Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

L'agaro cercò di controllare al meglio le espressioni del suo volto, di modo che non ne potesse trasparire lo stupore sempre più presente man mano che il fabbro continuava nel suo discorso.
"E quindi il vecchio non me l'ha raccontata tutta... buon per lui che la terra se l'è inghiottito tutto intero. Non mi piacciono gli scherzi..."
Una volta che il nano ebbe terminato di esporre le sue conoscenze, Hvergelmirsen riprese bruscamente l'ascia dalle sue mani e la soppesò, come se fosse la prima volta che la stringeva nei palmi. E in effetti, alla luce di quelle notizie, ai suoi occhi appariva come una cosa nuova.
Non si rese conto del tempo che trascorse durante le sue elucubrazioni, ma infine la rimise nel fodero con fare noncurante.
"Allora cosa tu può fa per me, fabbro?"

"Non sono un millantatore, guerriero, quindi non ti dirò che sono in grado di forgiare un'arma migliore di quella che già possiedi, ma non sono del tutto sicuro che tu abbia chiari i rischi a cui ti sottoponi usandola per dispensare morte. Comunque in effetti non è affar mio. Ho però un'ascia da lancio che penso potrebbe interessarti."
Il nano prese da una rastrelliera una ascia da lancio fatta completamente di metallo e la cui lama, realizzata probabilmente in argento era piena di intarsi che continuavano poi sul manico in un susseguirsi di complesse linee dall'oscura aria geometrica.
"E' un'arma da provare in uno spazio più ampio di questa stanza però, a meno che tu non ti fidi delle mie parole riguarda la sua efficacia..."

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Il tuo agaro non sa cosa sia un millantatore, ma capisce dal tono del nano che deve essere un qualcosa che va disprezzato.

Il barbaro afferrò l'arma con la mano e, come aveva fatto pochi istanti prima, iniziò a soppesarla. La lanciò in aria per poi riprenderla, constatando il suo ottimo bilanciamento.
Uno sguardo lascivo accarezzò i pregiati intarsi, e ancora Hvergelmirsen si scopri a denudare il suo animo per una sciocca frivolezza.
Ma non durò che un secondo, forse meno, dopodiché si rinchiuse nuovamente nella sua impenetrabile e fredda corazza:
"Prendo così" mostrando contemporaneamente il dito indice e medio, ad indicare il numero "2".
Questa fiducia non risiedeva tanto nella sua abilità a saggiare le armi senza averle concretamente provare, quanto nella solida figura bassa e tarchiata del fabbro.
Un'altra falla.

"Di più anche volendo non avrei potuto dartene. Il mago che le ha incantate è morto durante la discussione con il committente che poi ha fatto la stessa fine quando ha provato a intavolare anche con me e mio fratello una discussione simile" spiegò il nano accompagnando le ultime parole con un mezzo ghigno.
"Ognuna delle asce costa 24 pezzi d'oro. Se le vuoi entrambe ti farò un prezzo di favore cedendotele per solo 45."

Il barbaro non sapeva contare e, proprio per questo motivo, saltò le trattative accettando subito l'offerta. Ma, prima di dare il suo assenso, chiese cercando di occultare la curiosità:
"Magica? Cosa di magico ascia?"

"Beh come ti dicevo è un'arma che meriterebbe una prova in uno spazio più ampio della mia bottega perché, quando la lanci - Wilin mimò il gesto di scagliarla - se non si conficca nel bersaglio o in qualche altro oggetto vicino ad esso, o anche se vi rimbalza solo contro, torna indietro come se fosse stata lanciata contro di te, ma non per ferirti: la riuscirai ad afferrare facilmente e magari lanciarla di nuovo con maggior fortuna. E' questo il motivo, per cui, a parte l'ottima qualità del metallo, costa così tanto."

"Allora noi va fuori prova ascia si?"
I suoi occhi scorrevano questa volta lungo il filo dell'arma.
"Se tu dice vero, io paga."

Il fabbro annuì gravemente, prese le due asce e si avvio verso la scala, seguito dall'agaro, dal suo compagno Lothran e da un'altro nano che il giovane guerriero stimò fosse il fratello del fabbro o comunque un suo parente.
Risalirono la scala fino ad uscire di nuovo all'aperto, o meglio tornando nell'immensa caverna in mezzo a cui cui scorreva il fiume. Wilin proseguì per pochi passi, infilandosi nella prima arcata che seguiva la scala da cui erano appena sbucati.
Era una specie di grotta stretta e lunga, l'agaro stimò 4 passi per circa 20, alla cui altra estremità si dipartiva una scala in salita.
Il fabbro si fermò subito dopo l'arcata, soppesando le asce e indicò all'altro nano, il quale notarono aveva portato con se un grosso scudo di legno rinfozato da strisce metalliche, di piazzarsi a una decina di passi da loro.
"Osservate bene" avvisò quindi accingendosi a scagliare la prima ascia.

