Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

Pose quindi la vecchia e rozza ascia da lancio sulla cintola, recuperò i preziosi e i lembi di stoffa, e continuò il suo percorso con la più familiare scure.

"Dove sarà quell'ascia!"

L'agaro seguì lo stretto cunicolo per almeno un altro centinaio di passi. Lo stretto passaggio si allargò in modo quasi improvviso, sbucando in una stanza approssimativamente quadrata al centro della quale era una grossa pietra anch'essa rozzamente squadrata, che pareva essere un tavolo di roccia. Accatastati alla parete di fronte a quella in cui si trovava il passaggio da cui Hvergelmirsen era entrato vi erano numerosi teschi sia di umanoidi che di animali. Un po' più in alto dei teschi, sulla parete era stata rozzamente incisa una serie di linee vagamente concentriche che l'agaro riconobbe subito essere una primitiva rappresentazione del simbolo del mortifero Principe del Ghiaccio, venerato e temuto da alcuni deboli principi del suo popolo e, evidentemente, anche da alcune tribù di orchetti.

"Per i Cinque Principi! O questo è un rituale per il Principe del Ghiaccio, o io sono un Kir!"
Poi lo sguardo si abbassò e Hvergelmirsen si permise di abbandonarsi ai pensieri per un imprecisato tempo:
"Il Principe del Ghiaccio... lo spietato Signore dei Ghiacci Eterni e del Gelo che penetra nelle carni e nelle ossa tanto da cristallizzarle! Colui che mi ha "accolto" in questo mondo, stando a quanto diceva mio Padre... la donna che mi ha partorito e poi mi ha allevato deve aver patito le pene dell'inferno, se questo fosse fatto di ghiaccio ovviamente..."
Un sorriso ironico e nello stesso tempo sarcastico solcò le sue guance.
"Quell'ascia... un'ascia di cristallo, resa tale dal Principe del Sole dopo il cruento scontro con il terribile Principe del Ghiaccio.. E poi il Principe Rosso. Che dannazione sta succedendo? No, non possono essere correlati. Sicuramente sono solo delle strane coincidenze, il Principe Rosso vuole che io sparga sangue di genti e di mostri, l'arma con cui lo faccio non gli interessa minimamente. Si, dev'essere così..."

Nulla e nessuno turbarono le sue riflessioni. Sembrava che quella caverna fosse ora deserta come le fredde lande da cui lui proveniva. Solo il crepitio della torcia scandiva passivamente il passare del tempo.

"E poi quel vecchio. Un misterioso uomo, tanto importante e potente nel passato, divenuto come uno spirito della natura per sua volontà, che rinunciò alle le sue antiche e temibili arti arcane per sparire poi nella nuda roccia, nell'anonimato più totale..."
A questi meditabondi abbandoni, il pollice della mano destra accarezzava il medaglione d'oro appeso al suo collo raffigurante il leone ruggente, unico segno tangibile in ricordo della scomparsa di Harknar Dita-di-fuoco.
"...per il Sanguinario Principe Rosso! Non vorrai ricadere nel romanticismo, Hvergelmirsen! Cosa direbbe tuo padre Ulf Njordsen se dovesse avere la sventura di assistere ad un tale deprimente spettacolo!"
I pugni si strinsero riespettivamente uno sul manico della scure, l'altro sul legno della torcia ardente, mentre un apparente orgoglio gli gonfiava il petto e le pulsanti vene: <>
Come per un tentativo di distacco dai pensieri che drogavano la sua mente fino a quel momento, Hvergelmirsen iniziò a scrutare tra gli impolverati teschi, smuovendo i rifiuti ai suoi piedi con la punta dell'arma. Ma un nodo allo stomaco non gli permetteva di rimanere limpidamente concentrato e sereno.
L'amuleto ancora poggiava sul villoso petto, saldamente abbracciato al collo vigoroso del giovane.

Alcuni dei teschi andarono letteralmente in pezzi non appena l'agaro li sfiorò, segno che quel lugubre accumulo andava avanti da molto tempo. Dietro i teschi la parete era di dura roccia, come tutto il resto e non vi era nessun altro simbolo, oltre a quello che campeggiava più o meno al centro della parete stessa.

"Dove hai la testa Hvergelmirsen!"
Dopo essersi dato uno schiaffo sulla fronte, il giovane posò la torcia a terra, cercando di non farla spegnere, per poi estrarre la pietra sferica che l'aveva indotto a prendere quella direzione.

