Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

"Sciamano? - il vecchio sputò a terra con sdegno - Io ero un mago! Non uno stupido che gioca con ossa ed erbe."
"Quanti anni ho? - sorrise - La tua lingua non ha un modo di contare tanto evoluto per poterlo esprimere. Potrei dirtelo usando la lingua del commercio, sempre che tu la capisca e sappia contare..."
"Ma se pensi che voglia farti del male o strappare la tua anima dal corpo, ti preoccupi invano, perché come ho detto ero un mago, ma non lo sono più. Ho trovato la vera via, dopo che il disgusto per l'annientamento del potere che Vrentr aveva accumulato, per mano dei suoi stessi figli ebbri di desiderio di poterne possedere anche una misera frazione, mi spinse a lasciare le sue terre. Ora sono in comunione con la Terra e le sue creature, esse mi parlano e mi dicono ciò che accade. Sono loro e l'odore del sangue che ti porti dietro a dirmi chi sei."

All'udir quelle parole, il timore di Hvergelmirsen si placò: era decisamente interessato alla storia del vecchio, sebbene non avesse prove della sua credibilità.
Ma il desiderio di avventura e di notorietà lo convinse che seguirlo era sempre meglio che stare in una grotta a patire il freddo e la fame in mezzo a fiere ed orchi e quant'altro ancora la tundra selvaggia potesse offrire di spiacevole.

"Ti seguirò, vecchio. Portami al tuo giaciglio e raccontami di te... ed io farò altrettanto, sempre che le bestie con cui dici di parlare e l'odore del sangue che mi porto appresso non ti abbiano già svelato tutto ciò che la mia vita ha percorso fino ad ora."

Detto questo, camminò fiero a fianco dello sconociuto... non amava rimanere indietro nemmeno di qualche passo come si fa con i segugi al guinzaglio.

Oltre la fenditura si apriva una ampia grotta naturale. Non era buia, la luce filtrava da un paio di aperture nella volta della grotta, illuminando anche la parte più profonda e meglio riparata dell'ambiente.
Non vi erano molte cose nella grotta: un giaciglio di pelliccia, un paio di rozzi sgabelli ottenuti da ceppi di legno addossati ad una grossa pietra levigata del diametro di poco più di due braccia che probabilmente faceva da tavolo. Su di esso vi erano un coltello dalla lama nera ed un pezzo d'osso semilavorato. Una mezza dozzina di altre statuette d'osso erano allineate su una mensola ricavata da un anfratto. Raffiguravano tutte animali: un'aquila, la testa di un serpente, un lupo e tra le altre Hvergelmirsen riconobbe un urath molto ben scolpito.
Il vecchio indicò un angolo dove si trovava un rozzo focolare fatto di pietre ammassate e vicino ad esso un cumulo di legna secca. "Accendilo pure, ti farà luce e potrai usarlo per cuocere la carne."
Accennò poi col capo a due vecchie pentole di metallo buttate in un angolo e probabilmente da molto inutilizzate. "Puoi usarle se vuoi, a me non servono da molto ormai."

Il barbaro corpulento, spinto anche dai morsi della fame, eseguì le richieste più per sè che per l'inquilino.
Accese il fuoco, prese la pentola e la ripulì sommariamente dalla polvere e dalle ragnatele, e iniziò a "cucinare" il pasto.
La carne sarebbe bastata per entrambi.

"La pentola sembra inutilizzata da molto..."
"Parlami ancora di te."
"Voglio capire se lui è il fantomatico stregone del Principe Vrentr di cui parlano le leggende..."

Il vecchio si accomodò su uno degli sgabelli e poggiò il bastone al tavolo di roccia. Il suo viso era rivolto verso l'agaro, ma era chiaro che i suoi occhi non lo vedevano, probabilmente era in grado di capire da dove provenisse la sua voce. Non che fosse una capacità eccezionale, anche Hvergelmirsen era in grado di farlo e lo aveva fatto quando aveva sentito il ruomore dell'acqua sulle rocce.
"Non c'è molto da dire. - esordì il vecchio - Quando i figli di Vrentr iniziarono ad accapigliarsi per il potere cercarono di trascinare me, che ero il suo alleato più potente, ognuno dalla propria parte. Io però non avevo alcuna stima di loro, non erano che cuccioli da latte paragonati al lupo che era il loro padre, e quindi lasciai le terre del principe. In realtà fu lei, la Terra, a chiamarmi, ma lo ho compreso solo molto dopo."
"Ora sono il custode di questa foresta ed essa mi parla e mi racconta i suoi tormenti. Ma non temere non sono in collera per ciò che hai fatto: non c'era malvagità nelle tue azioni, ma solo bisogno."
"A questo punto, suppongo che tu capisca che non è un caso che io mi sia lasciato vedere da te, ma che le mie azioni hanno uno scopo ben preciso"

Il fuoco scoppiettava vivacemente, mentre Hvergelmirsen si accomodava su uno di quei rozzi "sgabelli".
Una fitta lungo il bordo di una vistosa ferita procuratasi durante lo scontro con il gherbel lo fece sussultare con un grigno, poi si rilassò.