Hvergelmiren si allontanò giusto di qualche passo: i suoi occhi osservavano meticolosamente ogni gesto del fabbro e le sue braccia conserte contribuivano a dimostrare lo spirito critico che in quel momento caratterizzava il giovane.

Il fabbro si coordinò e scagliò la prima ascia, mirando volutamente a destra del bersaglio equipaggiato di scudo. Il lancio, potente, la fece sbattere contro la parete di roccia provocando numerose scintille ma questa invece di cadere al suolo vi rimbalzò contro, e come se fosse stata tirata da una mano invisibile nella parete tornò indietro seguendo la stessa traiettoria, ma vorticando più lentamente, tanto che al nano fu possibile prenderla senza grande difficoltà.
"L'ho mancato di proposito, chiarì. Ora guarda" e fece un cenno al nano con lo scudo che si riparò completamente dietro di quello prima di scagliare la seconda ascia. L'arma colpì tanto duramente lo scudo da sfondarne la parte superiore, e oltrepassarlo. A quel punto il fabbro disse una parola, forse in nanico, che all'agaro suonò come "darad" e la traiettoria dell'ascia curvò come per riportarla indietro, ma lo spazio in cui stavano provando era troppo angusto e l'arma finì col conficcarsi nel muro di destra un paio di passi prima di dove si trovava il nano con lo scudo.
"E' pienamente efficace in ambienti più ampii di questo, ma già in posti come le caverne di Usuul non avresti problemi ad usarla... Cosa ne dici?"

Strabiliato da tale prodigio, Hvergelmirsen faticò a mantenere un tono il più possibile sobrio.
"Mmmmmh" - muggì.
Si avvicinò nuovamente all'esperto fabbro e protese la mano verso di lui: "Io vuole prova"

Il fabbro osservò l'agaro per qualche istante come a soppesare le sue parole, poi annuì e disse qualcosa all'altro nano, che svelse l'ascia dal muro e la porse a Hvergelmirsen, tornando poi in posizione.
"Avvisa prima di tirare" suggerì Lothran.

Il suo avviso uscì immediato e fragoroso dalla gola, un ruggito di battaglia che solitamente anticipava la battaglia in direzione del nano munito del grosso scudo di legno.
Il muscoli guizzarono nelle braccia, il ventre e il petto si coordinarono al meglio delle loro possibilità, le spalle scattarono come molle in un lancio talmente poderoso da far sibilare ritmicamente la lama che fendeva l'aria come un'elica roteante.

L'ascia sibilò nell'aria come un dardo, impattando con una violenza inaudita contro lo scudo, colpendolo su una delle strisce metalliche rimbalzandovi sopra con tanta forza da mandare a terra il nano che lo teneva, urtando poi il muro a sinistra del nano, su cui anche rimbalzò tornando diretta verso l'agaro che, più per riflesso che per intento se la ritrovò di nuovo in mano.
Il nano si rimise in piedi facendo forza sullo scudo, ma la cerniera di metallo su cui l'agaro aveva colpito si spaccò di colpo, aprendo lo scudo a metà e sbilanciando tanto il nano da farlo cadere di nuovo disteso.
Lothran sorrise e lo aiutò ad alzarsi, mentre il fabbro si avvicinò a Hvergelmirsen come per sentire il suo giudizio.

Sbalordito per il prodigio che aveva potuto saggiare con la sua stessa mano, esitò prima di mostrare nuovamente il pollice e indice contemporaneamente. Bramava la due asce, nonostante il velo di diffidenza verso la magia non gli permetteva di porsi ulteriori domande sulla natura di quelle armi.

Il fabbro nanico assentì con un cenno del capo poi disse: "Sono contento che siano di tuo gradimento. Come ti ho già detto te le cederò per 45 monete d'oro se le prendi entrambe, invece di 24 ciascuna. Torniamo nella mia bottega e concludiamo?"

Seguì il nano, ancora una volta anticipando il ritorno con un muto assenso accompagnato da un gesto del mento.
Decise di attendere il rientro nel laboratorio della forgia per dichiarare la sua ignoranza verso la numerazione.