La pietra pulsava ritmicamente in modo molto forte e rapido, ancor di più di quando la aveva usata per trovare la caverna dove si trovava in quel momento. Essa indicava in modo inequivocabile che quello che la attraeva si trovava davanti a lui, cioè indicava la direzione in cui si trovava il muro marcato dal simbolo del Principe del Ghiaccio.

Archmage ha scritto:

"Mi stai servendo bene. Distruggi il muro marchiato dal ghiaccio e avrai la tua ricompensa, ma ricorda che essa è solo per servirmi ancor meglio..."

"MA CERTO! Il muro marchiato con la runa del simbolo del Signore del Ghiaccio! Non può essere che quella... dovrei distruggere la parete, ma dubito che con un'ascia possa risolvere qualche cosa."
Appoggiando la mano libera sul muro, ne saggò la durezza e la resistenza, facendo anche scorrere le dita tra le arcane incisioni runiche.

Con una certa soddisfazione l'agaro notò che la sezione di parete dove si trovava il simbolo suonava in modo diverso dal resto della parete, come se fosse cava, o perlomeno meno spessa.

"Bene! Questa parte di parete è sottile!"
Un'occhiata verso il manico dell'ascia, poi scrollò la testa in segno di dissenso:
"Nonostante possa essere cavo, non voglio rischiare di danneggiare il manico e la lama della scure... mi serve qualcosa di pesante da gettare contro o da usare come ariete. Qualcosa... qualcosa... qualcosa..."
Il suo sguardo spaziò in tutta la stanza, soffermandosi su ogni oggetto, fino a che...
"...qualcosa come quello!"
Posò quuindi la sua arma a terra, vicino al muro laterale di destra; successivamente cinse le braccia attorno al rozzo masso di pietra al centro della stanza, tastando la sua superficie in cerca di appigli che potessero consentirgli di sollevarlo con la maggior praticità possibile.
Poi mise in tensione i poderosi muscoli temprati dalla vita selvaggia e dai duri allenamenti del padre, mettendoli sempre più sotto sforzo. La mascella contratta, i tendini e le fasce del collo tesi; il sangue vivo e pulsante nelle vene.

Hvergelmirsen riuscì a malapena a cingere con le braccia il macigno scolpito, e notò con un certo disgusto uno strato di sangue secco che ne insozzava il piano superiore. Si sforzò di sollevarlo, facendo scricchiolare i suoi muscoli e dolorasamente la sua schiena, ma non riuscì a sollevare la roccia, soltanto a spostarla di un dito.

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Ho aggiornato il tuo equipaggiamento, forse tra gli oggetti troverai qualcosa di utile.

"Maledizione! E' troppo pesante anche per me! Deve essere una sorta di altare sacrificale, per avere tutto questo sangue secco tra le increspature della roccia... Il Principe del Ghiaccio ama certi banchetti!"
Si ripulì le mani alla benemeglio, per poi tornare alle incisioni runiche. Le osservò con ancora più precisione, cercando soprattuto uno o più anfratti che possano essere utilizzati per inserirvi la pietra sferica che l'aveva condotto sin in quella stanza.
"Voglio capire se c'è una sorta di serratura..."

Tutte le incisioni avevano solchi talmente ampi da potervi inserire il ciottolo e pur osservando con attenzione, l'agaro non notò alcun anfratto che paresse essere più adatto di altri ad inserirvi la pietra. Questa continuava a pulsare in modo regolare e frequente indipendentemente dal punto della parete a cui veniva avvicinata.

"E va bene, basta! Mi sono stufato di perdere tempo!"
Con energica fretta estrasse la piccola ascia dallo zaino, per poi usare la potenza del suo braccio per abbattere il muro, usando la lama di questa come piccone.

Hvergelmirsen riuscì in appena una manciata di colpi della rozza ascia ad aprire un varco abbastanza grande nella parete da poterci guardare dentro. Non fece però in tempo a farlo, che questa, forse già eccessivamente assottigliata dai solchi del simbolo, franò in parte su se stessa alzando un gran polverone ma lasciando illeso il giovane agaro.
Non appena Hvergelmirsen fu in grado di vedere di nuovo intorno a sé scoprì che il crollo aveva creato un ampio passaggio che conduceva in un altro anfratto di forma rozzamente circolare. Uno scintillio riflesse in alto la luce della torcia e l'agaro vide che, conficcata nella parete di roccia ad un'altezza di almeno 20 piedi dal suolo, vi era un'ascia dalla lama rilucente. A quella distanza non poteva dire di più basandosi solo sulla luce della torcia.

