Cronaca delle avventure di Hvergelmirsen Ulfhjem Njordsen

Si dispiacque per non poter portare quell'effigie, ma le pietre prezose e l'oro avevano la priorità.
Si preoccupò di legare bene l'estemità del sacco con un nodo ben saldo, poi, dopo aver riposto l'arma nel fodero e recuperato la torcia, come un ladro che aveva appena derubato una dimora nobiliare, si calò nel foro d'uscita con la refurtiva in spalla.

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Archmage ha scritto:

Suppongo che il tuo PG voglia fare in fretta o sbaglio?

Diciamo che non si sente molto a suo agio con un braccio occupato e l'altro che regge una torcia, a muoversi tra cunicoli senza l'arma a portata di mano :P

A dispetto del considerevole impaccio di zaino e sacco-coperta e dell'uso della torcia l'agaro riuscì a scendere indenne e tornare nel cunicolo da cui era salito. Davanti a lui questo procedeva verso l'ignoto fino a perdersi nell'oscurità, mentre alle sue spalle tornava verso la grotta che aveva già parzialmente esplorato. Mentre si sistemava il nuovo fardello meglio in spalla Hvergelmirsen sentì il suo stomaco borbottare. Effettivamente, infervorato da questa nuova sfida, aveva trascurato da molte ore di consumare del cibo.

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Ho riportato sulla tua scheda tutto il contenuto della coperta. Naturalmente pur essendo presenti per nostra comodità dei numeri precisi il tuo agaro non è in grado di contare oltre 20, quindi per lui qualunque numero superiore a tale cifra va considerato approssimativo.

Ne approfittò per tragugiare il più voracemente possibile della carne secca... non poteva permettersi di accamparsi in quella che poteva essere una tana di uomini-lucertola e di chissà quali altre mostruosità!

L'agaro consumò indisturbato due strisce di carne. A parte l'episodico gocciolare delle stalattiti non avvertiva alcun rumore o corrente d'aria. O era solo in quella zona o le creature che vi si trovavano erano estremamente silenziose.

Quel silenzio non sapeva come interpretarle e la tentazione di depositare il sacco da qualche parte per afferrare l'ascia si faceva sempre più forte.
"Massì, infondo l'ascia divina emana una flebile luce... vediamo se è sufficiente."
Appoggò la torcia in uno svicolo, poi si allontanò in una zona più scura ed estrasse l'arma.

Effettivamente la lama dell'ascia di cristallo emanava una flebile luce biancastra, ma questa era a malapena sufficiente per illuminare e debolmente l'ambiente circostante per poco più di un paio di passi.
Usando solo l'ascia come fonte di luce avrebbe potuto muoversi camminando lentamente ma qualsiasi cosa fosse a più di quattro passi da lui sarebbe stata completamente avvolta nell'oscurità.

"Quelle bestie sono abituate all'oscurità, io no... Devo continuare a procedere, ma è troppo rischioso portare il sacco appresso! E va bene: procederò a tratti."
Così fece, dapprima depositando il sacco in qualche anfratto che potesse relativamente occultarlo, poi percorrendo qualche decina di metri con l'arma alla mano. Successivamente, dopo essersi accertato che la via fosse sgombra -o liberata-, sarebbe tornato indietro a recuperarlo.

Non aveva percorso che una quarantina di passi dal punto in cui aveva lasciato il sacco che arrivò alla fine del cunicolo. Non terminava bruscamente in modo naturale, ma alcuni grandi blocchi di roccia erano franati ostruendo completamente il passaggio e anche la vista. Le dimensioni dei macigni crollati erano tali che era impensabile anche per uno forte come lui pensare di poterli spostare.

"Un vicolo cieco..."
Uscì quindi dal cunicolo da cui era entrato e si mise ad esplorare la grande caverna della quale fino a quel momento aveva solo costeggiato le pareti.

Esplorò metodicamente la caverna aggirandosi tra le stalagmiti arrivando fino alla parete di fronte a quella in cui si trovava il cunicolo illuminando ogni angolo fino alle pareti senza trovare nulla di interessante, o meglio, nulla e basta. Poi arrivò ad un punto in cui in un'ampia rientranza rocciosa nella sagoma della caverna si apriva un passaggio. Anche questo però come quello che aveva incontrato infondo all'interminabile cunicolo dove aveva affrontato l'uomo-rettile (o forse era una donna-rettile?) aveva un certo dislivello rispetto alla caverna in cui si trovava. Modesto fortunatamente: a occhio meno di 10 piedi.

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La nuova mappa è qui

Fece cadere il meno bruscamente possibile il sacco dal gradone. Poi si sedette sul bordo, gambe a penzoloni, per farsi cadere, sperando che il terreno roccioso sotto di lui non fosse cedevole.

Il gradino risultò essere friabile: non appena l'agaro vi si sedette sopra franò insieme a parte di esso finendo giù dal dislivello. Si ritrovò carponi in mezzo al terreno franato sporco di terra umida e dolorante. Si accorse quasi subito che la frana scatenata dal suo stesso peso aveva seppellito nel terreno sotto di lui il sacco di preziosi e quindi per recuperarlo avrebbe dovuto scavarlo fuori.

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Subisci, per fortuna, solo 8 PV di danno nella caduta, arrivando a 53.

