Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

Hvergelmirsen non riusciva a parlare tanto era la sorpresa: la testa gli vorticava, come se non volesse adattarsi a quell'ambiente.
L'ondeggiare della Jandum rendeva il tutto più difficile, ma il posare i piedi sulla nuda terra gli infuse una maggior rassicurazione.
Con il suo sacco sulla spalla, si voltatò verso Lothran dicendo:
"Io vede cose di tuo popolo. Io vede gioielli e armi e armature. Io vede oro... e donna. E io vede come combatte voi."

"Naturalmente." Assentì il nano con un cenno del capo.
Poi voltandosi verso un altro nano che stava dirigendosi verso di loro e che portava un grosso libro sottobraccio e una pesante borsa a tracolla aggiunse: "Prima però mi sa che dovrai registrarti. A tutti gli stranieri che arrivano nella nostra fortezza è richiesto di dare il loro nome completo e il motivo che li ha spinti fin qui. Vista la quantità di cose che hai con te ti consiglio di dire che sei qui per commercio, così potrai vendere o barattare senza problemi."
Il nano col libro li salutò con un rigido cenno della mano: "Salute Lothran. Mi meraviglia di vedere che hai portato con te uno straniero. Dovrò riportarlo se non è un tuo schiavo o progioniero." poi rivolto all'agaro disse qualcosa nella lingua dei nani. Una domanda probabilmente.
Lothran disse: "No, non capisce la nostra lingua ma parla quella del baratto."
"Molto bene." il nano aprì il libro, prese uno strano bastoncino di metallo appuntito dalla tasca davanti della sua borsa e lo intinse in un barattolino che portava alla cintura.
"Straniero qual'è il tuo nome completo e perché sei venuto a Dudwala?" chiese a Hvergelmirsen tenendo l'asta come se stesse per trafiggere il libro.

"Tu dimmi il tuo, e io ti dirò il mio" asserì Hvergelmirsen impettito.

Il nano addetto a scrivere i nomi lo guardò un po' accigliato per qualche istante, poi ridacchio: "Mi piace questo straniero - affermò rivolto a Lothran - si vede che non ha nulla da nascondere. Il mio nome è Belian figlio di Belian. E il tuo?"

"Bene, Belian figlio di Belian! Io Hvergelmirsen figlio di Ulf. Io viene qui no guerra. Io aiuta tuo popolo. Tu chiede Lothran figlio di Brym Spaccamontagne e Durram figlio di Brym Spaccamontagne e tutti. Io viene per oro e cose di armi e merce varia."
Hvergelmirsen si inorgoglì nel menzionare il nome di suo padre, cercando di sembrare più autorevole ed imponente possibile.

"Tu può." rispose il Belian, poi segnò qualcosa sul suo librone e prese dalla borsa una sottile lastra di metallo, probabilmente di bronzo, con incisi dei segni e la porse a Hvergelmirsen.
"Questo è il tuo permesso di vendere. Ogni volta che vendi mostralo a colui a cui vendi. Quando lascerai Dudwala lascialo a me o se te ne andrai dalla Porta Cava consegnalo alle guardie."
Il nano osservò l'agaro come se volesse avere da lui una conferma che era tutto chiaro.

Hvergelmirsen fece un cenno di assenso verso il nano, poi si rivolse a Lothran:
"Tu vede? Io ora può vende. Tu dice me di cose che tu dice me prima si? Tu guida me per città e tu porta me da fabbri e cose belle si? Poi dopo tu porta me da ragazza."

"Chissà se è a conoscenza dell'oro che ho trovato nella tana dentro la caverna. Magari ha un valore ben più alto di quello commerciale..."

"Io no mai vede vostre cose oro e pietre e belle tutte sbrilluccica in miniera quando noi lavora..."
Lasciò il discorso in sospeso, nella speranza che Lothran continuasse.

"Non troverai le cose preziose nelle strade, per quelle dobbiamo andare in qualche negozio... Ti accompagnerò volentieri, ma non ho idea di che fine abbia fatto la ragazza di cui tu parli, ora lo chiederò a Belian."
I due nani parlarono brevemente e il nano addetto al controllo delle navi indicò lontano, oltre il fiume.
Lothran tornò alla lingua del baratto: "Belian dice che l'ultima volta che l'ha vista lavorava come servente alla Vista Proibita, una taverna del Largo degli Stranieri. Se vuoi dopo ti ci porterò, dato che è l'unico posto dove potresti trovare da dormire visto quanto sei alto. Ora però tu volevi vedere qualche nostro artigiano mi pareva di capire."

Hvergelmirsen annuì, impaziente di poter vedere le meraviglie tanto agognate e annunciate in più di un occasione da Lothran.

"Io prima viole vede ori."

