldo. Quelle, insieme a una dozzina di inutili libri e al pugnale (quello che l'agaro aveva visto muoveri in aria e tagliare la pelliccia) sembravano essere gli unici oggetti di valore del vecchio eremita.
C'erano anche altri due oggetti che l'agaro trovò ma che erano per lui privi di un uso e di un significato intrinseco: il primo era un sasso color nero fumo simile ai ciottoli levigati dai fiumi e di forma perfettamente circolare con iscritto uno strano simbolo fatto di vare linee intersecate tra loro incise scavando nella pietra delle venature rosse. Il secondo era una specie di radice secca grande come un palmo, particolare perché dalla forma vagamente umana.

Avrebbe aspettato l'indomani per sepere lo svolgersi degli eventi: l'agaro era stanco, debilitato e ferito gravemente...

Si sarebbe accucciato e avrebbe riposato.

Hvergelmirsen si svegliò di soprassalto dopo un tempo indefinito. Era buio fuori, ma lui sentiva distintamente dei rumori fuori dalla grotta. Strappi, borbottii, grugniti... poi un latrato e l'agaro capì.
Fuori della grotta c'erano due o più lupi od altri predatori di razza canina che stavano probabilmente banchettando coi cadaveri degli orchetti che lui aveva ucciso a buttato poi a poca distanza dall'imboccatura della grotta.

Si alzò, afferrò le sua armi che aveva prudentemente riposto affianco a sè, e si nascose dietro il bordo dell'entrata della grotta... voleva vedere di che bestie si strattavano.

Approfittando dell'oscurità l'agaro si nascose e osservò l'esterno da dentro la grotta. Nella flebile luce della luna vide due lupi grigi contendersi i resti di quello che era stato probabilmente il capo degli orchetti. Sentiva poi anche dei rumori provenienti dal cespuglio dietro cui aveva buttato i corpi di due degli orchetti morti. Un terzo lupo raggiunse il cespuglio passando con indifferenza davanti all'ingresso della grotta. Fortunatamente era sottovento e quindi non lo notò. La sua era comunque una posizione molto vantaggiosa. Anche dovendosi difendere da un branco di lupi la fenditura li avrebbe costretti ad affrontarlo uno alla volta e smorzato ogni tentativo di carica.

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I lupi sono almeno 4, forse di più. Al momento hai 18 PV.

I lupi infatti rumoreggiarono per un'altro po' di tempo contendendosi le parti migliori dei cadaveri degli orchetti. Poi piano piano tutto tacque e rimase solo un lupo a consumare piuttosto silenziosamente quanto restava del capo degli orchetti. Oltre al rumore delle sue mascelle c'era solo quello dello sciabordio dell'acqua nello stagno.

Mosso dalla curiosità, sporse la testa per vedere l'animale nutrirsi...

L'animale, un esemplare piuttosto vecchio e un po' spelacchiato, stava cercando quanto di più nutriente gli altri membri del branco avevano lasciato sulla carcassa. Facendo ciò girò piuttosto bruscamente il cadavere, addentandone poi un braccio. Dalla mano dell'orchetto cadde qualcosa che rimbalzò sul terreno con un rumore sordo e ruzzolò ad alcuni passi dal corpo. Nelle tenebre Hvergelmirsen non fu in grado di discernere di che cosa si trattasse. Anche il lupo si avvicinò curioso all'oggetto, lo annusò, ma poi evidentemente concluse che non era commestibile e tornò a cibarsi del cadavere.

Attese pazientemente che il lupo finisse di saziarsi, per poi avvicinarsi verso quell'oggetto e osservarlo attentamente.

Il lupo cercò di strappare quanto c'era ancora di commestibile dai magri resti dell'orchetto e poi sazio, o cosciente del fatto che non vi fosse più nulla di commestibile si allontanò nell'oscurità.
Hvergelmirsen poté quindi recuperare l'oggetto che il capo degli orchetti aveva in mano. Era una specie di ciottolo di fiume di colore nero quasi perfettamente circolare con numerose venature di colore grigio o biancastro.
Sorprendentemente appena qualche istante dopo che la ebbe presa in mano una delle venature si illuminò per un momento.

