Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

Scendere fu molto più semplice che arrampicarsi. Hvergelmirsen ritrovò l'ascia all'inizio del cunicolo da cui era arrivato alla stanza dove era il rozzo altare di pietra e in cui aveva sfondato il muro.
L'ascia pareva non aver subito danni ed era riversa sul pavimento su un lato.

L'analizzò quindi con cura, sperando che la sua prima impressione non venisse tradita...

Grazie alla luce della torcia Hvergelmirsen poté rivedere l'ascia con maggiore chiarezza, ma questo non fece che arricchire con dettagli più minuziosi quanto aveva visto la prima volta mentre era appeso alla parete.
La lama dell'ascia era fatta proprio di cristallo o quantomeno di un ghiaccio particolare che non era freddo al tocco e pareva scaturire dalla bocca che incernierava la lama al manico. Questo era poi fatto di un materiale nero e striato che però non era legno, come l'agaro aveva pensato, bensì aveva la consistenza e il peso di un qualche metallo. Il filo della lama pareva molto affilato e questa pur non essendo molto più piccola dell'ascia a due mani che egli aveva maneggiato fino a poco tempo prima pareva essere molto più leggera.
La differenza di peso era tale che forse era possibile provare a impugnarla anche con una sola mano invece che due, anche se questo avrebbe ridotto le possibilità di guidare l'arma e la potenza dei colpi.

"Hah!"
Un ghigno apparì sul volto di Hvergelmirsen, che ora si sentiva pronto ad affrontare anche un orso in carica.
"Con questo gingillo tra le mani sarò una furia! Tutti mi temeranno!!"
Rimessosi lo zaino in spalla, riposte le ascie recuperate durante il tragitto e afferrata la torcia con una mano e la nuova mitica arma con l'altra, si avviò così verso il grande antro da dove partivano le due diramazioni.

Senza nemici armati a minacciarlo l'agaro ripercorse facilmente il percorso a ritroso e attraversò con un agile salto la fenditura che prima aveva trovato difesa dall'orchetto a cui aveva preso la scure di ferro. Poco dopo era già nell'enorme caverna che fino a poco tempo prima aveva ospitato gli orchetti che lui aveva in parte sterminato e probabilmente in parte spinto alla fuga. Davanti a lui si aprivano ora due diverse vie: poteva seguire il vento e dirigersi attraverso lo stretto budello di roccia che si apriva nella parete di fronte a quella da cui era appena ritornato nella caverna o poteva tornare sui suoi passi per il passaggio da cui non molto tempo prima era arrivato per la prima volta in quell'enorme antro puzzolente.

Archmage ha scritto:

"Vorrei quindi che tu liberassi la foresta dalla loro presenza, prima che i danni da loro arrecati ad essa diventino ancor più grandi."

"E' questo che voleva il vecchio mago, e Hvergelmirsen mantiene una promessa..."
"...se questa richiede del sangue!"
I denti si strinsero a formare un ghigno, e i suoi passi procedettero verso le interiora della montagna.

Il corridoio curvò più e più volte ma rimase sempre piuttosto angusto, tanto che il vigoroso giovane dovette procedere cautamente in un paio di strettoie sia per prevenire eventuali imboscate che per evitare di ferirsi contro le stalattiti che si abbassavano dal soffitto tentando di ostruire il corridoio come denti di una enorme bocca. Dopo l'ennesima svolta Hvergelmirsen vide una luce che non poteva essere quella di una torcia. Pochi passi dopo si trovò inaspettatamente al termine del corridoio, che sbucava in una angusta cengia da cui si poteva avere un'ampia vista della foresta circostante, i cui alberi sorgevano da circa 30 passi più in basso.
La discesa dalla cengia pareva essere abbastanza agevole (anche se questa dal basso doveva essere praticamente invisibile) ma per un qualche motivo ai piedi di essa vi era un orchetto riverso a faccia in su con vistose lacerazioni sanguinolente provocate probabilmente dalla caduta sulla rocce sfrangiate del fianco della montagna. Vicino all'orchetto non erano visibili armi ne l'agaro vedeva altri orchetti vivi fino al limitare della foresta.

"Probabilmente ha cercato di scendere questo versante, ma evidentemente il fianco è franabile... meno male che ci ha lasciato le penne lui e non io!"
Voltò così le spalle, per uscire poi dall'anfratto principale. Rimanevano ancora altri ingressi da esplorare.