"Ne ero convinto. Vieni, seguimi..." disse Lothran incamminandosi.
Si allontanarono nella banchina. Camminando dietro al nano il giovane agaro non poté far a meno di notare che stavano camminando non sulla nuda roccia ma su un pavimento uniforme fatto di un numero apparentemente infinito di pietre rettangolari di color grigioscuro. Non aveva mai visto una cosa del genere prima.
Non erano gli unici a camminare, ma l'attenzione dell'agaro era tratta in modo indistricabile dalla parete che fiancheggiava la strada che stavano percorrendo: era un lunghissimo agglomerato di edifici, come se qualcuno avesse deciso di mettere in fila gli edifici di un'infinità di villaggi.
Quasi ogni cinque dieci passi c'era una porta e intorno ad essa nella parete spuntavano finestre e spesse volte anche molte le une sulle altre.
Almeno per ogni porta c'era un insegna, ma la maggior parte erano piene di segni incomprensibili per il giovane barbaro.
Lothran si avviò verso una porta su cui campeggiava un insegna completamente di colore giallo a forma di palmo di mano con le dita aperte e rivolte verso terra, non era d'oro, ma solo di legno dipinto però.
"Vieni..." disse il nano aprendo un pesante cancello di metallo e entrambi entrarono.
Si trovarono subito in una stanza non molto grande, di circa cinque passi di lato, divisa completamente a metà da un bancone di pietra. Il bancone era diviso a sua volta a metà per la lunghezza da una serie di sbarre di metallo la cui estremità superiore era conificcata nel soffitto.
Un nano che stava dietro il bancone dalla barba e i capelli biondi li salutò con un sorriso: "Benvenuti alla bottega di Manidoro. Qui l'oro diventa moneta e la moneta oro." Disse nella lingua del baratto.

Senza aggiungere null'altro, prese il pesante sacco dalla schiena e lo posò violentemente sul bancone, facendo rumorosamente cozzare i vari preziosi contenuti e anticipando la loro rivelazione ai presenti.
Poi allentò i lacci che strozzavano il collo della robusta tela...

I due nani osservarono con una certa meraviglia la cacofonia di colori metallici e brillanti di monete, pietre e monili di varia foggia che l'agaro aveva ammucchiato nella coperta e che ora erano rivelati sul bancone.
Lo sguardo di Manidoro si soffermò prima sulla statua d'argento (in effetti ora che la rivedeva Hvergelmirsen vedeva una certa somiglianza con la figura dei nani) ma poi, quasi improvvisamente il suo sguardo si spostò su una delle monete di metallo nero.
Il nano fece per avvicinare una mano, poi scrutò l'agaro e prima di farlo chiese, con una certa deferenza: "Posso prendere quella moneta per esaminarla? Usualmente lo farei senza chiederlo visto che le persone vengono qui per far valutare i propri preziosi e ottenere oro in cambio, ma non conosco i costumi del tuo popolo e non vorrei offenderti..."

Hvergelmirsen annuì, braccia conserte e mento alto come per manifestare il suo orgoglio per quel mirabile e invidiabile bottino.

Una volta che si fu assicurato il benestare di Hvergelmirsen Manidoro prese la moneta, la osservò con cura, poi la sfregò con le dita ripetutamente e infine la addentò.
"E' di adamantite - affermò con tono di riverenza - Probabilmente un conio del Dudwarca della prima Stirpe. Dove la hai trovata?"Il giovane agaro non poté far a meno di notare che entrambi i nani sembravano molto sorpresi da quella piccola moneta, probabilmente essa aveva un certo valore o significato, che però era a lui oscuro.

"Tu prima dice BENE me cosa è cose luccica e monete e statue e storia di cose. Poi tu dice me quanto vale. E poi io dico te dove io trova."

Un'idea di trattativa stava già prendendo forma nella sua mente.

"Va bene. Molte centinaia di ricorrenze fa il mio popolo usava queste - mostrò la moneta al giovane agaro - per commerciare. Poi durante il periodo delle Guerre Abominiali e del Conflitto delle Tre Ricorrenze ci fu una tale penuria di adamantite che la maggior parte delle monete furono fuse per farne armi e corazze. A giudicare dalla foggia dell'armatura anche questa - indicò la statua - appartiene a quel periodo, anche se è d'argento. Comunque dopo il Conflitto erano rimaste così poche monete di adamantite in circolazione che un Dudwarca della terza Stripe decise di che da quel momento in poi il conio avrebbe usato l'oro."
Il nano fece una breve pausa, poi strinse la moneta nel pugno, come se questo avesse un qualche significato religioso e proseguì: "Da quel momento in avanti le monete di adamantite sono diventate un obolo che i parenti tributavano al Celebrato durante la Celebrazione del Ritorno. Col passare del tempo però le monete sono diventate via via più rare ed ora sono quasi introvabili, tanto che il loro rapporto di valore con l'oro è quasi otto a uno. Capisci cosa vuol dire?"