Tornarono nella fucina sotterranea, o doppiamente sotterranea, visto che in fondo tutta quella città lo era, e trovarono l'altro nano che era rimasto al lavoro intento in una discussione, probabilmente in nanico, con un umano impaludato in una lunga veste dai colori così sgargianti che all'agaro quasi dava fastidio agli occhi. L'uomo era magro e con una faccia piatta, simile a quelle dei nomadi narr, ma visto che era alto quasi quanto il giovane guerriero non apparteneva di certo alla loro razza.
I due non si interruppero al sopraggiungere di Hvergelmirsen e degli altri che erano con lui. Forse era normale per loro condurre diverse trattative, sempre che di questo si trattasse, contemporaneamente.
Il fabbro posò le due asce su uno dei tavolacci e indicandole disse: "Allora siamo rimasti per 45 monete d'oro e ti darò anche due foderi di pelle per sistemarle. Va bene?"

Alla richiesta del fabbro, il giovane agaro lo guardò fisso negli occhi e, senza lasciar trapelare emozioni, disse pacatamente: "Io no sa scrive e conta". Al ché posò il suo sguardo questa volta verso Lothran.

Il fabbro gli sorrise. "Non saper scrivere non è un grave difetto. Ma non saper contare - scosse il capo - non aiuta a fare buoni affari. Se vuoi ho qualcuno che può insegnarti. E quando saprai contare 45 monete faremo il nostro commercio. Se poi ti fidi del tuo compagno - indicò Lothran - puoi sempre farle contare a lui..."

Archmage ha scritto:

Il fabbro gli sorrise. "Non saper scrivere non è un grave difetto. Ma non saper contare - scosse il capo - non aiuta a fare buoni affari. Se vuoi ho qualcuno che può insegnarti. E quando saprai contare 45 monete faremo il nostro commercio. Se poi ti fidi del tuo compagno - indicò Lothran - puoi sempre farle contare a lui..."

"Conta? Cosa viene me conta? Io guerriero, cresce con neve e freddo. Io no conta."
Alzò un sopracciglio.
"E se poi io decide impara conta, tu dice me che tu tiene da parte asce per quando io sa conta?"

"Il mio è solo un suggerimento. Non sapendo contare dovrai affidarti a chi sa farlo e davanti all'oro l'onesta di molti è messa a dura prova... Comunque si, hai la mia parola, ed è solida come l'acciaio, che se deciderai di imparare a contare terrò da parte le asce per te finché non avrai imparato."
Il fabbro nanico annuì vigorosamente e sporse in avanti il braccio muscoloso in un modo molto simile a quello in cui gli agari si stringevano vicendevolmente gli avambracci persugellare un patto ufficiale.

Quel gesto colpì molto il barbaro. C'era qualcosa in quel nano... o, per meglio dire, in tutti gli esponenti della razza nanica, che li contraddistingueva dai mollti umani dei territori civilizzati.
Forse non era nelle intenzioni del fabbro un tentativo di convincimento, ma il giovane si persuase del fatto che saper contare poteva essere realmente utile. Non aveva ancora afferrato bene il concetto su "a cosa", ma quel vigoroso e barbuto essere aveva esercitato su di lui una sorta di autorevolezza.
"Allora tu dice me nome e dove io trova uomo che insegna me conta, e io torna e prende asce."

Il fabbro sorrise: "Non è propriamente un 'uomo', ma dubito rimarrai deluso dalle sue capacità come insegnante."
Si girò quindi verso Lothran e gli chiese: "Sai dove è ingrottato Gurgush il Precettore?"
Lothran annuì. "Si lo so - e rivolto a Hvergelmirsen - Non dimenticarti però dello scontro che hai stabilito con Ru'Ngrar'Dra. Deve essere già passato quasi mezzo giro da quando l'abbiamo incontrato."
"Ha sfidato quel - usò il termine nanico per indicare i Fo'Kopas - di Ru'Ngrar'Dra?" e fece un cenno di assenso che al giovane agaro sembrò una chiara dimostrazione di rispetto e considerazione. "Lothran ha ragione è meglio che andiate dal Precettore dopo lo scontro. Verrò di sicuro ad assistere e forse chissà... ci sarà anche Gurgush" concluse poi.

Dopo un cenno di assenso, invitò Lothran a seguirlo per le scale. Si volse e, senza nulla aggiungere, si incamminò.