Dopo aver afferrato il ciottolo, alzò nuovamente gli occhi verso il cielo: voleva farsi un'idea il più possibile precisa delle condizioni del tempo e tentare di fare una previsione.
Ora doveva scegliere: rimanere in quel luogo fino a che la preannunciata tempesta non fosse passata, oppure rimettersi in viaggio verso la sua destinazione originaria, le terre di confine del paese. La carovaniera Confederazione.

Sfortunatamente era ancora troppo buio per rendersi conto in modo chiaro di quale sarebbe stato il tempo di lì a qualche ora. Hvergelmirsen avrebbe dovuto attendere i primi chiarori per farsi un'idea più precisa. Tra l'altro muoversi a tentoni o comunque alla sola luce di una torcia o di un tizzone in una zona in cui i cadaveri degli orchetti avevano di certo attratto parecchi predatori che vedevano sicuramente al buio meglio di lui poteva essere molto rischioso. Il ciottolo nella mano dell'agaro si illuminò nuovamente.
La cosa che lo sorprese fu che a diventare luminosa fu un'altra venatura del ciottolo, e che questa nonostante lui si fosse mosso e avesse girato la pietra tra le sue mani, continuava ad essere quella che tagliava la pietra in direzione sud-est.

Improvvisamente, come un illuminazione, si rese conto della promessa fatta al vecchio.
Gli ultimi eventi lo avevano talmente preso, da avergli confuso la mente -già non particolarmente ineccepibile di per sè- e la curiosità di seguire la direzione indicata dalla venatura luminescente si faceva sempre più forte.

Rientrò nella grotta e attese i primi chiarori dell'alba. Poi, avrebbe intrapreso il suo cammino verso il "grande massacro degli orcetti".
La sua fantasia cercava già di elaborare una frase che affiancasse il suo nome, una espressione che riassumesse la sua audacia e la sua forza per lo sterminio di un intero clan.

Era passato parecchio tempo quando Hvergelmirsen vide la luce iniziare a farsi strada nella grotta. L'alba era vicina e lui si sentiva, se non bene, meglio di quanto aveva supposto vista l'entità delle ferite ricevute appena la sera prima. Notò che alcune di esse, quelle meno gravi, erano già in via di guarigione. Usualmente ci volevano almeno due o tre giorni perché ciò avvenisse, mentre ora era successo nell'arco di una notte. C'era qualcosa di magico, ma non sapeva spiegarsene la fonte. Troppe erano le possibilità: visti tutti i prodigi fatti dal vecchio mago e non ultima l'incredibile scomparsa del suo corpo nella terra. La stessa grotta poteva essere magica o lo stagno o anche qualcuno degli oggetti del vecchio, come il pugnale o il suo medaglione, o l'armatura di pelle di gherbel che il vecchio aveva creato con la magia o non ultimo lo stesso Hvergelmirsen.

Prese così la decisione di rimanere in quel luogo fino a che le ferite non si sarebbero completamente rimarginate... ciò che lo aspettava avrebbe richesto il massimo delle sue energie.

Hvergelmirsen riposò tranquillo per tutto il giorno e vide con stupore le sue ferite rimarginarsi molto più rapidamente del normale. Al tramonto sembrava che la maggior parte dei tagli fossero ormai in via di guarigione, come se li avesse ricevuti più di una settimana prima, invece che da meno di un giorno.

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Hai ormai 78 PV. Se resti nella grotta dovresti recuperare completamente entro metà giornata del giorno successivo.

Attese impazientemente, come se l'eccitazione per la futura battaglia lo spingesse ad andare subito.
Ma sapeva bene che gli orchetti non erano nemici facili...

L'agaro restò un altra notte nell'ormai familiare grotta. Il mattino dopo quando il sole era ormai alto nel cielo constatò che le sue ferite si erano completamente rimarginate. Un vero prodigio. Tagli e lacerazioni che lo avrebbero segnato per un quarto di luna e i cui segni sarebbero rimasti per oltre una intera luna erano completamente guariti nel giro di un giorno e una notte. Era una magia molto potente.

Senza ulteriori indugi, uscì dalla grotta dopo aver indossato la nuova armatura di pelle di gherbel, afferrò lo strano oggetto sferico con la mano destra e controllò che la direzione indicata fosse la stessa di quella dell'ultima volta.

In tal caso avrebbe intrapreso quel percorso con la sua ascia in mano.