L'agaro tornò sui suoi passi fino a raggiungere l'ingresso della caverna dove aveva ucciso gli orchetti che montavano la guardia. I loro cadaveri erano ancora lì, ma erano evidenti i segni lasciati da predatori di grandi e piccole dimensioni. Gli anfratti che fiancheggiavano l'ingresso della caverna furono ben poca cosa da esplorare, in quanto risultarono essere tutti piccole caverne cieche che, a giudicare dall'odore nauseabondo, erano state usate dalle sentinelle come latrine per un bel po' di tempo. Nonostante l'olezzo non incoraggiasse desideri di questo tipo lo stomaco di Hvergelmirsen prese a brontolare rumorosamente. In effetti non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall'ultimo pasto che aveva consumato nella grotta del vecchio mago, ma era probabilmente nell'ordine di giorni.

"Possibile che gli orchetti siano stati solo quei miseri insetti?"
Nonostante il mistero permeava la mente del giovane, lo stomaco gli fece abbandonare ogni altro pensiero. Ora doveva cacciare e rifocillarsi.
Scese così a valle, analizzando il terreno in cerca di tracce.
"Come inaugurazione per un'ascia divina avrei preferito qualche altri generi di preda..."

Dopo essersi immerso di nuovo nella foresta Hvergelmirsen iniziò la sua caccia. Dovette spostarsi parecchio dall'ingresso della caverna prima di trovare delle tracce. Evidentemente gli animali evitavano quel luogo perché sapevano che gli orchetti erano predatori temibili. Alla fine però trovò delle profonde impronte dalla forma vagamente simile a quella di una foglia. Le riconobbe: appartenevano ad un grosso verro di montagna, ed erano molto fresche. Se avesse trovato l'animale non solo avrebbe potuto saziare il suo appetito ma, perdendo un po' di tempo, avrebbe potuto anche procurarsi una buona scorta di carne per i giorni seguenti.

-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
Dai un occhiata alla tua scheda: sei passato di due livelli nell'Ascia indomita ed ora hai 6 livelli da assegnare tra Stile della ferocia, Colpire punti vitali e
Resistenza al dolore (massimo 2 al primo e 3 agli altri il totale deve essere comunque 6). hai anche 80 punti esperienza da dividere tra FO, AB, RI, FR e VO (puoi darne da 0 a 40 a ciascuna). Oltre questi la FOrza è aumentata di 1 punto e la tua REsistenza di 3. Infine hai 35 punti esperienza per il gioco di ruolo da assegnare dove vuoi.

Decise quindi di seguirle cercando di fare il meno rumore possibile, acutendo i suoi sensi onde percepire qualsiasi rumore e ombra.

Seguì le tracce per più tempo di quanto si aspettava... l'animale si muoveva piuttosto velocemente. Poi alla fine lo vide. Era fermo in una piccola radura a brucare erba. Era una bestia molto grossa, un verro violloso e pienamente adulto. La sua pelliccia non era certo bella e rinomata come quella del Gherbel, ma avrebbe potuto diventare una calda coperta o un buon oggetto di scambio, così come le sue zanne. Prima però doveva naturalmente ucciderlo.

"Un grasso maiale! Bene, non potevo sperare in un pasto migliore!"
Afferrò l'ascia da lancio con la mano destra, mentre la sinistra teneva salda la nuova arma, per poi avvicinarsi silenziosamente alle sue spalle.

=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=
Se si accorge di me prima che gli sia sotto, scaglio l'ascia per poi mettermi a correre dietro di lui prendendolo ad asciate. Se al contrario riesco a raggiungerlo, getto l'ascia da lancio, afferro l'altra con entrambe le mani e lo ammazzo.

Hvergelmirsen cercò di essere il più silenzioso possibile, ma arrivato a poco meno di 20 passi da lui il verro lo sentì (o forse lo odorò) e si voltò verso di lui. Pronto l'agaro gli scagliò contro l'ascia da lancio che lo ferì di striscio ad un fianco, complice anche la distanza e il movimento. L'animale, forse fidando sulla sua stazza (probabilmente pesa oltre il doppio del suo avversario) non scappò ma dopo aver sbuffato si buttò in carica contro il giovane.

Vergelmirsen fece altrettanto, preparando l'ascia al colpo che, sperava, fosse l'unico necessario.

Aspettò la carica pronto a scansarsi e a colpire, ma la bestia deviò all'ultimo momento arrivandogli addosso. L'agaro riuscì ad assestarle un duro colpo ad una zampa, ma questa lo travolse comunque buttandolo all'indietro contro un albero e proseguì, girandosi una decina di passi più avanti e preparandosi, pur zoppicando, ad un'altra carica. Il dolore al torace fece infuriare Hvergelmirsen. Dopo il colpo la sua nuova ascia sembrò formicolare nelle sue mani, come se pulsasse di energia e chiedesse altro sangue.