Il dolore gli fece riaffiorare in mente lo scontro di pochi minuti prima, la furia, il pathos...
Solo pochi ma profondi respiri lo calmarono, dandogli la posatezza necessaria per riflettere.
I suoi occhi si posarono sul sacco semicoperto:
"Forse non è una cattiva idea... potrei nasconderlo tra le macerie, esplorare le zona e poi rirornare. Mi sento molto meglio con un'arma in mano."

Così fece, cercando di occultare il più possibile l'immenso tesoro.

Ci volle poco più di un attimo: il sacco-coperta scomparve rapidamente occultato dal terreno franato.
L'agaro illuminò l'ambiente circostante: era un ampio passaggio, niente a che vedere coi cunicoli in cui finora si era addentrato, ma rimaneva in piano solo per altri 3-4 passi oltre il punto in cui lui era ruzzolato poi scendeva verso il basso a rotta di collo. Qualora avesse deciso di seguire quella via avrebbe dovuto avanzare con cautela: un inciampo o un passo falso avrebbe potuto provocare una caduta incontrollabile e quasi inarrestabile con quella pendenza.

"Se voglio continuare devo affrontare la discesa... e se sono arrivato fin qui non è certo per volgere le spalle a questa ben misera difficoltà!"
La cautela e i riflessi accompagnarono Hvergelmorsen lungo questo tratto.

Il passaggio continuò a scendere bruscamente per un tratto tanto lungo che l'agaro non fu in grado di misurare in passi, poi la pendenza iniziò a ridursi in modo sempre maggiore, tanto che alla fine Hvergelmirsen a malapena si accorgeva di stare camminando in discesa. Ad un certo punto avvertì in lontananza un rumore, come uno sciabordio d'acqua, e quasi contemporaneamente notò che la luce della torcia si stava affievolendo: tra non molto si sarebbe probabilmente esaurita lasciandolo al buio.
Lungo il tragitto compiuto non aveva mancato di accorgersi che quello strano passaggio era, a differenza degli altri percorsi finora, molto uniforme e privo di sporgenze brusche col pavimento piuttosto levigato e le pareti che parevano scavate nella roccia viva.

Improvvisamente si ricordò che l'omuncolo che lo aveva accompagnato all'ingresso della grotta gli aveva consegnato altre due torcie, che aveva riposto nello zaino di viaggio.
Proseguì quindi verso un terreno più stabile, per poi effetture il cambio di illuminazione prima che fosse stato troppo tardi.

Pochi passi dopo, in una punto favorevole prese una torcia dallo zaino e l'accese usando quella quasi esaurita. La luce intorno a lui si fece più intensa, ma non abbastanza da illuminare la fonte di quello sciabordio, che comunque vista l'intensità del rumore doveva essere prossima.

Il barbaro avanzò. I suoi movimenti erano lenti e silenziosi, per nulla frettolosi. Se fosse stato necessario un agguato sarebbe stato nelle condizioni ideali.
Non poteva sapere come vedevano gli abitatori del buio, immaginava che una fonte di luce fosse stata di disturbo e quindi non potesse garantire i suoi scopi. Ciononostante non aveva nulla da pardere...

Avanzò per almeno una cinquantina di passi, senza notare nulla di pericoloso. Lo sciabordio si fece più intenso fino a quando entrò nel suo campo visivo un foro nella parete di sinistra, di forma vagamente semicircolare, che si trovava a circa 5 piedi dal pavimento e da cui sgorgava una modesta quantità d'acqua che scorreva silenziosa lungo il pavimento, nella stessa direzione in cui lui si stava dirigendo.
Il foro era largo abbastanza da permettere a un uomo di strisciarvi dentro, ma la quantità di acqua che ne usciva era appena sufficiente a bagnare il pavimento dell'ampio cunicolo in cui l'agaro stava camminando.

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Se dovessi decidere di proseguire, non hai nessuna penalità al movimento, tranne che fai un po' più di rumore facendo ciaf ciaf con gli stivali e se poggi qualcosa sul pavimento ovviamente si bagna.

"Più che una via mi sembra una trappola senza via di fuga..."
Decise di proseguire, tenedo da parte l'idea di esplorare la stretta galleria, almeno non in quel momento.

Camminò nel cunicolo per un bel po' di tempo, poi, quasi improvvisamente, la torcia arrivò ad illuminare il carapace di un enorme creatura apparentemente un insetto, simile ad uno scarafaggio, ma grande quanto un cavallo e dotato di due grandi tenaglie. Gli occhi della mostruosità, situati al termine di due peduncoli lunghi almeno un piede si girarono verso di lui e la creatura a dispetto della sua mole iniziò ad indietreggiare lentamente di qualche passo, producendo uno strano sferragliare metallico proveniente dalla sua parte posteriore, che l'agaro non averebbe potuto arrivare ad illuminare se non avvicinadosi oltre.

"E quell'abominio???"
Strinse l'ascia in mano, mentre tendeva l'altra con la torcia verso il mostro.

L'orribile mostro indietreggiò di un altro paio di passi, e sporgendo in avanti la torcia per un momento l'agaro vide che tra le ultime due paia di zampe della creatura era strettamente allacciata intorno al corpo bozzoso una catena che poi strisciava a terra nell'oscurità oltre la creatura.

Provò a raggirare la creatura, cercando di evitare lo scontro fisico, sebbene avesse i riflessi allerta per un'eventuale difesa.