"Quindi, sei tu il famoso mago di cui tanto ho sentito parlare nella mia infanzia? Un eremita? Beh, tu stesso dici di avere dei progetti per me. Parlamene. Sono in cerca di fama e di gloria, le teste dei miei nemici dovranno essere tante quante le stelle del firmamento!"

Gli occhi del giovane sembravano brillare a quelle parole, e la sua mente fantasticava come facevano tutti i giovani...

"Femmine dovranno implorare pietà ai miei piedi, cosìcchè io possa soddisfare i miei più bramosi appetiti! Fanciulli dovranno guardarmi con rispettosa riverenza! Uomini giacere mutilati dalla mia ascia!"

"Famoso - il vecchio sorrise e scacciò via l'argomento con un braccio come se fosse stata una mosca molesta - Sono solo storie di donne ingigantite per spaventare i bambini."
"Ciò che è vero è che voglio che tu faccia qualcosa per me, o meglio, vorrei che tu lo facessi per la foresta. Per il bene della foresta. Hai già incontrato degli orchetti, sono ancor più selvaggi e primitivi dei loro cugini occidentali. Si sono insediati qui poco prima del Caldo e da allora non fanno che diffondere distruzione e violenza inutile. Vorrei quindi che tu liberassi la foresta dalla loro presenza, prima che i danni da loro arrecati ad essa diventino ancor più grandi. Naturalmente non mi aspetto che tu lo faccia senza avere nulla in cambio. C'è qualcosa in questa foresta di cui io conosco il nascondiglio e che potrebbe diventare tuo, sempre che la cosa ti interessi."

La sorpresa si lesse negli occhi di Hvergelmirsen come parole su pergamena.

"Di che si tatta? Un oggetto magico? O un essere potente e temibile? Basta che possa far crescere la mia forza o la mia fama e io ti mieterò le teste di tutta la foresta come fossero steli di grano!"

Il vecchio assunse un espressione metidabonda "Te lo dirò... Molto tempo fa, quando questa foresta era fatta di pochi alberi giovani e teneri il vostro Principe del Ghiaccio decise di spazzarla via col freddo e la neve ma il Principe del Sole che ne aveva preso a cuore la crescita gli si oppose ed essi combatterono per la supremazia su questa terra. Il Principe del Sole dopo un lungo duello vinse lo scontro disarmando il suo glaciale pari che fu costretto a ritirarsi e a rinunciare alle sue mire distruttive. Egli abbandonò la sua arma, una imponente ascia fatta di ghiaccio, e questa colpita dai raggi luminosi del Principe del Sole per una magia divina non si sciolse, ma divenne come di cristallo. Così è tuttora, nascosta in una delle caverne di queste montagne. Naturalmente io so quale e condividerò questo segreto con te se farai ciò che ti ho chiesto..."

Hvergelmirsen era incredulo...

"Un'ascia divina??"

Il barbaro si alzò in piedi:
"Vecchio! Se la tua storia dovesse essere vera, ti porterò le cuoia del capo degli orchetti!"

Poi un velo cupo coprì il suo sguardo:
"Ma se questa dovessere essere solo una frottola, allora ti coviene non farti più vedere!"

Provato dalle ferite, si sedette.
"Solo una cosa non capisco: se tu sei un potente mago come dici di essere, perchè non te ne sbarazzi tu di quegli insetti? Non dovrebbe risultarti difficile... le leggende mi parlano di un potente mago che sapeva creare esseri immuni al metallo delle armi! Perchè hai dovuto aspettare un barbaro agaro? Inoltre... non so qual'è il tuo nome dannazione!"

"Suppongo che per te sia una cosa inspiegabile eh?" disse il vecchio con una voce che pareva velata di tristezza. "Quando sono diventato ciò che sono ho abiurato la pratica dei poteri che prima possedevo. Non pretendo che tu capisca perché ora non posso più evocare demoni e creature dell'oltre perché combattano per me, quindi ti dirò solo che non posso farlo. Posso però curare le tue ferite e, se accetterai di fare ciò che ti chiedo ti aiuterò anche in un altro modo."
"Vuoi sapere il mio nome? Sappi che i maghi dicono raramente il loro nome perché esso dà potere su di loro, a chi lo sa usare ovviamente. Comunque visto che ora quel nome non ha più significato te lo dirò: il mio nom era Harknar Dita-di-fuoco"

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Sfortuntamente non ti ricordi abbastanza bene la storia da ricordare anche il nome del mago, o forse tuo padre non te lo ha detto.