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20 piedi sono circa 7 metri.

Come aveva già fattò precedentemente, dopo aver riposto l'arma, estrasse la pietra sferica dallo zaino.
Man mano che si avvicinava alla mitica ascia, infatti, questa pulsava sempre più; l'agaro aveva dunque i buoni motivi per pensare che ora quella pietra potesse produrre abbastanza luce da permettergli una visuale più profonda del luogo.

La pietra pulsò con una frequenza fino a quel momento mai vista, ma stranamente a pulsare era solo la parte centrale di essa come se non indicasse alcuna direzione, dopo una decina di rapide pulsazioni luminose di quel tipo sulla pietra si aprì una crepa da cui uscì un filo di fumo nero, ed essa divenne nera ed opaca. La torcia tornò ad essere l'unica fonte di luce nella caverna.

"Maledizione!"
"Mi sento come preso in giro! Perchè l'ascia si trova così in alto!"
Provò a cercare per terra, a tastare lungo le pareti e a batterci le nocche della mano in cerca di qualunque segno che gli indicasse un'irregolarità...

Inutilmente Hvergelmirsen tastò pavimento e pareti senza trovare alcuna stranezza o indizio collegato all'ascia. Notò anche che le pareti erano piuttosto irregolari e davano una certa possibilità di scalarle, non senza rischi, visto che lui non era molto avvezzo a questo genere di arrampicate.

"Bene, sembra che non ci siano altre vie... potrei provare a scagliarci contro la piccola ascia da lancio, ma quest'idea la metterò in pratica solo se non me ne verranno in mente di migliori... non voglio rischiare di rovinare quel gioiello!"
Poggiò quindi le mani sul muro, cercando un solido appiglio da dove poter iniziare la scalata, non prima di aver posato lo zaino, la torcia e le armi a terra. Solo l'arma da lancio rimase serrata trai suoi denti.

L'agaro iniziò a scalare goffamente la parete di roccia che fortuntamente gli offriva numerosi appigli. Arrivò ad un altezza pari al doppio della sua senza intoppi, poi una roccia si smosse sotto uno dei suoi stivali e fu solo per la sua grande forza fisica che evitò una rovinosa caduta all'indietro. Ritrovato un appiglio sicuro continuò senza altri inconvenienti fino a che l'ascia non fu ad appena un'alzata di braccio. Anche se la luce della torcia era fioca a quella distanza Hvergelmirsen riusciva comunque a vedere abbastanza bene l'arma: il manico era fatto di legno nero ed entrambe le estremità di metallo opaco. Quella inferiore di forma semisferica rappresentava un volto deforme con la bocca aperta, mentre quella superiore era un anello, anch'esso di metallo che circondava l'impugnatura e legava ad essa un'altra faccia defome con la bocca spalancata. A quella bocca, come se scarutrisse come una cascata era incernierata una lama di cristallo a forma di falce, che in quel momento rifletteva varie tenui sfaccettature del volto dell'agaro.
La sua attuale presa gli sembrava abbastanza sicura da poter tentare di allungare un braccio ed afferrare l'arma sopra di lui.

E così fece: afferrò il manico con una mano, mentre l'altra cercava di caricare il peso del corpo.
"Non posso scendere da qui con una sola mano disponibile, devo gettare l'ascia. Sperando che non si rovini con la caduta..."
Cercò di lasciarla cadere sullo zaino depositato prima di cimentarsi nell'arrampicata, nel tentativo di attutire il colpo.

Hvergelmirsen riuscì a svellere facilmente l'ascia dalla roccia in cui era conficcata, ma mentre il suo braccio si muoveva all'indietro questa sgli sfuggì di mano e compì un volo tale che cadde vicino alla parete in cui l'agaro aveva aperto il varco, rimbalzò con un suono raschiante sul pavimento della caverna sollevando una falcata di scintille e finì oltre l'apertura arrivando nella stanza dove si trovava l'altare di pietra. Qui provocò altri due sfregamenti ricchi di scintille prima di scomparire nell'oscurità.

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Fallimento critico del tiro (-19) c'è mancato poco che ti cascasse sulla testa.

"NO!!"
L'espressione del giovane era ora un misto di sconcerto, rabbia e preoccupazione. Scese con cautela, raccolse la torcia e la scure dell'ultimo orchetto e si diresse verso l'ascia.