-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
Hai subito 47 danni, ma nessun critico. Ti restano 28 PV. Il tuo CDA è al massimo adesso.

Colpito sulle ferite ancora fresche, Hvergelmirsen era confuso e stordito dal rinvigorito e lancinante dolore.
Caricò nuovamente, non pensando più a nulla.

=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=
Spaccamontagne sul porco...

La bestia e l'agaro si caricarono a vicenda convinti di poter porre fine a quello scontro in un unico rapido confronto. E così fu. Hvergelmirsen in corsa preparò il suo colpo, ma un improvviso scarto dell'animale gli fece perdere l'appoggio necessario a sferrarlo con successo, rendendo invece il suo attacco meno incisivo. Destino volle però che questi colpisse nuovamente con la sua ascia la stessa zampa del grosso verro, mordendone con l'affilato cristallo l'osso tanto in profondità da spezzarlo. Il pesante animale sbilanciato dall'improvviso mancare di un punto di appoggio mentre era ancora in corsa cadde rovinosamente a terra ruzzolando pesantemente per quasi 10 passi. Solo un agile e tempestivo balzo impedì che l'agaro fosse travolto dalla massa di carne e pelo. Mentre vedeva l'animale cadere Hvergelmirsen sentì che un piacevole calore gli alleviava parzialmente il dolore della ferita al torace.
La bestia cercò di rimettersi in piedi, ma non ne era in grado. Ormai era alla mercé del giovane cacciatore.

-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
Hai recuperato 8 PV. Sei ora a 36.

Non sufficientemente lucido da poter percepire la misteriosa cura ricevuta, inflisse il colpo di grazia all'animale.

Bastò un solo colpo d'ascia ben assestato e la sua preda era lì morta ai suoi piedi. Salvo per la zampa spezzata e per il punto in cui l'agaro gli aveva sferrato il colpo mortale il corpo dell'animale era praticamente integro. Era quasi un peccato che le abilità dell'agaro nel conciare e nel lavorare l'osso fossero così modeste, molte parti potenzialmente utili sarebbero andate sprecate.

Un'occhiata al tempo atmosferico per verificarne l'andamento, e poi avrebbe pensato all'animale...

Per quanto la sua percezione fose limitata dalla foresta circostante la giornata pareva serena ed il cielo terso. Il freddo si faceva comunque sentire. Stranamente non vi era alcuna traccia di nubi o tempeste, motivo per il quale l'agaro aveva trovato rifugio poco tempo prima.

Dopo aver acceso uno scoppiettante fuoco, si dedicò alla ristorazione e alla preservazione di ciò che riusciva ad estrarre di utile dall'animale; poi, dopo aver depositato ciò che rimaneva del cadavere lontano dal fuoco, si arrampicò su di un albero vicino, dove cercò di passare la notte protetto dalla sua pelliccia e dal tepore proveniente dal basso e circoscritto fuoco.
"Dovrò rimettermi in forma, domani partirò verso l'obiettivo che mi ha spinto sin qui. Le zone carovaniere del confine nord!"

Nonostante il duro lavoro dell'agaro i risultati della lavorazione furono piuttosto modesti. La pelle del verro era in buone condizioni, ma non era né capace di lavorarla né aveva tempo per stenderla ad asciugare per farla seccare. Aveva raccolto molto più cibo di quanto ne era entrato nel suo pur capace e molto vuoto stomaco, ma l'affumicatura che aveva provato non lo convinceva molto e la carne forse sarebbe durata, forse no. L'albero su cui dormì almeno era molto grande e risultò abbastanza comodo. Durante la notte nessun predatore lo avvicinò od infastidì.
Il mattino dopo il cielo era ancora sereno ma il freddo era piuttosto intenso.
Ancora una volta si stupì di quanto rapidamente guarivano le sue ferite: quelle dello scontro con l'orchetto era ormai quasi completamente guarite, e anche le ecchimosi al torace dovute alla carica del verro parevano in via di guarigione.
Per tre giorni l'agaro viaggiò verso nord costeggiando la foresta e le montagne del massiccio, senza incontrare uomini animali od altro, poi nel tardo pomeriggio del terzo giorno, quando il sole pareva ormai prossimo al tramonto sentì odore di bruciato. Veniva da nord-est e, probabilmente non da molto lontano visto quanto era intenso. L'agaro che nei due giorni passati si era ripreso pienamente scrutò con attenzione l'orizzonte e notò un esile filo di fumo che saliva. Seppur non lontana la fonte era ancora nascosta da una macchia d'alberi.

-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
Hai recuperato pienamente tutti i PV.