"Harknar Dita-di-fuoco dici? Ma se quello era il tuo nome, ora come accidenti devo chiamarti? E poi... dici di poter curare le mie ferite e di poter fare anche altro... Ti riferisci all'ascia di cui mi hai parlato oppure di altro ancora?"

Poi si massaggiò il ventre ancora sanguinante:
"Beh se sai curare le ferite, mostrami come... ho combattutto contro un possente gherberl... e ho vinto, ovviamente. Ma ne sono uscito non del tutto illeso come puoi vedere..."

Nel mente, si voltò verso la carne nella pentola:
"Fra non molto sarà cotta."

L'uomo sorrise: "Puoi continuare a chiamarmi Vecchio sta facendo. A parte te non ho avuto molti contatti con chi ha di queste necessità e quindi non mi ero mai posto questo problema finora."
"Se vuoi che curi le tue ferite avvicinati e lascia che ti tocchi. Per quanto riguarda l'aiuto ulteriore che io potrei darti, no non si tratta dell'ascia, ma se tu combatterai per la foresta io potrò far si che questa ti sostenga un po' della sua magia, rendendoti ancora più inarrestabile"

"E sia, vecchio!"

Detto questo, Hvergelmirsen si alzò e si avvicinò, come richiesto, all'anziano secolare.

Il vecchio aspettò che Hvergelmirsen gli si avvicinasse, poi con un movimento lento ma deciso lo toccò leggermente sul collo. Le sue mani erano calde, o almeno questa fu l'impressione che l'agaro ebbe. Poi sentì come un formicolio venire dal suo corpo, via via più forte, dai punti che gli dolevano e con suo grande stupore vide la ferita al braccio sinistro, che gli prudeva terribilmente, rimarginarsi fino a divenire una cicatrice appena visibile, poco più che una striscia di pelle di colore lievemente diverso sul suo braccio.
"Ecco fatto." Disse semplicemente il vecchio qualche attimo dopo.

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Il vecchio in 12 secondi ti ha curato completamente le ferite. Hai di nuovo 130 PV.

Il barbaro si guardò le mani stupito, poi il proprio ventre e il braccio...
"Per gli dei!" -esclamò di petto- "Allora non mentivi prima! Ammetto di essere stato un po' prevenuto fino a poco prima che tu compissi questo prodigio..."

Poi si allontanò qualche passo dal mago, e si sedette:
"E va bene vecchio! Domani stesso partirò per la tua missione! Mi sento come un lupo appena levatosi dal sonno!"

"No, non ti ho mentito, e domani, prima di partire invocherò il potere della foresta affinché esso ti fornisca la forza per affrontare il tuo destino."
Poi, dopo aver annusato l'aria, in tono più informale aggiunse: "Penso che possiamo mangiare, ora."

I due cenarono e si saziarono, poi vergelmirsen mostrò la pelliccia del gherbel al vecchio:
"Riusciresti a lavorarla per farne una veste o un mantello o anche un'armatura in pelliccia? In fondo vedo che te la sai cavare in questo ambiente no?"

"La tua fede nelle mie capacità mi onora" disse il vecchio con un tono vagamente commosso accarezzando la pelliccia. "Potrei provare. Sei disposto a correre il rischio che si rovini? Potrei sbagliarmi e dopo non ci caveresti più nulla."

"Naturalmente - disse il vecchio avvicinandosigli - Ora stenditi a terra e sta fermo. Per quanto io non sia un semplice vecchio cieco, sono sempre comunque cieco."

"Vero, ma sei anche uno stregone giusto?"
Hvergelmirsen si sdraiò, tranquillo.

"Invero..." disse il vecchio tastando su un ripiano di roccia e alla fine tirò fuori un pugnale la cui lama era di uno strano grigio opaco e decorata con un intricato tema floreale. Tornò quindi ad avvicinarsi al punto dove Hvergelmirsen si era sdraiato e tastò il suo corpo con la mano, poi guidando il movimento col tocco della mano libera iniziò a delineare la sagoma del corpo dell'agaro sul pavimento, intonando nel mentre una strana melodia ritmata in una lingua sconosciuta, ma ricca di suoni morbidi e piacevoli da ascoltare. Lentamente il vecchio tracciò sul pavimento i contorni di Hvergelmirsen. Poi quando ebbe finito gli disse: "Puoi alzarti ora, ma fa attenzione a non calpestare la tua sagoma sul terreno"