Lothran disse qualcosa a Manidoro nella lingua dei nani e questo assentì.
"Va bene cercherò di essere più... pratico." disse quindi nella lingua del baratto.
Il nano scavò un po' nella massa di preziosi dell'agaro e mise da una parte tutte le monete, comprese quelle di bronzo forate, ma escluse quelle di metallo grigio e di metallo nero, o adamantite come la chiamano i nani.
Contò poi le monete di metallo nero e ne fece una pila.
"Sono 19 monete di adamantite. Per queste posso darti 120 monete d'oro."
Contò quindi le monete di metallo grigio e ne fece un'altra pila.
"Sono 16 monete di grigento. per queste posso darti 55 monete d'oro."
Prese poi l'anello d'oro con la pietra rossa lo soppesò e guardò molto da vicino la pietra.
"Non male questo anello d'oro con rubino, per questo posso offrirti 5 monete d'oro."
Radunò quindi le pietre sfaccettate di colore giallo e di colore rosa. Poi le contò.
"28 quarzi gialli o rosa, non valgono granché, posso darti due monete d'oro per tutti."
Separò poi le pietre azzurre opalescenti e le contò.
"14 opali di fiume, belli a vedersi ma piuttosto comuni da queste parti, posso pagarteli 3 monete d'argento ciascuno, quindi 35 monete d'argento in tutto"
Prese da parte le pietre color miele opalescenti e le contò.
"Qui abbiamo anche 6 ambre, non male, posso pagartele 3 monete d'oro."
Manidoro esaminò quindi i due anelli e il bracciale d'argento.
"Lavorazione approssimativa e nemmeno tanto pesanti, posso darti un'altra moneta d'oro per tutti e tre."
Afferrò quindi con attenzione le piccole pietre sfaccettate azzurre.
"Belli questi zaffiri: posso pagarteli 15 monete d'argento ciascuno, quindi, 6 d'oro in tutto."
Il nano sollevò quindi la statua e disse: "Circa 20 libbre. Posso darti 15 monete d'oro per questa. Non è brutta, ma nessuno del mio popolo comprerebbe mai una statua che non sa chi raffiguri."
"Tutto il resto..." il nano indicò i vari medaglioni, monili, bracciali ed anelli di bronzo e rame e le pietre trasparenti sfaccettate dalla forma oblunga
"Non sono che cianfrusaglie davvero di mediocre lavorazione, non mi interessano, ma se desideri liberartene posso essere disposto a farlo io per te."
Il nano pensò per qualche momento, o almeno l'agaro così credette (in realtà stava contando mentalmente).
"In tutto sono giusto 180 monete d'oro."
Il nano ci pensò su cercando di spiegarsi più semplicemente.
"Tu hai 10 dita per le mani e 10 per i piedi: io ti darò tante monete quante sono le dita di mani e piedi di 9 persone. Capisci, o vuoi che te le impili?"

"'Impili'? Cosa vorrà mai dire? Per deduzione posso pensare che voglia mostrarmi l'oro..."

Annuì facendo un gesto con il capo subito dopo che il nano ebbe pronunciato quella parola.

"Va bene. Aspettate qui." Disse Manidoro prima di scomparire in una stanza attigua.
Tornò poco dopo con quattro sacchetti di pelle grigiastra. Estrasse da ciascuno un certo numero di monete, contando ad alta voce da uno fino a centoottanta. Creò, dalla sua parte del bancone, oltre le sbarre diciotto pile da 10 monete d'oro ciascuna. "Ecco - disse quindi - questo è quanto ti posso offrire in cambio delle cose che ti ho elencato prima."

Hvergelmirsen osservò la meraviglia davanti ai suoi occhi, ma la bramosia di denaro lo spinse a chiedere oltre:
"Quello più metà!"

Il nano sorrise e per qualche momento Hvergelmirsen credette che avrebbe accettato, ma poi rispose: "E' impossibile. Non valgono nemmeno lontanamente tutto quell'oro. Se pensi che qualcuno possa offrirti più di me, puoi prenderti le tue cose e provare a offrirli a qualcun altro, ma ti assicuro che finirai col tornare qui, perché è risaputo che qui nessuno offre più di Manidoro per gioielli e oro."

Hvergelmirsen si rese improvvisamente conto di aver già giocato tutte le poche carte di cui disponeva... non gli rimaneva altro che accettare la proposta del commerciante.

"Bene. Io accetta. Tu mette oro in mio sacco. Io dopo prende sacco più forte per mette dentro oro."

Il suo sguardo si rivolse a Lothran:
"Voi sa rendere più forti mie armi? Io vuole anche armatura. Cosa sa fare tuo popolo su armi e armature?"